Le due zittelle

Siamo al secondo appuntamento con le proposte di lettura dedicate alla letteratura italiana del ‘900 a cura di Raffaele Santoro.
Il romanzo di Tommaso Landolfi è, secondo Eugenio Montale’ “uno dei maggiori “incubi” psicologici e morali della moderna letteratura europea”.

 

(La Redazione)

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tommaso landolfi 2

“E la cosa orribile ebbe principio. Tombo s'accostò con decisione al ciborio e l'aprì bruscamente, sbatacchiando il portello. Restato un attimo a guardare dentro di traverso, come una gallina, vi affondò il braccio e ne trasse per due volte una manciata di ostie consacrate che rapidamente divorò.”

In questo passo è fulmineamente fissata con grottesca drammaticità quella profanazione la cui constatazione attesterà inequivocabilmente che era proprio Tombo a introdursi in quella cappella, salire su quell'altare e compiere quell'inimmaginabile sacrilegio. Ma si dà il caso che Tombo è una scimmia, anzi una “scimia”, come per tutto il racconto egli sarà definito, così come “per compenso”, dice Landolfi, “mi venne l'altra di “zittella” quasi “zittella” potesse essere diminutivo di “zitta”.
Queste invenzioni verbali e le “diversità” in esse contenute sono emblematiche del “mondo” creato da Landolfi in questo comicissimo e al tempo stesso crudelissimo racconto.

Un “mondo” fatto di capovolgimenti spiazzanti nel quale, con una leggerezza e una eleganza dissacranti, egli vi instaura quella dimensione fantastica che sarà tipica di gran parte della sua opera.

Non a caso Montale, all'uscita di questo racconto, avvenuta nel '46, lo definì uno dei “maggiori “incubi” psicologici e morali della moderna letteratura europea”. E infatti quello che qui avvince è quel sarcasmo beffardo e dirompente con cui Landolfi ottiene e veicola quell'effetto di sovvertimento della ragione e di follia che aleggia in tutto il racconto, quel senso di favola dell'orrore e dell'assurdo che lo contraddistingue.
Acuito, per altro, da una prosa particolarissima, apparentemente retorica che fa in realtà il verso e beffeggia il ridicolo e il retorico contenuto in questa storia che, ella stessa, mette a nudo e smaschera.

