Sostiene Pereira

Un bel libro di Antonio Tabucchi chiude il percorso dedicato ad alcuni capolavori della letteratura italiana del ‘900. Alla prossima… (nota della Redazione) ()
sostiene pereira immagine
“Quel bel giorno d'estate, con la brezza atlantica che accarezzava le cime degli alberi e il sole che splendeva, e con una città che scintillava, letteralmente scintillava sotto la sua finestra, e un azzurro, un azzurro mai visto, sostiene Pereira, di un nitore che quasi feriva gli occhi, lui si mise a pensare alla morte”.
In questo contrasto, tra quell'abbagliante forza vitale esterna e l'inquietudine tutta interna di Pereira, trasmessa da quel suo muto dialogare col pensiero della morte, prende avvio Sostiene Pereira.
Un contrasto che si configura da subito tra impulsi opposti: vita/morte e tra ciò che è fuori da Pereira e ciò che è dentro di lui.

Questo contrasto, nella medesima combinazione, riappare poco dopo nel corso di quel primo colloquio che Pereira ha con il giovane Monteiro Rossi, quando gli chiede: «…ma a lei, scusi, ecco, vorrei chiedere questo, a lei interessa la morte?».  Monteiro Rossi fece un largo sorriso e questo lo imbarazzò, sostiene Pereira. «Ma che dice dottor Pereira, esclamò Monteiro Rossi, a voce alta, a me interessa la vita».

In questo caso l'impulso vitale, esterno a Pereira, si incarna in una persona concreta, in un “altro”, che si contrappone a Pereira e si fa altro rispetto a lui. Ed è qui che avviene l'introduzione, all'interno del romanzo, del suo tema portante: il tema dell'altro da sé e della ricerca di sé nell'altro.

Sostiene Pereira uscì nel 1994 e ottenne da subito una grande fortuna, legata, soprattutto, ai grandi temi etici, civili e politici che lo attraversano, dato che è la ricostruzione - veridica nella sua finzione letteraria - di quello che stava per succedere in Europa, osservando da Lisbona, in quel fatidico agosto del 1938, cosa stava accadendo in Portogallo, dove il romanzo è ambientato.

In questo senso Sostiene Pereira pone con forza il tema storico e morale del valore della libertà e di ciò che la sua perdita ha significato e può significare, tanto che da questo punto di vista può essere letto anche come un romanzo storico-politico. Tuttavia Sostiene Pereira non è principalmente questo, non ne è questa la sua natura più profonda.

Tabucchi stesso in un'intervista, parlando del significato che aveva per lui Sostiene Pereira disse: «La lettura fondamentale di Pereira è quella di un romanzo esistenziale, è una presa di coscienza individuale, una trasformazione di uno spirito, di un'esistenza, di un'anima».

E proprio questa “trasformazione” rimanda a quella dimensione che, come detto, è centrale in Sostiene Pereira: la dimensione dell'Altro da noi che fa venire alla luce l'Altro che è in noi, cioè la parte a noi stessi nascosta che è in noi.
La “trasformazione” a cui andrà incontro Pereira, per le sue modalità, fa sì che Sostiene Pereira si possa considerare una sorta di “romanzo di formazione”.
Perché se all'inizio Pereira appare come “un personaggio in cerca d'autore”, che vive ai confini della vita, che traffica con il pensiero della morte e dialoga o meglio monologa solo con il ritratto della moglie morta, chiuso in quel suo mondo privato e solitario, ignaro persino dei fatti che gli accadono intorno e che stanno scuotendo il suo paese e l'Europa, nel corso del romanzo egli acquisirà un insieme di consapevolezze e una forza morale che gli consentiranno di far prevalere dentro di sé e di scoprire in sé un'energia vitale fin lì inespressa con cui reagirà non solo all'idea interiore della morte ma anche alla realtà della morte, di cui sarà drammaticamente partecipe, e compirà quell'uscita da se stesso che lo riporterà al mondo. Da quel cattolico, timido, pauroso giornalista che non riesce a dire quello che vorrebbe dire, quale egli è, troverà, alla fine, il coraggio per dire la verità.

