Expo-Città Studi: i conti non tornano, ma....
(Giuseppe Caravita)08/11/2015
La prossima settimana sarà forse decisiva per il futuro di Città Studi. Martedì Matteo Renzi in persona verrà a Milano per (tentare di) sbrogliare il nodo del dopo Expo. Ovvero del progetto di trasferimento delle facoltà scientifiche dell’Università Statale da Città Studi a un nuovo campus dentro il milione di metri quadri di Rho.
Non sarà facile. I conti non tornano. E il progetto presenta ancora numerose criticità irrisolte. Lo testimonia una serata organizzata venerdì scorso dal Consiglio di Zona 3, in anticipo sul tam tam mediatico che probabilmente si scatenerà nei prossimi giorni. Una serata seria e partecipata a colpi di documenti e presenze qualificate non di parte.
Prima fra tutte quella di Stefano Boeri, architetto ed ex assessore. <Tutta la questione nasce dal vero peccato originale di Expo. Che permane a dispetto del successo o meno dell’esposizione. Ovvero l’acquisto dei terreni dell’area di Rho a costi molto superiori ai prezzi di mercato>.
Si era perso tempo allora, i litigi erano continui, i commissari, come il non rimpianto Lucio Stanca, inconsistenti. In fretta e furia Regione, Comune e Ente fiera si accordarono alla fine con Cabassi per rilevare il milione di metri quadri della vecchia raffineria Shell di Pero per oltre 200 milioni (ne bastavano 60-70). Che furono presi a prestito alle banche. Con un accordo, verso quest'ultime, di rientro una volta avviata la vendita ai privati dopo l’Expo, su un progetto edilizio-residenziale di massicce dimensioni.
Peccato però che quest’ultimo, nella crisi odierna, andò in fumo. La gara tentata nella scorsa primavera per la “privatizzazione” del dopo expo partiva da 350 milioni per l’area infrastrutturata. Deserta. Milano, del resto, pullula di nuovi palazzi vuoti, da Citylife a 22 Marzo, dalla stazione Vittoria a Garibaldi. E un’altra distesa di vetrocemento sarebbe fuori dalla realtà di un mercato fermo.
<E’ stato fatto un errore – dice Boeri – E’ stato comprato un terreno a costo spropositato, su un progetto immobiliare folle. E questo costo è a carico dei cittadini, non solo milanesi. Come recuperare questo errore? Questo è il vero punto di partenza>.
La patata bollente, dopo la non-gara, tornò quindi in mano delle istituzioni cittadine. Era necessaria una soluzione completamente diversa. Di qui l’idea di Gianfelice Rocca, presidente di Assolombarda, e di Gianluca Vago (stretti collaboratori, prima, nel progetto Humanitas) di mettere al centro del decumano di Rho-Pero un grosso nucleo attrattivo scientifico-tecnologico. Fisica, biologia, chimica, matematica, agraria, informatica trasportate di peso da Città Studi insieme a un parco per le aziende innovative e le startup.
Idea brillante, senza dubbio. Che sarebbe stata subito adottata a Monaco di Baviera o ad Amburgo. Ma siamo in Italia, gravata dal 135% di debito pubblico sul Pil, e che non può permettersi un decimale di punto di sforamento sul deficit dello Stato.
E, per un progetto il cui costo è stato stimato prima da
Vago in oltre 500 milioni per la sola università e poi in oltre un miliardo
complessivamente, questo è un problema, anzi il problema. Dove trovare quel miliardo pubblico, quindi?
In giugno viene coinvolto il soggetto principe della mano statale italiana. La Cassa depositi e prestiti (cdp) che, insieme all’agenzia del demanio, ha prodotto uno studio. Che cercava di capire come far quadrare l’operazione. <Sono due i documenti certi di cui disponiamo – spiega Gabriele Mariani, consigliere del Consiglio di zona 3 – Il primo, quello della Cdp, analizza l’area di Città Studi lasciata libera dalle facoltà scientifiche della Statale. E stima in 180 milioni il loro valore ai prezzi di mercato. Con un’avvertenza: i vincoli posti dal ministero dei Beni Culturali su almeno metà di quest’area, ovvero Agraria, Veterinaria e matematica, che risiedono negli edifici originari di Città Studi, dei primi anni del secolo scorso. E il secondo documento, sui vincoli storici, lo conferma>.
Morale, sarà ben difficile che, anche nel caso migliore questa cifra verrà raggiunta. Il trasferimento della statale dovrà finanziarsi altrimenti, con fondi pubblici oppure con nuovi debiti.
E poi cosa potrebbe significare la “vendita sul mercato” dopo che 3mila tra docenti e personale universitario insieme a 18mila studenti se ne saranno andati? Al posto di Fisica un centro commerciale? Biologia un palazzo di appartamenti? <Una soluzione un po’ banale per Città Studi – osserva Silvia Botti, direttrice di Abitare e moderatrice della serata al Consiglio di Zona 3 – sarebbe meglio pensare a qualcosa di diverso e più avanzato>.
<Una cosa è certa, per quello che ci riguarda – dice Renato Sacristani, presidente del Consiglio di zona – Noi saremo ferrei nel far rispettare i vincoli e le volumetrie che insistono sull’area>.
Niente ecomostri, qualcosa di diverso. Ma cosa?
<Ci sono varie possibilità – dice Boeri – io non sono mai stato contrario alla Città della Salute a Sesto San Giovanni, ovvero al trasferimento dei due grandi istituti sanitari di Città Studi, Besta e Istituto tumori. Ma oggi, con la partenza delle facoltà scientifiche, si apre uno spazio formidabile di contiguità a Città Studi>.
