World Economic Forum, come faranno i ricchi a salvare l'economia

Ogni anno i ricchi e i potenti della terra si incontrano a Davos per rilanciare l'economia mondiale. E per risollevare le sorti del pianeta ci propongono la quarta rivoluzione industriale.

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WEF davos

Sì, per risollevare le sorti dell'economia globale la formula che circola al World Economic Forum di Davos è quella della quarta rivoluzione industriale. La prima era quella della macchina a vapore, la seconda quella delle fabbriche per la produzione di massa, la terza quella dell'elettronica e dell'automazione, la quarta che ci attende ora è quella dell'intelligenza artificiale, delle biotecnologie, delle nanotecnologie, rivoluzione che ancora non sappiamo bene dove ci porterà, ma alla quale tutte le parti sociali sono chiamate a contribuire, il mondo politico, quello economico-finanziario, quello accademico e la società civile.

Una rivoluzione che cambierà il mondo con una accelerazione impressionante, senza precedenti nella storia dell'umanità. Parole di un visionario? No, è in pratica il manifesto che potete leggere sul sito del WEF 2016 a firma di Klaus Schwab, promotore del Forum (la quarta rivoluzione) inaugurato da Leonardo Di Caprio.

Di Caprio le ha cantate chiare ai big del mondo, bisogna abbandonare i combustibili fossili e incentivare l'utilizzo delle fonti rinnovabile se vogliamo che i cambiamenti climatici non provochino una catastrofe universale e bisogna farlo prima che sia troppo tardi; oltretutto quello che si prospetta aprendo uno scenario in cui entro i prossimi decenni verranno ridotte a zero le emissioni di gas serra è un gran business, non senza qualche contraddizione, aggiungo io, dato che il petrolio è tornato ai prezzi di mezzo secolo fa, o quasi, non si sa se per rendere antieconomici gli impianti di fracking, su cui gli americani hanno sconsideratamente fatto enormi investimenti, o per rendere antieconomico l'impiego delle fonti rinnovabili.

E Bill Gates, l'uomo più ricco del mondo, è intervenuto ribadendo, come va facendo da tempo, che con la sua Fondazione si ripropone di alleviare le difficoltà dei poveri ed aiutare i bisognosi. 

Alcuni commentatori esprimono un moderato ottimismo sull'andamento dell'economia, che non tarderà a riprendersi, nonostante non si possa non rilevare una costante crescita delle disuguaglianze e la necessità che serva un maggior impegno dei leaders politici perché una più larga fascia sociale possa partecipare ai benefici derivanti dalla crescita economica ( clicca qui).

E' consolante leggere i buoni propositi dei massimi esponenti del mondo degli affari, della finanza e della politica, sapendo che ben prima della crisi del 2008 il divario tra ricchi e poveri è andato aumentando a dismisura, che l'1% della popolazione possiede il 90% delle risorse, che 62 uomini possiedono il 50 % delle ricchezze del pianeta, e sapendo che per risolvere la crisi l'inflazione deve riprendere ad aumentare, i salari a diminuire, che occorre ridurre i costi sociali con il rigore dell'austerità risparmiando sull'assistenza sanitaria pubblica, sulle pensioni pubbliche, sull'educazione pubblica, che bisogna privatizzare non solo i servizi, ma anche i beni pubblici.

Una volta, quando ero giovane io, si pensava che era un male se un'impresa licenziava i dipendenti, significava che non era in buona salute, che era un bene per l'economia se l'inflazione scendeva, i salari aumentavano, la previdenza, l'assistenza sociale e la scuola fornivano maggiori servizi, certo allora le tasse sul reddito erano proporzionalmente più alte per chi aveva redditi più alti, senza sconti o trattative sull'ammontare dovuto. Ma allora non c'era ancora l'economia globale e non si organizzavano i Forum per convincerci che in fondo viviamo nel migliore dei mondi possibili.