Via Cima: una via periferica e abbandonata che ha bisogno di un futuro
(Paolo Morandi)01/04/2015
La delibera comprende anche la riqualificazione dei due sottopassi ferroviari di via Bistolfi e San Faustino, nonché una riqualificazione di via Ortica per restituirla come via "di borgo" cercando di ridarle un'identità, cosa per altro difficilissima a causa del fatto che è una strada di grande passaggio.
Però, per parlare di via Cima bisogna anche ricordare il lato umano. Lo sgombero del 16 marzo è stato, come tutti gli sgomberi, un fatto drammatico per alcune famiglie.
Ci scrive a questo proposito Stefano Pasta della Comunità di Sant'Egidio:
La piccola baraccopoli che era stata ricostruita a Rubattino è stata sgomberata. Abitavano lì famiglie a noi molto care e molto “avanti” nel percorso di integrazione: tutti i bambini alla scuola elementare o materna, molti degli adulti con un lavoro, anche se magari in nero o part-time, gli adolescenti che stavano formandosi in tirocini.Quanto dice Stefano Pasta non bisogna mai dimenticarlo. Si parla comunque di essere umani che, nell'organizzazione della nostra società, sono la parte più debole e colpita. Non sono un buonista però gli sgomberi non sono in assoluto una soluzione, ma, al limite, uno strumento di dissuasione, purché siano sempre accompagnati dall'offerta di un'alternativa affinchè non sia solo un mettere la polvere sotto al tappeto.
Anche se tutto si è svolto con rispetto e calma, sono state ore difficili. Erano comunque delle case quelle che venivano svuotate, controllate e su cui poi è arrivato il braccio della ruspa (alleghiamo due foto). Un attimo e tre anni di vita, giochi, incontri, fumo che saliva dal fuoco delle cucine o delle stufe, le ripetute alluvioni del Lambro, le biciclette, le sere a parlare insieme alla luce di un cellulare, le torte di compleanno… tutto azzerato in pochi minuti sotto il rumore assordante di tre ruspe. Noi e i rom lì a guardare. Colpiva come ogni sgombero fosse uguale a tutti gli altri nei gesti, nel dolore, nei rumori, nei piccoli episodi quali il passaporto che non si trova più.
Qui però c’erano delle novità.
Alcune famiglie hanno accettato l’ospitalità che il Comune offriva. Un’altra famiglia è nel gruppo delle quattro che stavano finendo di sistemare l’appartamento, per altri cinque nuclei si è scelto di indirizzarsi verso la soluzione della casa, per la quale questi uomini e donne sono pronti sotto molti punti di vista, pur con una fragilità economica in qualche caso rilevante.
Del resto a volte bisogna osare, raddoppiare l’impegno loro e nostro per la ricerca di un lavoro, sostenere e integrare quello che manca per coprire gli affitti, con la prospettiva del raggiungimento dell’autonomia.
Così, spinti dagli eventi, un po’ per desiderio di dignità, un po’ per incoscienza e in buona parte per fiducia negli amici, altri cinque nuclei familiari sono arrivati a lasciare la baracca, speriamo per sempre.
Leo ha trovato casa per il suo bambino di due anni, la moglie e per i suoi genitori. E’ stato molto fermo nel cercare di mantenere unito il nucleo familiare: mai nel mondo rom i genitori vengono lasciati soli, soprattutto se resi anziani “di fatto” a causa della durezza della vita trascorsa e dell’impossibilità di trovare un lavoro essendo analfabeti e culturalmente molto poveri. Leo ha firmato il contratto pochi giorni fa. A breve anche sua moglie inizierà a lavorare, con un contratto a termine che speriamo possa trasformarsi in qualcosa di stabile.
Difficile era la situazione di altri due nuclei: quello di Genesa con il marito e i tre bambini, e un altro in cui è presente una persona con una disabilità grave (100%). Però stiamo arrivando in porto anche in questi due casi, che possono contare su una disponibilità economica parziale, ma che non potevamo lasciare in strada per tanti motivi, primo fra tutti il cammino fatto fino a qui spalla a spalla.
Così ci troviamo molto contenti e un po’ preoccupati per l’entità dell’impegno, ma anche con la fiducia che insieme ce la faremo.
Il riconoscimento dei diritti degli ultimi, anche quando si tratta di poche persone, è un progresso per tutta la società.