Città Studi in vendita?
(Giuseppe Caravita)05/03/2015
Diciottomila tra docenti, ricercatori, personale universitario e studenti con le valigie in mano e via da Città Studi? Un esodo verso la terra promessa delle terre ex-Expo, nella nuova e futuribile Città della Scienza, dotata di campus, impianti sportivi, residenze e, soprattutto, laboratori di ricerca allo stato dell’arte.
Fisica, Informatica, Chimica, Agraria, Scienze. Tutti a chiudere gli attuali palazzi (vecchiotti quanto basta) di via Celoria e dintorni. Niente più spese per ammodernarli (si stimano in circa 200 milioni). Meglio spenderne 400 per la nuova città della Scienza a Rho-Expo, in un campus ben più attrattivo per studenti italiani e esteri.
La proposta, inizialmente avanzata un mese fa dal rettore dell’Università Statale Gianluca Vago, sembrava all’inizio quasi una boutade. Ma poi, piano piano, ha guadagnato consensi. Dall’Assolombarda, che alla città della Scienza ha associato il suo parco tecnologico per startup avanzate. E poi da Roberto Maroni, infine i vertici del Comune di Milano.
Manifestazioni di interesse forse anche un po’…interessate. AreExpo, la società che detiene il milione di metri quadri su cui sta sorgendo l’esposizione internazionale, viene infatti da una sonora sconfitta. Nel novembre scorso il suo bando per raccogliere proposte di acquisto delle aree, per il dopo-Expo, è stato un sonoro flop. Nessuno si è fatto avanti su un valore stimato di 315 milioni di euro. Un prezzo alto, se si considera che il 57% del milione di metri quadri è vincolato a verde. E il restante mezzo milione deve quantomeno avvicinarsi a iniziative sul tema Expo di tecnologia, alimentazione, energia, innovazione.
Preoccupante, per Regione Lombardia e Comune di Milano (ambedue con il 34,6% di Arexpo) e anche per Fondazione Fiera di Milano (27%). I tre soci principali che si sono accollati 160 milioni di debito verso le banche per l’acquisto dei terreni.
Ed ecco la proposta di Vago. Almeno un terzo dell’area potrebbe andare alla nuova Città della Scienza, un altro forse al parco dell’innovazione proposto da Assolombarda. E il restante al classico investimento immobiliare.
L’università Statale di Milano, peraltro, ne riceverebbe una grossa spinta. Oggi l’ateneo di via Festa del Perdono, il maggiore della città, è in realtà la cenerentola tra le università milanesi. Meno dinamica della Statale-Bicocca e soprattutto del Politecnico. Quasi del tutto dipendente, per i suoi investimenti, dai fondi pubblici del ministero, sempre più risicati. A parte qualche isola felice (come la facoltà di Fisica, che si sostiene grazie all’Infn, Istituto nazionale di fisica nucleare) il panorama a Città Studi è di facoltà piuttosto invecchiate, laboratori di ricerca non sempre moderni, anche strutture didattiche che andrebbero riviste.
La proposta Vago quindi coglie nel segno. Un rilancio delle facoltà scientifiche su un terreno nuovo, a prato verde, capace di mobilitare investimenti. Risolvendo anche il problema di un dopo Expo che potrebbe trasformarsi, a Rho, in un buco nero, non dissimile dagli impianti sportivi delle Olimpiadi di Torino.
I problemi però sono evidenti. Il primo sta nei 400 milioni necessari alla Città della Scienza. Arriverà un nuovo Tronchetti Provera che alla Bovisa costruì i palazzi universitari salvo poi ricavarne lauti affitti? Oppure il Governo deciderà di investire, magari gestendo anche la dismissione delle ricche aree di Via Celoria e dintorni? Oppure sarà la Regione o il Comune il deus ex machina?
Allo stato nessuno lo sa. Certo è che Raffaele Cantone, delegato da Matteo Renzi alla sorveglianza anticorruzione su Expo, ha già dichiarato che sul dopo Expo vuole bandi trasparenti.
E poi. Se è comprensibile l’idea di Vago della Città della Scienza a Rho-Expo, che fine farà quella grande porzione abbandonata dell’attuale Città Studi? Altro cemento residenziale, supermercati, parcheggi? Certo che per vendere bene quelle aree si deve andare da immobiliaristi tradizionali. Certo è però che Città Studi non merita di diventare un altro blocco di cemento. E per ora il vero convitato di pietra sulla questione è rigorosamente silenzioso. Il Politecnico, che invece potrebbe trasformare l’esodo della Statale nella sua opportunità storica per fare di Città Studi davvero una grande campus sostenibile.
Beppe Caravita