Come è nata la Costituzione

La nostra Costituzione è nata sulla base di un testo elaborato dalla Commissione dei 75, i padri costituenti, ed è stata promulgata dopo un lungo, serio ed approfondito confronto avvenuto tra gli esponenti di tutti i partiti presenti nell'aula del Parlamento.

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costituzione italiana

Rileggendo gli interventi dei più autorevoli personaggi che hanno contribuito alla stesura ed all'approvazione della Carta Costituzionale nel 1947 non si può non rilevare la distanza abissale tra lo spessore personale, la preparazione intellettuale e la tensione spirituale che animava i rappresentanti eletti al Parlamento di allora e quelli di oggi. Mi è capitato di ricevere i testi degli interventi di Piero Calamandrei, Lelio Basso, Palmiro Togliatti, Giorgio La Pira, Aldo Moro nel 1947 all’Assemblea plenaria in cui si iniziava la discussione generale del progetto di Costituzione elaborato dalla cosidetta Commissione dei 75. L’Assemblea rivedrà nel suo insieme, con variazioni puntuali anche di un certo rilievo, il testo del progetto, che verrà poi approvato per diventare quella che è la nostra Costituzione. 

Senza entrare nel merito dei temi trattati, quello che colpisce è il metodo con cui si affronta la discussione, nella consapevolezza di avere in mano i futuri destini del sistema democratico in Italia, è il rispetto delle opinioni altrui. Così fu possibile arrivare a promulgare una Carta Costituzionale, grazie alla quale abbiamo potuto avere sviluppo economico, riconoscimento dei diritti e doveri dei cittadini, libertà di espressione e di coscienza, indipendenza dei giudici e salvaguardia della legalità, almeno per quanto riguarda il dettato costituzionale, non certo per la sua attuazione pratica, che spettava (e tuttora spetta) a coloro che hanno ricevuto il mandato di rappresentanza ricevuto dagli elettori (anche se con l'ultima legge elettorale questo mandato è totalmente inficiato dalla impossibilità per l'elettore di scegliere).

Vorrei riportare alcuni frasi, liberamente estratte dall'intervento di Piero Calamandrei, esponente del Partito d'Azione, un partito che non ebbe seguito, forse per la forte connotazione intellettuale dei suoi aderenti, figura eminente di giurista, che in comune con il premier in carica credo abbia unicamente il fatto di essere nato in Toscana. L'insegnamento politico di Camandrei resta tuttora di estrema attualità. Il discorso fu pronunciato all'Assemblea Costituente il 4 marzo 1947.

"Siamo qui a fare una specie di esame di coscienza, poiché, in sostanza questo progetto di costituzione, sul quale siamo chiamati a discutere, esce da noi, è creato da noi, non dal Governo. Le critiche che noi rivolgeremo ad esso saranno critiche rivolte a noi stessi; dovranno dunque essere, critiche costruttive”. “Questo progetto, come voi sapete, non è nato di getto, tutto insieme; non è stato concepito in maniera armonica, unitaria. Il lavoro di questo progetto si è dovuto svolgere necessariamente nell'interno di diverse Sottocommissioni e delle sezioni di esse, e di più ristretti Comitati; in tante piccole officine, in tanti piccoli laboratori, ciascuno dei quali ha preparato uno o più pezzi di questo progetto”. “Questo progetto di Costituzione non è l'epilogo di una rivoluzione già fatta; ma è il preludio, l'introduzione, l'annuncio di una rivoluzione, nel senso giuridico e legalitario, ancora da fare”.

“In questa Assemblea, non c'è una sola volontà, ma centinaia di libere volontà, raggruppate in decine di tendenze, le quali non sono d'accordo su quello che debba essere in molti punti il contenuto di questa nostra Carta costituzionale”.

“La parte positiva della nuova Costituzione, voi lo sapete, si chiama Repubblica, si chiama sovranità popolare, si chiama sistema bicamerale, si chiama autonomia regionale, si chiama Corte costituzionale”.

“Non dobbiamo curarci della attuazione immediata di queste pseudo norme giuridiche contenute in questo progetto: dobbiamo pensare ai posteri, ai nipoti, e consacrare quei principi che saranno oggi soltanto velleità e desideri, ma che tra venti, trenta, cinquanta anni diventeranno leggi. Dobbiamo così illuminare la strada a quelli che verranno”.

