Conversazione in Sicilia

Inizia con questo commento il percorso letterario dedicato alla letteratura italiana del ‘900 proposto da Raffaele Santoro. La prima edizione in volume con questo titolo appare da Bompiani nel 1941. Precedentemente il testo era stato pubblicato a puntate (1938-1939) sulla rivista Letteratura.

(La Redazione)

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vittorini

“Conversazione in Sicilia” si conclude con una “Nota”, con la quale Vittorini avvisa il lettore che “Ad evitare equivoci o fraintendimenti, come il protagonista di questa Conversazione non è autobiografico, così la Sicilia che lo inquadra e accompagna è solo per avventura Sicilia; solo perchè il nome Sicilia mi suona meglio del nome Persia o Venezuela.”. Sebbene questa “Nota” avesse lo scopo di “dissimulare” l' ispirazione antifascista contenuta in “Conversazione”, tentando con quell'evocazione “irrealistica” di allontanare dal romanzo il sospetto di avere un fine di denuncia politica, che era la necessità originaria che aveva spinto Vittorini a scriverlo – cosa che peraltro non servì allo scopo dato che poco dopo la sua uscita, avvenuta nel '41, ne fu vietata la pubblicazione in Italia proprio perchè ritenuto un testo antifascista – tuttavia questa “Nota” contiene un valore che va al di là di questo aspetto contingente. Nel suggerirne una lettura fuori dal tempo e dallo spazio quelle parole emancipano il romanzo dai suoi aspetti realistici e storici, pur in esso presenti, e lo innalzano a un livello squisitamente letterario, in quanto creazione di un “mondo” narrativo ed esistenziale le cui risonanze sono rimaste assolutamente intatte. Vi è infatti in “Conversazione in Sicilia” una dimensione evocativa e fantastica che trascende la realtà e la simbolizza fissandola in immagini e figure in cui si incarnano condizioni e significati perenni che si incastonano in un universo immaginario e mitico. “Conversazione” è un romanzo che dà continue suggestioni perchè in esso le cose affondano nel fascino di una lontananza in cui tutto è sospeso e misterioso: “Ma guarda, sono da mia madre, pensai di nuovo, e lo trovavo improvviso, esserci, come improvviso ci si ritrova in un punto della memoria, e altrettanto favoloso, e credevo di essere entrato a viaggiare in una quarta dimensione.”. Così dice Silvestro, il protagonista - alias dello stesso Vittorini - nel descrivere l'arrivo presso la madre, al temine di quel viaggio che l'ha condotto da Milano in Sicilia. E in quel senso di stupore e di scoperta, che è un cifra permanente del romanzo, trova posto un concentrato dei temi presenti in “Conversazione”: la memoria e il sogno, il viaggio che da fisico si fa mentale, il sentirsi trasportati in una dimensione altra, favolosa e interiore che si nutre dei ricordi e nello steso tempo li osserva e li rivive, trovando in essi allusioni a nuovi e segreti significati. E' quella dimensione onirica che fa apparire il viaggio di Silvestro e gli incontri che egli fa come se avvenissero in un mondo fatto di spiriti e fantasmi, che si materializzano per annunciare ed enunciare le loro verità e le loro storie, con un senso epico che le fa diventare come pronunciate in nome e a nome del genere umano. La realtà è infatti trasfigurata da Vittorini per condurre una ricognizione su quell' umanità offesa e su quel dolore del mondo che lo spettro visuale della Sicilia amplifica ed esalta ma che sono condizioni proprie di quel genere umano perduto che sin dall'incipit viene evocato e, a suo modo, invocato: “Io ero, quell'inverno in preda ad astratti furori;…furori, in qualche modo, per il genere umano perduto”. Nel suo viaggio, che è come una discesa oltreterrena, Silvestro incontra una miriade di personaggi simbolo, latori di significati e di messaggi. Già sul traghetto, su cui attraversa lo Stretto, egli fa ingresso in una sorta di “città dolente”, nel trovarsi di fronte quell'umanità immobile e silenziosa a cui – egli dice - “sorridevo loro e loro mi guardavano senza sorridere”. E, di quell'umanità, ne è simbolo l’ uomo delle arance, con le sue arance che nessuno vuole, il quale ne incarna l'afflizione ma, soprattutto, quel senso