La risposta alla domanda retorica che
ha posto il Convegno della Sinistra Unitaria Europea, GUE/NGL)
tenutosi venerdì alla sala Oberdan e sabato al teatro Puccini, in collaborazione i Comitati per i beni pubblici e l'adesione di L'altra Europa con Tsipras, è
univoca e evidente, forse perfino al di là delle intenzioni dei
promotori, che hanno tenuto a non presentarsi come NO EXPO ma come
portatori di “un percorso positivo di riflessione”: EXPO Milano
2015 con il suo slogan ambizioso, nutrire il pianeta, energia per la
vita, è tutto dentro l'egemonia culturale, forse prima ancora
che economica, delle Multinazionali o Corporations se si
preferisce e ne è una “scintillante vetrina” secondo le parole
dei primo relatore, Piero Basso di Costituzione Beni Comuni.
Una sorta di super fiera campionaria
2.0 dove però, a differenza della vetrina del boom economico anni
'60, a farla da padroni sono stati l'affarismo immobiliarista, la
speculazione, la cattiva amministrazione, i giochi di potere, la
corruzione e la malavita organizzata. Basso ha ricordato brevemente
le tappe salienti di questa storia italiana: i terreni, agricoli e
inutilizzabili, comprati a caro prezzo da AREXPO Spa coi soldi
pubblici per più di 10 volte il loro valore a beneficio di Cabassi e
pochi altri, i ritardi per i conflitti di potere tra Moratti e
Formigoni, le deroghe al codice degli appalti, concesse proprio per
questi ritardi, che hanno permesso di assegnare i 4/5 dei lavori
fuori delle procedure normali con i benefici per gli amici (in prevalenza ciellini, ma non solo) e le
massicce infiltrazioni del malaffare e delle organizzazioni
criminali. Fino ai surrettizi e illegali controlli di polizia sui
candidati a lavorare per EXPO con conseguenti 600 dinieghi ad
altrettante candidature (tanto illegali che i tribunali li hanno in
buona parte annullati) e alla recente gara d'appalto per la gestione
del dopo-EXPO andata puntualmente deserta.
Che messaggio può partire allora da
un'Esposizione Universale nata su queste basi, quali riflessioni
sugli effetti e sulle cause dell'attuale modello di sviluppo
agroalimentare ne possono venire, quali vie potranno essere indicate
per rimediare alle distorsioni, ai rischi globali a cui il sistema
agroindustriale basato su monoculture, OGM e violazione dei cicli
naturali espone il Pianeta che si vorrebbe nutrire e le popolazioni
che lo abitano?
A questo proposito Basso ha ricordato che l'ondata di fame
del 2008 (la prima vera e propria carestia del terzo millennio) è
stata provocata da Bush junior con l'abrogazione delle leggi contro
la speculazione sui generi alimentari. Un effetto del lavoro di lobby
delle Corporations, un regalo che ha fatto salire perfino del
60% i prezzi e di venti volte i guadagni degli speculatori, le
cosiddette “cavallette di Wall Street” e della Borsa di Chicago.
Parla di questi temi la Carta di
Milano, che dovrebbe essere il lascito culturale e politico di EXPO
2015 al mondo intero e passare alla storia? Solleva davvero il
problema della sovranità alimentare e indica chi lo minaccia? No,
per Piero Basso la Carta scivolerà nell'oblio perché usa parole, frasi e concetti dei movimenti per coprire il nulla, per non dover
indicare obbiettivi concreti, procedure, metodologie e tanto meno
nemici da battere.
Ma neppure sul piano strettamente
economico e turistico EXPO 2015 sembra essere in grado di mantenere
le promesse, a iniziare dal numero di visitatori. É stato ampiamente
detto che ce ne vorrebbero venti milioni solo per andare in pareggio,
altrimenti i debiti dovranno essere ripianati, facile immaginare da
chi. Ma il dato è tenuto sotto stretto segreto. Non si sa nulla
sull'affluenza, né sugli incassi e neppure (sic!) sull'eventuale
incremento dei passeggeri della metropolitana.
A questo proposito Curzio Maltese,
giornalista e deputato europeo, ha parlato di “mutamento climatico
della democrazia”. Le Multinazionali sono il motore della spinta
alla “privatizzazione di tutto”, all'affermazione della “nuova
religione” che impone non vi siano più beni comuni: acqua, semi,
organismi viventi, tutto deve soggiacere alle regole di mercato
dettate appunto dalle Corporations. Che ormai fanno politica,
interna ed estera, più ancora degli Stati sovrani. Anzi sono più
forti di molti Stati e se necessario sono in grado di comprarsene i
funzionari e anche gli eletti. Non ci devono essere vincoli per le Corporations, mentre i diritti delle persone e gli stessi
cicli naturali (lucidamente spiegati da Gianni Tamino dell'Università
di Padova nella loro radicale irriducibilità alla logica lineare
dell'agroindustria) sono presentati come ostacoli per lo sviluppo.
