I focus group. Una scheda formativa (prima parte)

Una premessa. Il focus group si definisce come una tecnica qualitativa di rilevazione dati utilizzata nella ricerca sociale, ma anche nei percorsi di progettazione partecipata, che si basa sulle informazioni che emergono da una discussione di gruppo su un tema che il ricercatore (o un gruppo promotore della partecipazione) desidera indagare in profondità. ()
focus group
Anzitutto un cenno storico. Dopo una prima intervista di gruppo effettuata negli USA nel 1926, i sociologi Merton e Lazarfield  hanno elaborato l’“intervista focalizzata” negli anni ’40.
Si parlerà di “focus group” tra gli anni ’50 e ’70-80, quando la tecnica verrà usata quasi esclusivamente nelle ricerche di mercato.
Solo dagli anni ’80 verrà ampiamente usata nella ricerca sociale, in vari ambiti che vedremo più avanti.

Che senso ha sapere qualcosa di questa tecnica in un percorso partecipativo?
Essa introduce a una formazione sul lavoro con un gruppo, visto che il lavoro in gruppo è la modalità principale di ogni attività “partecipativa” (e il focus group può essere usato in qualunque fase di quel percorso).
Ogni percorso partecipativo è multimetodo.
Nessun metodo preso singolarmente è necessariamente utile. Possono esistere gruppi di lavoro stabili, mentre il focus group è estemporaneo. Le attività di determinati gruppi di lavoro sono direttamente di tipo progettuale, mentre altre hanno più finalità di tipo conoscitivo (ad esempio i focus group e le sedute di brainstorming ). 

Caratteristiche del focus group
Soggetti coinvolti: un committente (che può essere anche il facilitatore/regista del processo partecipativo), un ricercatore, un moderatore, un assistente, e i partecipanti al focus group (da un minimo di 4 a un massimo di 12 persone);
Scopo: ottenere dati per una ricerca qualitativa (scopo “conoscitivo” e non immediatamente “progettuale”);
Oggetto: approfondire un solo tema, sviscerarlo a fondo attraverso il confronto tra i partecipanti;
Metodo: discussione di gruppo (i “dati” non sono individuali, ma scaturiscono dall’interazione nel gruppo).

Facciamo un breve confronto con  l’intervista qualitativa in profondità (si veda Come si fanno le interviste qualitative, Prima e Seconda parte): anch’essa va in profondità, ma qui il soggetto ha più spazio (è una ricerca sull’individuo). Anch’essa è a scopo di ascolto, ma può spaziare su più temi, è “a tutto campo”. Anche nel confronto con il brainstorming vediamo che qui si può spaziare su più temi, ma a differenza del focus group e dell’intervista qualitativa, il brainstorming non riesce ad andare molto in profondità.

Vantaggi e svantaggi (con brevissimo confronto con altre tecniche)
Vantaggi
Le persone si possono e si devono “sentire bene”. Il clima di conversazione è informale, tolleranza reciproca (diversamente dal brainstorming, dove le persone “stanno bene” perché sono libere di “sparare” le loro idee più creative e più “pazze”, ma il confronto diretto tra loro all’inizio non è incoraggiato).
Se c’è questo clima, si favorisce l’intervento di persone timide o poco acculturate, al limite analfabete (che a volte preferiscono questa situazione all’intervista qualitativa individuale), ma occorre saper controllare i prevaricatori, far rispettare i “turni di parola”.
Sempre, se c’è questo clima, è possibile affrontare temi “intimi” e delicati (non c’è il "tu per tu" con l’intervistatore, le persone possono sentirsi alla pari tra loro, dialogando e facendosi domande reciproche).

Sono accessibili i comportamenti “non verbali” (come nelle interviste “faccia a faccia” individuali, ma diversamente dai “questionari” delle interviste “quantitative” - quelle “dove si mettono le crocette” per intenderci).
È possibile un controllo del moderatore sul tema e sul processo (come nelle interviste qualitative, ma diversamente dalla cosiddetta “osservazione” sociologica, quando il ricercatore si immerge in un ambiente naturale così com’è - non costruendolo artificialmente -, e tanto meno dall’ “osservazione partecipante”, quando il ricercatore “si traveste” da membro del gruppo che vuole studiare (si veste da barbone per studiare i barboni);
Si possono capire le diversità attraverso l’interazione: nell’intervista qualitativa individuale ovviamente ciò non è possibile, ma lo è molto poco anche nel brainstorming.

Svantaggi
I risultati non sono generalizzabili statisticamente (come per l’intervista qualitativa, mentre sappiamo che sono generalizzabili le ricerche “quantitative” (si veda ancora Come si fanno le interviste qualitative, Prima e Seconda parte);
A volte è difficile far parlare le persone timide e analfabete (in alcuni casi queste preferiscono la riunione in gruppo, a volte si trovano più a loro agio in un’intervista individuale);
La composizione e il reclutamento del gruppo sono aspetti delicati. Se le persone sono troppo diverse o in conflitto, il focus group può non riuscire.
È giusto che ci siano diversità di opinioni, di interessi e non ci sia un’omogeneità assoluta, ma altrettanto pericoloso è ovviamente, ad esempio, fare un focus group tra genitori e figli sui problemi della famiglia, o tra dipendenti e manager su uno scottante problema aziendale.

Sergio De La Pierre

Per saperne di più
C. Albanesi, I focus group, Carocci, Roma 2005.

 
Articoli o termini correlati

Commenta

 
 Rispondi a questo messaggio
 Nome:
 Indirizzo email:
 Titolo:
Prevenzione Spam:
Per favore, reinserire il codice riportato nell'immagine.
Questo codice serve a bloccare i tentativi di inserimento automatici.
CAPTCHA - click right for audio Play Captcha