Gestione creativa dei conflitti - III parte
Concentrarsi sugli interessi non sulle posizioni, inventare soluzioni vantaggiose per ambo le parti, ragionare su criteri oggettivi: ecco gli aspetti che caratterizzano un buon negoziato.
(Sergio De La Pierre)22/07/2015
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(Sergio De La Pierre)22/07/2015
Nell’articolo precedente abbiamo parlato della differenza tra “negoziato di posizione” e “negoziato di principi”: quest’ultimo si caratterizza intanto per lo “scindere le persone dal problema”, ma anche per i seguenti tre altri aspetti.
1. Concentrarsi sugli interessi, non sulle posizioni
La distinzione tra interessi e posizioni emerge dalle due storielle viste più sopra (nel primo articolo di questa triade, avevamo parlato dell’arancia contesa e del litigio in biblioteca). Perché è migliore la soluzione sulla base degli interessi? (ad es. tutta la buccia a una sorellina e tutta la polpa all’altra). Innanzitutto, che cos’è una “posizione”? Cerchiamo di definirla (non lo fanno i testi che cito in Bibliografia). La potremmo definire una rappresentazione in qualche modo “sintetica” del proprio bisogno, quindi chiusa: una sua caratteristica è l’identificazione dell’io del “negoziatore” con l’oggetto della sua rivendicazione, e un’altra è l’identificazione sempre “sintetica” della rivendicazione con gli interessi concreti da soddisfare. L’interesse invece è una rappresentazione “precisa” e articolata, “analitica” del proprio bisogno (si veda la soluzione di Camp David sempre alla parte I). Ma l’interesse non è solo una definizione più “particolare” del bisogno, non è necessariamente un di meno rispetto alla “posizione”. Come dicono Fisher & C., gli interessi possono essere “i moventi silenziosi dietro il baccano delle posizioni”. Ogni posizione può contenere diversi interessi, e ogni interesse può essere soddisfatto da diverse posizioni (un esempio per tutti: a Camp David israeliani e palestinesi avevano posizioni inconciliabili, ma oltre agli interessi risultanti dall’accordo finale, questo è stato possibile anche perché, al di là delle posizioni, avevano anche l’interesse comune a raggiungere un accordo).
Lavorare sugli interessi significa chiedere a se stessi e alla controparte:
• qual è il vero interesse (motivo, bisogno) per cui sostengo quella posizione?
• quali sono gli interessi comuni tra le parti? (es.: mantenere buoni rapporti, concludere l’accordo);
• qual è la vera gamma degli interessi in gioco?
Su quest’ultimo punto si pone la questione importante dei bisogni umani fondamentali (spesso sottesi alle “posizioni”) e che vengono così elencati:
- la sicurezza
- il benessere
- il senso di appartenenza/identità
- il sentirsi riconosciuto/rispettato/non perdere la stima di sé
- coerenza con i propri valori di riferimento
- autonomia
Regola: nella trattativa esprimere con decisione e fermezza i propri interessi (non le proprie “posizioni”), e dimostrarsi aperti a considerare gli interessi della controparte.
In conclusione, dare centralità agli interessi permette di eliminare l’identità persona-posizione/problema (punto trattato nell’articolo precedente), ed esplorare la gamma ampia degli interessi permette di porre le basi della soluzione “creativa” del conflitto (punto 2, qui sotto).
2. Inventare soluzioni vantaggiose per ambo le parti
La soluzione “posizionale” del conflitto può essere di tre tipi: win-lose, lose-lose, il win-win trovandosi a metà strada, che è un ½ win- ½ win (il “compromesso”, l’arancia divisa a metà… che potrebbe non soddisfare nessuno). Soltanto la negoziazione “di principi” può dare risultati a somma totalmente positiva (win-win). Ma come si inventano le soluzioni creative? Nel libro di Fisher & C. possiamo (sintetizzando) individuare due indicazioni principali:
Allargare la torta significa allargare le proprie opzioni, e quelle della controparte, trovando così interessi e bisogni (anche fondamentali) comuni. Pensiamo ancora al conflitto Palestina-Israele. Potrebbe essere un’utile esercitazione lavorare su questa domanda: che cosa significa dire che la soluzione “due Stati per due popoli” è forse realistica ma chiaramente posizionale; e che la soluzione “uno Stato solo plurietnico, multireligioso…” potrebbe essere di tipo “creativo”?
3. Ragionare su criteri oggettivi
Su questo ultimo aspetto non mi soffermo, anche per il suo carattere molto “tecnico” ma anche di buon senso. In realtà è una specificazione dello “scindere le persone dal problema”, nel senso di appellarsi a criteri “neutri” di vario tipo nel caso la trattativa posizionale non si sblocchi.
