Dalla Regione 600 chilometri quadrati di cemento

Il progetto di legge regionale n. 140 in fase di approvazione, che dovrebbe contrastare duramente il consumo di suolo, apre invece di fatto la corsa alla definitiva cementificazione del nostro territorio.

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cementificazione

Rispetto al testo approvato in febbraio dalla Giunta regionale per l’adeguamento della legge urbanistica regionale n. 12/2005, che era seriamente diretto ad un contrasto efficace al consumo di suolo, il nuovo testo segna un inqualificabile appiattimento sulle vecchie politiche di espansione edilizia immotivata e incontrollata. In sintesi, un disastro annunciato per la nostra regione. Se questa affermazione può sembrare eccessiva, invitiamo a dare un’occhiata alla situazione del patrimonio edilizio e alla sua espansione dal secondo dopoguerra ad oggi, in Italia, ma in particolare in Lombardia.

I dati sono sconcertanti. Nel 1961, a fronte di una popolazione di 50 milioni di abitanti il patrimonio edilizio abitativo contava circa 55 milioni di stanze. Oggi, con 60 milioni di abitanti, i vani sono saliti a ben 110 milioni! Con questa volumetria che, anche considerando il fenomeno della frammentazione dei nuclei familiari è del tutto esorbitante, abbiamo, incredibilmente, 700 mila famiglie che hanno fatto domanda di alloggi in affitto, segnale inquietante del fabbisogno di questa tipologia di residenza, che in tutto il paese supera di molto i 2 milioni. A fronte di questo enorme disagio sociale, su un totale nazionale di 31 milioni di alloggi ne abbiamo di inutilizzati ben 7 milioni: qualcosa come 20 milioni di stanze vuote, fenomeno che negli ultimi dieci anni è aumentato in modo vertiginoso.

Incentivare ulteriormente la produzione edilizia, motivandone l’espansione con la salvaguardia del lavoro degli addetti nel settore, significa “soffiare sulle ceneri spente di una vicenda speculativo-immobiliare che ha largamente chiuso il suo ciclo” come giustamente afferma Legambiente. Da questa insistente miopia strategica nei progetti di sviluppo ricaviamo soltanto la distruzione del paesaggio e il dissesto idrogeologico che sono sotto gli occhi di tutti. Alla conseguente occupazione di suolo che in Italia passa dal 6,6% nel 1989 all’8,4% nel 2012, con un incremento del 27% in poco più di vent’anni, ha contribuito non poco la dissennata politica urbanistica degli Enti locali in caccia di oneri di urbanizzazione e corriva alla domanda di alloggi unifamiliari e di seconde case. Così abbiamo ben 14,5 milioni di edifici per 31 milioni di alloggi. Uno spreco nello spreco, che complessivamente ha prodotto una volumetria che supera il triplo del necessario.

Nel sud la situazione è ancora peggiore: se prendiamo ad esempio la Calabria, vediamo che ci sono 1milione e 250mila alloggi ma che 420mila sono vuoti, con solo 2 milioni di abitanti, che fanno meno di 2,5 abitanti per edificio…… “(…….) da tempo non si costruisce più per la domanda sociale: la rendita fondiaria, poi immobiliare, si è trasformata sempre più in finanziaria. I “nuovi vani” dovevano costituire “le basi concrete” per “costruzioni virtuali” di fondi d’investimento o risparmio gestito. A parte la quota di riciclaggio di capitale illegale, facilmente intrecciata a essa. La schizofrenia delle politiche urbanistiche delle ultime fasi ha largamente favorito tutto ciò, con accelerazioni da parte del presente governo, per cui tutela e attenzione all’ambiente e al paesaggio sono solo declaratio: in realtà si tenta di continuare ad aggirarle per realizzare nuove “Grandi opere inutili” e cementificazioni: come dimostrano lo “Sblocca Italia” e il ddl Lupi, da cancellare subito.”*

Ma torniamo in Lombardia. Nel 1989 nella nostra regione il suolo occupato da urbanizzazioni toccava l’ 8,25%; nel 2012 si è arrivati al 10,6% e oggi probabilmente si è superato l’11%. (valori medi di valutazione forniti da ISPRA). Ma si tratta di un 11% spalmato sul territorio edificabile di pianura e di collina, che in Lombardia arriva sì e no al 60% del totale. In realtà, quindi, il territorio edificabile è già urbanizzato per più del 18%. A parte tutte le considerazioni relative al conseguente degrado ambientale e paesaggistico, che per economia di spazio mettiamo tra parentesi, se ci limitiamo a raffrontare questi dati con la situazione abitativa della nostra regione, troviamo che a fronte di circa 4milioni di alloggi utilizzati ci sono ben 735mila alloggi vuoti, pari al 16% del totale. Un patrimonio edilizio che si confronta con una domanda crescente di alloggi in affitto a canone sociale. Domanda rimasta a lungo inevasa, in attesa di risposte da programmi di convenzioni con l’imprenditoria privata, che in una congiuntura vieppiù sfavorevole e nella assenza di una normativa che prevedesse quote di profitto per la realizzazione di Edilizia Residenziale Pubblica, non hanno consentito contropartite significative per avviare a soluzione il problema.