Come dire, facciamo saltare in qualche modo questo progetto e costruiamo una Città della Salute a città Studi a costi di un terzo o un quarto.
<Non è vero, non è vero che l’unico modo di valorizzare un terreno sta nel costruirci sopra. Lo si valorizza attirandovi la gente, creando conoscenza, fornendo servizi unici>.
Ma c’è di più. Domenico Surace, membro del Senato Accademico dell’Università degli Studi (e storico sindacalista dell’ateneo) ha provato a fare due conti sui bilanci dell’università per la seduta dello scorso 3 novembre, convocata dal rettore Vago proprio per discutere del nuovo campus in preparazione degli incontri decisivi.
In cassa, stima Surace, l’università dispone circa di 90 milioni, tra entrate presunte e disponibili. Il progetto di trasferimento a Rho costerebbe 880 milioni più altri 170 impegnati (trasferimento a Lodi di Veterinaria….). E vanno aggiunti 8 milioni in meno dati tagli del governo sui fondi ordinari. Risultato algebrico. L’università degli Studi dovrebbe accollarsi la bellezza di 978 milioni.
<L’indebitamento derivante dal trasferimento di Città Studi a Pero-Expo, graverebbe sul bilancio del nostro Ateneo per circa una trentina d’anni – scrive Surace - I prossimi 5 o 6 rettori avranno così la certezza di non poter far altro che l’ordinaria amministrazione, senza poter programmare alcun sviluppo edilizio che non sia quello sull’area Expo. Per lo sviluppo delle restanti strutture universitarie non vi sarà alcunché, se non ipoteche immobiliari sul patrimonio rimasto>.
Per l’Università, vale la pena di pagare questo prezzo ?
E come potrà Vago trovare i fondi per la manutenzione degli edifici di Città Studi? Nel corso del senato accademico ha infatti spiegato che il nuovo campus richiederà almeno sei anni per il suo completamento. E nel frattempo i 200 milioni messi a bilancio per le manutenzioni (compresa la costruzione del nuovo edificio di informatica) andranno comunque spesi. Ma a fronte di quali impegni di bilancio? E poi rimettere in sesto gli edifici per poi subito abbandonarli?
La questione, come si vede, è complessa. Ce chi è anche nettamente pessimista. <Renzi verrà a Milano - dicono dalla sala - e offrirà una trentina di milioni per un parco tecnologico. Ovvero nulla>.
Non è proprio così, stando almeno alle anticipazioni su ciò che annuncerà Renzi martedì. Un polo tecnologico da mille ricercatori e 200 milioni guidato dall'Iit di Genova-Bolzaneto. Un centro di ricerca sulla qualità della vita.
E anche altri hanno volato alto. Come Giorgio Rossi, docente di fisica, che ha proposto di mettere al centro del nuovo campus un'infrastruttura di ricerca di alto livello. Scavando sotto il decumano di Rho una galleria attrezzata di un chilometro per installarvi un acceleratore lineare di particelle (tipo Stanford) e un connesso laser a elettroni liberi (Fel). Un giocattolo notevole, promettente non solo nella ricerca fondamentale ma anche, forse, per la medicina nucleare. Peccato che però costi circa 600 milioni (quasi quanto tutto il campus) e non sia alle viste alcuna fonte, italiana o europea, di finanziamento.
L’ultima obiezione forte viene da un docente. <Con il
trasferimento a Rho avremmo due università simili, la Bicocca e il polo Expo,
molto vicine tra di loro. E questo è un nonsense in termini di programmazione
universitaria metropolitana. Un polo ruberebbe studenti all’altro, fino a farlo
deperire>.
Da notare, infine, che nell'articolo del Corriere, evidentemente basato sulla proposta che Renzi farà martedi prossimo, non si fa cenno alcuno al trasferimento dei dipartimenti della Statale, ma solo a non precisati progetti di sviluppo edilizio da parte di Arexpo. E a numerose collaborazioni di ricerca con università e imprese.
Quindi, per fare una sintesi. La proposta Vago non sta in piedi. Mentre un'iniziativa trainata dalla ricerca avanzata su Rho potrebbe rivelarsi sufficientemente attrattiva da indurre anche investimenti terziari, o in nuove imprese, redditizi. Il punto è quindi separare la didattica dalla ricerca. La prima resterebbe dove sta, evitando snaturamenti di aree, buchi di bilancio e indebitamenti insostenibili. Mentre sulla ricerca si possono mobilitare fondi europei e persino internazionali, collaborazioni con le imprese, e persino expo permanenti sull'alimentazione italiana e la qualità della vita, quali quelli ipotizzati venerdì sera anche da Stefano Boeri.
E allora? State online. Qualcosa dovrà necessariamente succedere. Quello che qualcuno voleva come ineluttabilmente deciso molto probabilmente non lo è affatto. Gli incontri presso il Consiglio di Zona
continueranno. Prossimo appuntamento il 20 novembre. E poi il 30, con Vago e Rocca.
Tenendo a mente la provocazione di Boeri: <Il 10 novembre Il municipio di Città studi dovrebbe chiedere con forza di potersi sedere al tavolo con il primo ministro, il presidente di Assolombarda, il rettore dell’Università. I numeri di questa zona, oltre 120 mila abitanti coinvolti, giustificano ampiamente questa richiesta>. Tanto per fare uscire la questione dalle segrete stanze delle lobbies e riportarla ai diretti interessati (anche paganti): i cittadini.
Giuseppe Caravita
Link: L'anticipazione del Corriere della Sera sul polo di ricerca a guida Iit sulla qualità della vita
In allegato: Intervento di Domenico Surace alla Seduta Straordinaria del Senato Accademico del 2/11/2015