La scena è, da subito, imperniata su una situazione di “ingabbiamento” che è il tema di fondo del racconto e le prime ad apparire sulla scena e in quel ruolo di “ingabbiate” sono proprio le due “zittelle” che sono per davvero due zitelle, le “bacchettonesche” ed “estremamente divote” sorelle Lilla e Nena che vivono “colla vecchia madre” - la cui descrizione suscita punte di ilarità assolute - che impone loro la sua presenza e della quale sono totalmente succubi. Ma la penosa convivenza con la dispotica vecchia in quella casa-prigione un bel giorno finisce con la di lei dipartita. E qui per le due sorelle ha inizio un nuovo incubo assai più drammatico e fatale perchè del tutto inatteso e inaudito e che avrà come conseguenza di trasformarle in spietate carnefici, mettendo a nudo tutta l'angustia delle loro fasulle esistenze. A suscitare quel nuovo incubo sarà la scimia Tombo, portata a suo tempo in quella casa da un loro fratello prematuramente defunto e sulla quale hanno riversato il loro affetto prima concentrato sul fratello. E siccome “è costume degli uomini tenere se possibile in gabbia l'oggetto del proprio amore...una grossa gabbia era la dimora abituale della scimia” Ma all' “ingabbiato” Tombo quella gabbia sta stretta. Così si scopre che Tombo nottetempo, con impensabile abilità, aperta la sua gabbia usa fare incursioni nell' “attiguo monastero” dove si dà a licenziosi festini a base di ostie e di sacro vino sull'altare della locale cappella. Sbigottite e smarrite le due zittelle all'inizio si rifiutano di credervi finché Nena, la più ostinata e imperterrita delle due, appostatasi nella cappella, non solo assisterà allibita al banchetto di Tombo sull'altare, descritto in apertura ma, inorridendo, vedrà Tombo simulare grottescamente il sacro rito della messa e compiere, infine, un supremo gesto di bestialità che dà alla scena un apice massimamente blasfemo e diabolico: Tombo “scompisciò l'altare”. Per Nena il destino di Tombo è segnato: “deve morire”.
Il povero Tombo nei suoi irriverenti comportamenti sacrileghi in realtà non fa altro che rispondere alle sue più istintuali pulsioni e la sua immoralità è ovviamente un falso problema. Ma per le due ottuse zittelle e, in modo particolare per Nena, “c'è caso [che] non tanto stesse a cuore tener freno materialmente la scimia, quanto farsi un'idea adeguata della sua moralità” osserva Landolfi. Incapaci di suscitare la vita in se stesse e spaventate nel vederla pulsare di fronte a sé esse si barricano in quella loro morale che è la loro gabbia e alla quale condannano, suo malgrado, anche lo sventurato Tombo, Il quale, al pari di animali “nocivi e pericolosi”, per le represse e repressive sorelle va definitivamente soppresso. E ciò soprattutto per Nena perchè Lilla, che in lui ci vede pur sempre “il loro fratello morto”, tenta di intercedere e ottiene che si consulti un “qualche santuomo di comune fiducia”. Ne nascerà una disputa a sfondo teologico tanto farsesca e surreale nel suo svolgersi quanto caustica e tagliente nei suoi contenuti fra Monsignor Tostini, il “santuomo” chiamato dalle due zittelle, e il giovane padre Alessio, capitato lì per caso, i quali insceneranno un vero e proprio processo a Tombo assumendo il primo le vesti dell'accusa e il secondo quelle della difesa. Ne scaturirà quella che Montale definì “la grande scena madre del racconto”, in un crescendo vorticoso e via via sempre più alterato, essendo Tostini appartenente alla più “declamatoria e retriva genia” degli uomini di fede e padre Alessio invece seguace di un Dio estraneo alle “complicate partite di dare e avere“ degli uomini.
Con toni e argomentazioni irricevibili per il Tostini ma, soprattutto, per le due zittelle, inorridite dagli estremi di blasfemia che il giovane prete, ai loro occhi, propugna padre Alessio approderà, in modo sempre più infervorato, a un j'accuse sprezzante rivolto alle due sorelle: “So bene che l'ammazzerete, questo che a voi appare deforme e immondo essere, questo che è essere santo e divino al pari di Dio, di cui è parte; che l'ammazzerete per un orrendo misfatto che è invece un naturale suo moto”. E non contento si scaglierà contro la stessa Nena rinfacciandole quella sua esistenza inaridita e priva d'amore. Ma così facendo padre Alessio sarà per Tombo l'opposto di quello che avrebbe voluto essere giacchè “Peggior avvocato non poteva trovare” e così quella sua sprezzante predizione avrà irrimediabilmente e ferocemente luogo, lasciando le due zittelle sottomesse a quell'inesistenza del vivere di cui Tombo sarà l'incolpevole vittima.

 

Le due zittelle
Adelphi



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Re: Le due zittelle
16/12/2014 Raffaele Santoro
Suscitare l'interesse del lettore è ciò che più ci motiva e quindi ben venga la sua voglia di rilettura, anche perchè, spesso, le riletture fanno fare scoperte sfuggite ad una prima lettura, almeno a me capita così. Grazie di nuovo per la sua partecipe attenzione e ovviamente buone letture e riletture.
Raffaele Santoro


Re: Le due zittelle
11/12/2014 luisa dapri
Ho letto nelle scorse settimana il libro, ma dopo il suo commento mi è venuta voglia di rileggerlo!!!
Grazie
Luisa Dapri


 
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