impotente di offesa che da muto si fa nel corso del romanzo lamento forte e ripetuto fino ad ergersi come un valore, carico di dolore e sofferenza ma, al tempo stesso, alto e solenne, il cui destino accomuna l' ”umano genere”. E Vittorini qui “inventa” dei personaggi emblema portatori di pronunce per un ipotetico riscatto. A partire dalla figura del Gran Lombardo, coscienza pulita e rappresentante di un'umanità fiera che aspira alla libertà e che invoca “nuovi, altri doveri” per gli uomini. Ma i personaggi a cui è affidato tale compito: un arrotino, un sellaio, un mercante di panni, pur nei loro diversi modi di reclamare ed aspirare a un mondo migliore: come rivolta, come coscienza idealistica e accorata del mondo offeso, come anelito alla purificazione, riveleranno la loro incapacità in quanto incapacità di qualsiasi possibilità di redenzione e di salvezza, consumando la loro innocenza nella “squallida nudità senza terra del vino”. Ma il viaggio di Silvestro sarà anche un viaggio nell'universo interiore dell'infanzia e, nel tempo ricordato, penetreranno una molteplicità di acquisizioni che inizieranno Silvestro a una sorta di ri-nascita. Ciò si concentra nell'incontro e nel tempo con la madre, dato che Concezione sarà insieme la madre dell'infanzia di Silvestro e quella di ora, “due volte reale”. In questo modo Vittorini dà al personaggio una complessità di significati, in quanto Concezione si rivela agli occhi di Silvestro, “madre e donna” ed egli ne intuisce la sua plurima identità in quel suo raccontare, “ma non rossa, non vergognata”, dei suoi trascorsi con quel viandante a cui aveva offerto pane, acqua ed “altro”. E, in forza di quella femminilità, ella eserciterà sul figlio un ruolo arcaico di iniziatrice, di madre padrona, portandolo ad assistere al suo “giro delle iniezioni” alle donne del paese in cui si consumerà la residua innocenza dell'infanzia. In tal senso le narrazioni in “Conversazione” sono sempre l'esito di una ricerca, che è lirica e poetica nel linguaggio e rivelatrice nei significati. Pur in un contesto narrativo e linguistico che trasferisce personaggi e dialoghi su uno sfondo mitico, “Conversazione in Sicilia” è, in realtà, un testo profondamente antiretorico e demistificatorio. Nel viaggio di Silvestro non vi saranno nè illusioni, né false speranze e alla fine il suo percorso di maturazione avrà come punto di arrivo proprio quello di smitizzare il mondo e rivelarne gli inganni e i non detti. E, in questa chiave, il famoso “ehm”, ripetutamente pronunciato nel finale dal soldato morto (in cui Silvestro riconoscerà suo fratello Liborio), il quale si insedierà in Silvestro mentre questi è intento a descrivere con voluta retorica la bellezza insita nell' “ignuda donna di bronzo del monumento” alla gloria, costringendo Silvestro a ripetere quell'”ehm” dice, nel non detto di quella parola, tutta l'assurdità dei falsi miti di cui la morte in guerra e la relativa gloria ne erano allora e ne sono ancora adesso uno dei più tragici e più dolorosi.


Elio Vittorini

Conversazione in Sicilia”

(Raffaele Santoro)


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Re: Conversazione in Sicilia
04/12/2014 Raffaele Santoro
Gentile Signora Luisa
La volevo ringraziare a nome di z3xmi e mio personale per le sue gentili parole e per gli apprezzamenti da lei manifestati nei confronti delle letture che stiamo proponendo. Fa piacere che una certa letteratura di grande valore come quella qui presentata e che rischia purtroppo l'oblio trovi ancora lettori interessati e appassionati. Grazie di nuovo e spero che le risultino gradite anche le prossime letture e i prossimi commenti.
I miei più cordiali saluti
Raffaele Santoro


Re: Conversazione in Sicilia
14/11/2014 luisa dapri
Molto , molto stimolante questo progetto: prendere per mano il lettore, orientarlo dopo averne stuzzicata la curiosità! bello davvero!
Ho letto il mese scorso un'interessante edizione di Coversazione in Sicilia (BUR con ilustrazioni di Guttuso) e dotata di parecchi testi di critica contemporanea e non.

Ora passo al secondo libro suggerito. Alla prossima!

Grazie


 
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