D'altronde sulla trasparenza di questa
“religione” la dice lunga la vicenda del TTIP, il trattato di
libero commercio tra Stati Uniti e Unione Europea di cui ha
efficacemente parlato una simpatica e vitale Monica Di Sisto,
esponente della campagna nazionale STOP TTIP. Un Trattato in
discussione segreta da tre anni tra funzionari e top manager delle
due sponde dell'Atlantico di cui il pubblico, ossia i cittadini, sa
poco o nulla malgrado l'impatto che avrebbe sulla vita di ognuno, e
quel poco solo per le campagne informative e di protesta sorte dal
basso.
Allora qual è il modello di sviluppo
che domina all'EXPO? Quello ben illustrato nella mattina di sabato da
Vittorio Agnoletto, deputato europeo ed esponente di Costituzione
Beni Comuni: uno sviluppo che ha portato negli ultimi anni il 70%
della popolazione mondiale a possedere solo il 3% della ricchezza
globale, al controllo del mercato finanziario e del risparmio da
parte di quattro soli gruppi bancari e di quello agroalimentare da parte
di dieci gruppi (padroni della miriade di marchi a cui siamo
abituati) che controllando sementi, fertilizzati, antiparassitari e
distribuzione sono in grado di dettare le regole in tutto il mondo,
esponendo noi tutti a rischi crescenti e potenzialmente distruttivi. 
Manco a dirlo sono proprio questi
gruppi che gestiscono l'EXPO di Milano. La Nestlé l'acqua ad
esempio, e la McDonald la gran massa dei cibi smerciati. Certo, ci
sono anche altre offerte, anche molto raffinate. Ma nei ristoranti ci
vanno quelli che se li possono permettere mentre la massa, quella che
magari entra all'EXPO la sera per pagare solo cinque euro, si ciba
con un bell'hamburgherone chissà se anche ogiemmizzato. Sorry, ma
non è proprio questo lo schema socio-alimentare che governa il
mondo? I ricchi al ristorante e i poveri come possono. A parte lo
squallore di fare dell'EXPO una sommatoria di ristoranti, happy hours
e fast food, Agnoletto ricorda che l'obesità non è un problema
dei ricchi, è di quella parte dei paesi, ricchi e meno ricchi,
costretta o indotta a mangiare cibo pieno di sostanze grasse e povero
di principi nutritivi, però ben pubblicizzato.
Mai come in questi tempi si può dire
che “tutto si tiene” Le Multinazionali dettano le regole agli
Stati, i governanti le accettano non tanto perché siano corrotti (a
volte anche questo, chiaramente) quanto perché condividono la
religione del pensiero unico neoliberista (meno stato più mercato) i
funzionari applicano le regole in modo a volte più realista del re
(chissà con quali vantaggi, vero presidente Juncker?), le parti alte
della società sono d'accordo perché hanno il loro bel tornaconto
dato che stuoli di professionisti, manager, avvocati, commercialisti,
docenti, scienziati, ricercatori, sociologi, medici, gente di
spettacolo, giornalisti ecc ecc sono alle dirette o indirette
dipendenze delle Corporations. E influenzano le parti restanti della
società, quelle meno attrezzate sul mercato globalizzato, ne sono
gli opinion makers, contribuiscono a determinarne gli atteggiamenti e
le scelte, addirittura i miti, i sogni e le aspettative. Gramsci
l'avrebbe chiamata egemonia. Che si esercita appunto sulla parte più
debole della società, non importa se sia la stragrande maggioranza.
Questa è la base della “democrazia
come intralcio” e della tendenza nell'establishment politico,
economico e funzionariale a superare i vincoli posti dai beni comuni,
dai diritti umani, dalle assemblee elettive, visti ormai come
ostacoli sulla via dello sviluppo capitalista, che elargisce e ancor
più elargirà in futuro benessere per tutti a piene mani,
travasandosi, “sgocciolando” dai ricchi, creatori di benessere, a
tutto il resto della società. Sono trent'anni che domina
quest'ideologia, dai tempi di Thacher, di Reagan e dei suoi Chicago
boys, con gli effetti sotto gli occhi di tutti quelli che non hanno
fette di salame sui medesimi.