Riferimenti bibliografici
Fisher R., Ury W., Patton. B., L’arte del negoziato, Corbaccio 2005
Sclavi M., Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte, Le Vespe 2002
1. Concentrarsi sugli interessi, non sulle posizioni
La distinzione tra interessi e posizioni emerge dalle due storielle viste più sopra (nel primo articolo di questa triade, avevamo parlato dell’arancia contesa e del litigio in biblioteca). Perché è migliore la soluzione sulla base degli interessi? (ad es. tutta la buccia a una sorellina e tutta la polpa all’altra). Innanzitutto, che cos’è una “posizione”? Cerchiamo di definirla (non lo fanno i testi che cito in Bibliografia). La potremmo definire una rappresentazione in qualche modo “sintetica” del proprio bisogno, quindi chiusa: una sua caratteristica è l’identificazione dell’io del “negoziatore” con l’oggetto della sua rivendicazione, e un’altra è l’identificazione sempre “sintetica” della rivendicazione con gli interessi concreti da soddisfare. L’interesse invece è una rappresentazione “precisa” e articolata, “analitica” del proprio bisogno (si veda la soluzione di Camp David sempre alla parte I). Ma l’interesse non è solo una definizione più “particolare” del bisogno, non è necessariamente un di meno rispetto alla “posizione”. Come dicono Fisher & C., gli interessi possono essere “i moventi silenziosi dietro il baccano delle posizioni”. Ogni posizione può contenere diversi interessi, e ogni interesse può essere soddisfatto da diverse posizioni (un esempio per tutti: a Camp David israeliani e palestinesi avevano posizioni inconciliabili, ma oltre agli interessi risultanti dall’accordo finale, questo è stato possibile anche perché, al di là delle posizioni, avevano anche l’interesse comune a raggiungere un accordo).
Lavorare sugli interessi significa chiedere a se stessi e alla controparte:
• qual è il vero interesse (motivo, bisogno) per cui sostengo quella posizione?
• quali sono gli interessi comuni tra le parti? (es.: mantenere buoni rapporti, concludere l’accordo);
• qual è la vera gamma degli interessi in gioco?
Su quest’ultimo punto si pone la questione importante dei bisogni umani fondamentali (spesso sottesi alle “posizioni”) e che vengono così elencati:
- la sicurezza
- il benessere
- il senso di appartenenza/identità
- il sentirsi riconosciuto/rispettato/non perdere la stima di sé
- coerenza con i propri valori di riferimento
- autonomia
Regola: nella trattativa esprimere con decisione e fermezza i propri interessi (non le proprie “posizioni”), e dimostrarsi aperti a considerare gli interessi della controparte.
In conclusione, dare centralità agli interessi permette di eliminare l’identità persona-posizione/problema (punto trattato nell’articolo precedente), ed esplorare la gamma ampia degli interessi permette di porre le basi della soluzione “creativa” del conflitto (punto 2, qui sotto).
2. Inventare soluzioni vantaggiose per ambo le parti
La soluzione “posizionale” del conflitto può essere di tre tipi: win-lose, lose-lose, il win-win trovandosi a metà strada, che è un ½ win- ½ win (il “compromesso”, l’arancia divisa a metà… che potrebbe non soddisfare nessuno). Soltanto la negoziazione “di principi” può dare risultati a somma totalmente positiva (win-win). Ma come si inventano le soluzioni creative? Nel libro di Fisher & C. possiamo (sintetizzando) individuare due indicazioni principali:
- Separare il momento dell’invenzione da quello della decisione
- Allargare la torta
Allargare la torta significa allargare le proprie opzioni, e quelle della controparte, trovando così interessi e bisogni (anche fondamentali) comuni. Pensiamo ancora al conflitto Palestina-Israele. Potrebbe essere un’utile esercitazione lavorare su questa domanda: che cosa significa dire che la soluzione “due Stati per due popoli” è forse realistica ma chiaramente posizionale; e che la soluzione “uno Stato solo plurietnico, multireligioso…” potrebbe essere di tipo “creativo”?
3. Ragionare su criteri oggettivi
Su questo ultimo aspetto non mi soffermo, anche per il suo carattere molto “tecnico” ma anche di buon senso. In realtà è una specificazione dello “scindere le persone dal problema”, nel senso di appellarsi a criteri “neutri” di vario tipo nel caso la trattativa posizionale non si sblocchi.
Riferimenti bibliografici
Fisher R., Ury W., Patton. B., L’arte del negoziato, Corbaccio 2005
Sclavi M., Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte, Le Vespe 2002