A fronte di questa situazione, cosa propone il Ddl n.140 della Regione Lombardia?

Portato frettolosamente in aula per impedire una discussione approfondita (come d’uso, le peggiori leggi si fanno passare con il dettato dell’emergenza) è lo specchio perfetto dell’arretratezza della nostra classe politica, incapace di una visione dello sviluppo proiettata nel futuro e di atti coerenti con premesse annunciate e tradite. Nel testo non c’è una strategia della gestione del territorio, non c’è una normativa efficace per realizzare programmi di rigenerazione urbana, né un articolato credibile per la difesa dei suoli agricoli e per le aree naturali. Ma ecco invece un bel coniglio dal cappello: 3 anni di tempo per attuare tutte le previsioni di espansione edilizia, così come si trovano nei PRG e che, pesantemente sovradimensionate, superano ormai anche le mire della speculazione immobiliare; con in più la possibilità di ampie dilazioni di pagamento degli oneri di urbanizzazione, che un sano criterio di interesse pubblico dovrebbe far incassare in tempi utili a realizzare i servizi e il verde urbano.

Siamo al punto che diversi Comuni, per l’evidenza della crisi del mercato immobiliare, chiedono di ridurre le previsioni volumetriche dei loro PRG! Siamo all’assurdo. Fatti i conti, ci troviamo con una espansione potenziale di circa 60.000 ettari (600 kmq) di nuova urbanizzazione in tre anni. Diamo pure per scontato che l’attuale congiuntura consentirà solo una parziale realizzazione di questo programma rovinoso, che resta comunque una spada di Damocle sul nostro territorio e che occorre contrastare senza compromessi, poiché anche una sua parziale attuazione, in assenza di un Piano Strategico/Strutturale di cui dovrebbe farsi carico la Città Metropolitana, arrecherebbe ulteriori e irreversibili danni alla nostra regione.

Con l’INU Lombardia anche Legambiente e il FAI hanno protestato, con critiche solidissime e documentate. Dalla Regione, al di là di paternalistiche rassicurazioni di Maroni, nessuna risposta. Aspettiamoci il peggio.

Giacomo Graziani

Membro del Direttivo INU Lombardia

 

(*) Alberto Ziparo, prof. Associato in Pianificazione Urbanistica all’Università degli Studi di Firenze, su “Repubblica”, 28 ottobre 2014.


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Re: Dalla Regione 600 chilometri quadrati di cemento
20/11/2014 adalberto
Interessante e illuminante articolo. Grazie all'estensore. Io però non vorrei aspettarmi il peggio, vorrei aspettarmi che qualcuno prendesse la guida di una seria opposizione. Il povero Ambrosoli (Carneade, chi era costui?) sembra prematuramente defunto, politicamente si intende, per afasia o autoinedia (sempre politicamente, ovvio). Ma il Sindaco di Milano, che tante speranze aveva sollevato, che ne dice? Mica si può nascondere dietro alla competenza regionale in materia. Ovvio che il Sindaco di Milano, in quanto tale, non ha istituzionalmente voce in capitolo. Ma in quanto politico, possibile che non si faccia sentire? Sarebbe inimmaginabile una presa di posizione del tipo: il Comune di Milano ritiene che il progetto di legge regionale n.140 sia inaccettabile? Il sindaco di un'importante città, per giunta sede di una grande manifestazione internazionale che ha come tema l'alimentazione, non dovrebbe avere a cuore l'affermazione di una prospettiva di sviluppo sostenibile? Non potrebbe l'amministrazione del capoluogo lombardo costituirsi in punto di raccolta delle forze che non vogliono assistere all'ennesimo sacco del territorio, ossia del futuro stesso delle nuove generazioni? Non credo che quelli che hanno votato per cacciare la destra degli affaristi cementificatori da Milano abbiano semplicemente eletto un amministratore di condominio. Di carne sangue e passione abbiamo bisogno, e di iniziativa politica.


 
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