Ad esempio a Lampedusa. Perché non è
difficile capire che i flussi migratori, o meglio le migrazioni
bibliche a cui assistiamo sgomenti e impotenti sono frutto proprio
del modello dell'agrobusiness delle Multinazionali. Come ha spiegato
Mamadou Goita, associazione dei contadini dell'Africa occidentale,
land e water grabbing espropriano contadini e comunità locali
costringendoli a fuggire e innescando meccanismi di conflitto. Che
possono prendere poi, aggiungiamo noi, le forme più atroci, come
quelle dello Stato Islamico e dei vari terrorismi che insanguinano le
nostre e altre parti del mondo. Questa è l'ideologia e la pratica
egemone del capitale che costringe, come ha ricordato Maltese, anche
la sinistra “radicale” a difendere i diritti liberali classici.
Tutto si tiene dunque, ma fino a
quando? Già in America Latina, terra di conquista e dominio fino
a pochi anni fa, il Fondo monetario, che oggi si accanisce contro la
Grecia, è stato letteralmente cacciato da molti Stati.
In Bolivia ad
esempio il cui presidente, Evo Morales, di cui al convegno è stato
mostrato un video, ha illustrato la nuova situazione del suo paese
con parole semplici e potenti, da leader popolare autentico: “da
noi non comandano più i gringos, comandano gli indios. così abbiamo
risolto molti problemi.” Pochi forse sanno, aggiungiamo noi, che Evo
Morales, oltre all'investitura popolare dovuta alla vittoria
elettorale, è stato anche investito, con tanto di cerimonia di
consegna del bastone di comando, dell'autorità spirituale suprema
del popolo Aymara, etnia maggioritaria di cui lui fa parte. E
probabilmente è stata questa doppia investitura a dargli la forza
oltre che di dare il benservito al FMI anche di nazionalizzare, nel
2006, il gas boliviano mettendo fine al dominio delle multinazionali
del petrolio nel suo paese.
Anche Mons. Luis Infanti, vescovo della
Patagonia cilena, ha parlato della spiritualità del rapporto tra
popolo e terra raccontando la lotta dei Mapuches contro la
privatizzazione dell'acqua ad opera della nostra ENEL, proprietaria
del 96% dell'acqua nella regione di Aysén. Ha spiegato che la
proprietà monopolistica dell'acqua è promossa in Cile dalla stessa
Costituzione, redatta guarda caso sotto la dittatura di Pinochet
durante la quale le teorie del neoliberismo furono integralmente
applicate.
Il problema allora sta proprio qui, nel
riprendersi la sovranità espropriata dalle grandi Corporations e dai cosiddetti mercati. Respinte dall'America Latina, le ricette
neoliberiste del Fondo monetario favorevoli alle Corporations sono ora applicate in Europa, dove malgrado i crescenti squilibri, la
pauperizzazione, la distruzione del patrimonio produttivo,
l'espropriazione dei poteri spettanti alle assemblee elettive e il
rischio di catastrofi irreversibili che minacciano il presente e il
futuro di tutti, questi temi restano marginali nel dibattito
pubblico, specialmente in Italia.
Era atteso al Convegno anche Maurizio
Landini ma per gravi problemi famigliari non ha potuto partecipare
(sostituito da Mirco Rota della FIOM Lombardia, che ha ben
sottolineato come EXPO è anche un laboratorio per nuovi rapporti di
lavoro precario dove si spaccia per volontariato il lavoro non
retribuito per aziende finalizzate al profitto). Peccato, perché
sarebbe stato interessante misurare su questi temi la visione e la
capacità di leadership del (per ora) segretario nazionale FIOM.
Non un convegno NO EXPO, si è detto, ma la proposta di un itinerario critico e propositivo, i cui punti salienti sono stati indicati nel lancio di un referendum sulla destinazione delle aree dell'EXPO dopo la sua conclusione, nel rilancio della proposta di fare di Milano la sede di un'Autorità mondiale dell'acqua nella prospettiva di riconoscerne e garantirne la natura di bene comune, la tutela della salute e la centralità dei diritti umani, lo sviluppo delle energie pulite, la costruzione di una piattaforma logistica tra produttori e consumatori e la richiesta di una relazione indipendente che analizzi per EXPO il rapporto tra previsioni e risultati. (Qualcuno ha anche sostenuto che non sarebbe male neppure dare un'occhiata a quanto avviene nel BIE, l'ufficio che decide sulle grandi esposizioni: FIFA docet?) E per concludere, a proposito di sinistra radicale, i riferimenti ideali e culturali più ricorrenti sono stati a Gandhi e a Papa Francesco. Sarà un buon segno oppure significa che il mondo è proprio alla frutta?
Inquietante l'assenza di copertura giornalistica da parte degli organi informativi main stream: oggi, domenica 28 giugno, nessun giornale maggiore pubblica nulla su un Convegno obbiettivamente così interessante. Che strano.
Adalberto Belfiore