A innescare la mutazione di Pereira sarà il caso, quel “puro caso” che lo aveva portato a sfogliare quella rivista letteraria, in cui viene a conoscenza di quel giovane, Monteiro Rossi, di fronte al quale, nel corso di quel loro primo colloquio, come per effetto di una premonizione inconscia «capì che era in gioco e che doveva giocare».

Sostiene Pereira diventa, da qui in poi, romanzo di dialoghi perché Pereira si troverà a dialogare con tutta una serie di personaggi: oltre a Monteiro Rossi, la fidanzata di lui Marta, il cameriere Manuel, la signora Ingeborg Delgado, il dottor Cardoso che, in quanto diversi da lui, incrineranno le sue resistenze e, attraverso questi “altri”, Pereira andrà, man mano, scoprendo se stesso. Perché Tabucchi fa nascere il personaggio di Pereira in una sorta di punto morto della sua vita, in preda, sostanzialmente, a una terribile nostalgia di sé, cioè di quella vita passata in cui continua a riconoscersi ma anche a rispecchiarsi malinconicamente e su cui fa calare, come cosa perduta, un velo: «E poi pensò a altre cose della sua vita, ma queste Pereira non vuole riferirle», come dice ripetutamente.

Ma questa nostalgia è, in realtà, la mancanza di senso del suo presente e del suo futuro, è il bisogno profondo, ma segreto a lui stesso, di ritrovare un senso che pure il suo passato aveva avuto, il che lo porterà a dire che egli aveva «una grande nostalgia di una vita passata e di una vita futura».

E, su questa mancanza, crescerà prima di tutto in Pereira il ritrovamento di senso dei sentimenti che le passioni: letterarie, ideali, politiche e amorose che Monteiro Rossi, ma anche Marta, entrando nella sua vita con la loro sovversiva incoscienza gli infonderanno, nonostante le distanze che lo separano da loro, “dedicandosi”, ben oltre le sue iniziali intenzioni, “a quei due ragazzi”.
Pereira si esporrà sempre di più nella vicende di Monteiro Rossi e di Marta, mettendo anche a repentaglio se stesso e, nel farlo, esporrà sempre di più quel suo sé interno a quell'insieme di novità che lo attirano e lo confondono, portandolo ad interrogarsi, in modo sofferto, sui significati che quelle vicende stavano avendo per lui.
Perché, come dice al Dottor Cardoso: «…e se quei due ragazzi avessero ragione?..se loro avessero ragione la mia vita non avrebbe senso».
Pereira si metterà in discussione fino quasi a rinnegare se stesso e in quel conflitto maturerà la coscienza che un nuovo Pereira stava venendo alla luce, come dirà in quella sua confessione di fronte al ritratto della moglie: «…pare che dentro di noi ci sia una confederazione di anime e che ogni tanto c'è un io egemone che prende la guida della confederazione, il Dottor Cardoso sostiene che sto cambiando il mio io egemone, così come le serpi cambiano pelle, e che questo io egemone cambierà la mia vita».
La parabola di Pereira, così come da lui preannunciato, si compirà, messo, come egli sarà, di fronte ad una realtà che gli rivelerà tutta la sua violenza e che nel farlo ne porterà a compimento quella sua “trasformazione”.
Quell'atto spregiudicato e persino eroico, di cui si renderà alla fine capace, rivelerà che egli ha trovato la sua via d'uscita, il suo riscatto, che è riuscito finalmente a dare voce a quel suo sé latente e farlo diventare se stesso.

E come uno di quei tanti sogni che Pereira fa anche a noi alla fine sembra di aver sognato un sogno, perché tutto Sostiene Pereira è giocato su questo ambiguo e sottile confine tra realtà e irrealtà, tra realismo e antirealismo, tra essere un romanzo di impegno e essere anche una favola.

Questo limitare tra mondo reale e un'atmosfera irreale porta dentro Sostiene Pereira una sua segreta magia che lo rende lieve ed aereo come appunto un sogno rivelando tutto il potere di cui può essere capace la letteratura, riuscendo, in questo caso, pur senza essere inquietante ad essere carica di inquietudini.


Raffaele Santoro


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