Garibaldi Isola Partecipata

L’esperienza di percorso partecipato della casa di quartiere e del cavalcavia Bussa. Intervista al professor Ernesti, responsabile dei laboratori di progettazione. (prima parte)
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L’attuale situazione milanese evidenzia un’apertura della giunta comunale ai processi di partecipazione, con tutti i limiti e le opportunità del caso; senza voler fare un catalogo delle esperienze promosse da parte della amministrazione Pisapia, in alcun casi sollecitate dai consigli di zona a loro volta stimolati dai cittadini, non si può negare di riscontrare un differente “clima” in città. La speranza di tutti coloro interessati ai processi partecipativi è che quanto osserviamo siano le “prove generali” per una futura stabilizzazione di queste pratiche nella prassi di governo della città.
Tra le esperienze più recenti, che rendono evidente il diverso atteggiamento che l’attuale governo della città ha nei confronti dei cittadini e del loro ruolo nella definizione delle scelte, c’è l’esperienza della casa di quartiere, del cavalcavia Bussa e più in generale quella del parco della memoria. Un intervento attuato in zona 9 che può essere preso a riferimento anche per alcune delle attività a cui si sta cercando di “dare forma” in zona 3.  

Abbiamo chiesto al prof Ernesti, uno dei principali protagonisti del processo di partecipazione “Garibaldi l’isola partecipata”, responsabile dei laboratori di progettazione.  

D. Innanzitutto, può raccontare ai nostri lettori il clima in cui si inserisce il processo?
R L’area dell’Isola Garibaldi è stata contrassegnata sin dagli anni sessanta da uno spirito combattivo verso i progetti di “modernità” che l’hanno , volente o nolente, coinvolta. Il primo caso significativo è proprio collegato al cavalcavia Bussa e al devastante impatto che la viabilità prevista dal piano regolatore del ’53 avrebbe avuto sul quartiere. Allora intorno alla figura del parroco si coagulò una protesta che portò alla sospensione dei lavori.
Con gli anni settanta si assistette invece, a fronte del processo di delocalizzazione delle industrie presenti, all’ennesima conquista di porzioni di territorio urbano da parte della città borghese -con i tipici menomi collegati di espulsione delle classi lavoratrici e sostituzione del patrimonio edilizio. Anche in questo caso l’opposizione a questa spinta “modernista” si ebbe da soggetti locali, tra i quali è bene ricordare quella degli artisti che seppero coagulare un interesse diffuso alla preservazione del tessuto urbanistico-sociale, anche attivando momenti di alta qualità come performance artistiche sui muri e negli spazi degli edifici industriali dismessi.
Questo clima si è riproposto ai giorni nostri, con l’ingresso anche della facoltà di Architettura tra i soggetti “critici”, intorno a temi noti al grande pubblico, come i progetti Garibaldi Repubblica e nuova sede della Regione Lombardia. Comitati e associazioni locali si sentono minacciate da questi interventi e reagiscono opponendosi. Ne risulta un clima teso nel quartiere e la nuova amministrazione interviene proponendo un percorso partecipato. Ne risulta un duplice atteggiamento: da un lato quello di chi ha inteso questa proposta della pubblica amministrazione come una tardiva e inadeguata compensazione e dall’altro quello di chi vive questo intervento come una opportunità per sperimentare nuovi processi decisionali pubblici che si fondano sui principi della democrazia partecipativa.

D. La forma di partecipazione proposta ha determinato una selezione dei partecipanti?
In un certo senso si, nel senso che i più critici hanno svolto un ruolo di osservatori di quanto si andava a definire, non avendo accettato la forma “istituzionalizzata” che si è voluta dare al percorso. Detto questo, aspetto che andrebbe indagato più in profondità, non si può negare che l’offerta di partecipazione con tutti i “crismi”  introdotta dalla pubblica amministrazione abbia degli elementi di positività che non si possono non riconoscere.
Tra questi voglio evidenziare: l’uso di tecniche per ascoltare e far esprimere la cittadinanza, la definizione di un budget per il processo, un obiettivo limitato e agibile in concreto, dei tempi entro cui definire i passaggi e completare il processo stesso. Il tutto secondo metodi di gestione creativa del conflitto che molto si differenziano dalle pratiche “assemblearistiche” tipiche di anni passati.
Elementi questi, voglio evidenziare, che hanno permesso di attivare delle reali forme di apprendimento reciproco tra i partecipanti; ad esempio importante è stato notare il cambio di atteggiamento degli uffici tecnici che è passato da una forma “ostile” ad una “collaborativa”.

D. Come è stato avviato il rapporto con i residenti che hanno deciso di prendere parte all’iniziativa?
Una volta che il Comune ha formalizzato il progetto e i suoi obiettivi, si è attivata una campagna di comunicazione (anche informale come il passaparola) seguita da alcune prime attività: dalla passeggiata di quartiere sino a frequenti sessioni di lavoro serali, passando per l’attivazione di un sito dedicato al progetto.
L’attenzione in questa fase era concentrata sulla scelta fra le diverse proposte di ubicazione della casa di quartiere, oggetto che è stato esplorato per definire anche attraverso il confronto con analoghe esperienze italiane e straniere, le funzioni da ospitare, il tipo e la qualità degli spazi per farne un luogo inclusivo in grado di favorire l’incontro e la relazione fra tante persone diverse per condizioni, aspirazioni, desideri.
L’atra grande questione affrontata è stata quella del modello di gestione della futura casa di quartiere, questione fondamentale e delicata anche per la mancanza di risorse pubbliche.
Tutta questo corposo e stimolante lavoro di conoscenza e confronto di opinioni ha avuto un suo momento conclusivo in una discussione allargata (open space technology) a cui hanno preso parte circa 150 cittadini.
Vale la pena sottolineare come sia stata interessante l’attività di progettazione partecipata che ha dimostrato quanto sia elevata la capacità di prefigurazione dello spazio di vita e relazione anche fra coloro che non sono portatori di sapere esperto.   
I cittadini hanno scelto il luogo e realizzato un progetto urbano complesso che avrebbe coinvolto anche l’assessorato al commercio e ai trasporti.

D. E come ha accolto la proposta il Comune?
Di fatto, ha evidenziato dei fattori ostativi che hanno portato ad identificare un’altra area tra quelle su cui si era lavorato e per alcuni dei partecipanti questa non chiarezza iniziale dei vincoli e dei reali spazi di decisione ha prodotto disaffezione al percorso. Altri, invece, hanno accolto la difficoltà come un’ulteriore occasione di implementazione del progetto e del processo.


fine prima parte


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