Andar per mostre. Robert Capa in Italia 1943-1944

Spazio Oberdan ospita sino al 22 maggio un’importante mostra di fotografie del padre del fotogiornalismo. Una sorprendente lezione di storia in bianco e nero. Assolutamente da vedere. ()
robert capa soldier WEB
In apertura: Soldato americano in perlustrazione
nei dintorni di Troina, 4-5 agosto 1943


Con la mostra Robert Capa in Italia inizia bene il percorso culturale della neonata Città metropolitana di Milano, anche se, e questo è un rammarico, sembra che la “cultura” non rientri nelle sue competenze.
Resta rimarchevole però il fatto che la mostra sia stata inaugurata da Giuliano Pisapia, presidente della Città metropolitana. Una buona cosa per Spazio Oberdan. Aria nuova.

L’onore delle armi vuole però che si ricordi che la mostra è stata programmata dalla ormai ex Provincia di Milano che aveva a suo tempo aderito alla proposta di Fratelli Alinari che della mostra sono i curatori e gli allestitori.
Nel percorso disegnato all’interno delle sale di Spazio Oberdan, la mostra ospita una abbondante selezione delle opere che Robert Capa realizzò al seguito delle truppe USA in Italia dal luglio 1943 al febbraio 1944.

Vuole la leggenda che il fotografo venne paracadutato in una località della Sicilia e che rimase per alcune ore appeso a un albero con il suo paracadute. Ma Robert Capa, all’anagrafe di Budapest registrato nel 1913 quale Endre Erno Friedmann, era un noto temerario, presente in tutte le guerre che gli riuscì attraversare dalla Spagna al Vietnam (ben prima però dell’invasione americana).

A partire dalla Sicilia, Capa fotografa i soldati impegnati in manovre di guerra (che Capa stesso avrà modo di definire persino noiose), i civili che accolgono i “liberatori”, i tedeschi prigionieri, le macerie dei paesi e delle città precedentemente bombardati dall’aviazione alleata.

Le fotografie sono nitide, per nulla compiaciute, seguono con obiettività estrema la quotidianità, non sempre solo atroce, della guerra.
Soldati in azione, bambini che a piedi scalzi percorrono strade sassose, la foto famosissima del contadino siciliano che indica a un soldato americano accovacciato, perché alto il doppio di lui, la strada intrapresa dai tedeschi in fuga nella campagne di Troina.

Non c’è disperazione in questi documenti storici, anzi appare persino qualche sorriso negli occhi di coloro per i quali la guerra è finalmente finita. La morte però è lì dietro l’angolo, pronta a ghermire subito dopo l’ultimo scatto.

Capa segue le truppe verso il nord, documenta una sala operatoria improvvisata in una chiesa di Maiori, fotografa i soldati in azione durante l’avanzata verso Napoli dove coglie la tragedia corale di un funerale e la fila di gente comune per prendere l’acqua (ottobre 1943).
C’è persino una fotografia scattata a Capri, datata 12 ottobre 1943, in cui compare in posa il filosofo Benedetto Croce.
Ci sono le mani e i volti sporchi di soldati marocchini, un soldato americano addormentato nei pressi di Cassino, due autiste di ambulanza che, durante una pausa, lavorano a maglia. La normalità della guerra.
L’ultimissima foto immortala un soldato tedesco caduto sul litorale di Anzio (gennaio 1944). E anche questa è la normalità della guerra.
Diceva Capa: «Se le tue fotografie non sono all’altezza, non eri abbastanza vicino». Lui non solo era molto vicino, era addirittura “dentro” tutto ciò che fotografava, tutto ciò che documentava.
Era talmente dentro gli scenari di guerra che trovò la morte saltando sopra una mina in Vietnam, durante la guerra d’Indocina (1954).

C’è in mostra la solennità assoluta di un soldato americano che porta in spalle una bambina nei pressi di Cassino, nel gennaio del 1944. La guerra era anche solidarietà e Capa ne coglie, senza sbavature, gli aspetti più veri e significativi.
Bella mostra, corredata da un adeguato catalogo. Guardare e sfogliare per cogliere il segno profondo della storia secondo gli occhi vigili di Robert Capa.

Robert Capa in Italia
1943-1944

A cura di Beatrix Lengyel

Spazio Oberdan
Viale Vittorio Veneto,2
Orari: 10-19,30 (lunedì chiuso)
www.cittametropolitana.mi.it/cultura

Massimo Cecconi


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