“Nel discutere di questi argomenti io ho sempre sostenuto che, per preparare il testo di una nuova costituzione democratica, sia più opportuno e più prudente muovere dal punto di vista della minoranza (non mi è difficile, dato il partito al quale appartengo!), di quella che potrà essere domani la minoranza, in modo che le garanzie costituzionali siano soprattutto studiate per difendere domani i diritti di questa minoranza. Il carattere essenziale della democrazia consiste non solo nel permettere che prevalga e si trasformi in legge la volontà della maggioranza, ma anche nel difendere i diritti delle minoranze, cioè dell'opposizione che si prepara a diventare legalmente la maggioranza di domani. Ma queste, mi è stato detto, sono astrattezze da giuristi; e questo voler introdurre negli organi di controllo e di garanzia elementi tecnici invece che politici, è contrario ad una costituzione democratica in cui la politica deve penetrare tutti i congegni. Non sono di questa opinione: io ritengo invece, e avrò occasione di tornar su questo argomento nella discussione speciale, che proprio la salvaguardia di certi diritti contro le inframmettenze politiche sia uno dei requisiti fondamentali di un ordinamento democratico: e che sia quindi necessario in chi prepara questo ordinamento uno spirito, direi, di umiltà minoritaria”.

“Lo stesso spirito credo che debba esser portato nell'esaminare il problema dell'autogoverno della Magistratura. Io sono stato uno dei sostenitori di questo autogoverno, che il progetto ha accolto soltanto in parte. Il Consiglio Superiore della Magistratura, che secondo il progetto proposto da me, avrebbe dovuto esser composto unicamente da magistrati eletti dalla stessa Magistratura, sarà invece composto, per metà, di elementi politici eletti dagli organi legislativi”.


"Per questo noi avevamo sostenuto durante la discussione alla Seconda Sottocommissione(in verità però senza insistervi molto, perché ci trovammo subito isolati), qualche cosa che somigliasse ad una repubblica presidenziale o per lo meno a un governo presidenziale, in cui si riuscisse, con appositi espedienti costituzionali, a rendere più stabili e più durature le coalizioni, fondandole sull'approvazione di un programma particolareggiato sul quale possano lealmente accordarsi in anticipo i vari partiti coalizzati. Ma di questo, che è il fondamentale problema della democrazia, cioè  l problema della stabilità del Governo, nel progetto non c'è quasi nulla.”

“E infine c'è il problema dei partiti, del quale già vi ha parlato il collega Bozzi. Ricordo che nel grande discorso di chiusura della Consulta fatto da Vittorio Emanuele Orlando, non mancò un acutissimo accenno a questo fondamentale carattere delle società contemporanee che è il passaggio di gran parte della vita politica nei partiti ed il loro inserirsi nella vita costituzionale: quando si uscì da quellamemorabile seduta, eravamo tutti pieni di ammirazione per il grande maestro, che con sensibilità giovanile aveva subito colto quella che è la novità più profonda della situazione costituzionale italiana: i partiti. Avrebbe dovuto esser vanto della nuova Costituzione italiana riuscire ad inquadrar questa realtà nei congegni giuridici: i partiti, in realtà, come voi sapete, sono le fucine in cui si forma l'opinione politica, e in cui si elaborano le leggi: i programmi dei partiti sono già progetti di legge. I partiti hanno cambiato profondamente la natura degli istituti parlamentari.Vedete: qui mentre io vi parlo (e vi ringrazio della indulgenza con cui mi ascoltate), so benissimo che anche se arrivassi a convincervi cogli argomenti che vi espongo, essi non varranno, se non corrispondono alle istruzioni del vostro partito, a far sì che, quando si tratterà di votare, voi, pure avendomi benevolmente ascoltato, possiate votare con me. E allora io mi domando: se le discussioni si fanno nell'intento di persuadersi, a che giova continuare qui a perdere il tempo nel parlare e nell'ascoltare, quando le persone qui riunite sono già persuase in anticipo su tutti i punti? Questa è la conseguenza dell'esistenza dei partiti: dei quali non si può dire se sia bene o male che ci siano; ci sono, e questa è la realtà. E allora si sarebbe desiderato che nella nostra Costituzione si fosse cercato di disciplinarli, di regolare la loro vita interna, di dare ad essi precise funzioni costituzionali. Voi capite che una democrazia non può esser tale se non sono democratici anche i partiti in cui si formano i programmi e in cui si scelgono gli uomini che poi vengono esteriormente eletti coi sistemi democratici. L'organizzazione democratica dei partiti è un presupposto indispensabile perché si abbia anche fuori di essi vera democrazia.”

“Se noi siamo qui a parlare liberamente in quest'aula, in cui una sciagurata voce irrise e vilipese venticinque anni fa le istituzioni parlamentari, è perché per venti anni qualcuno ha continuato a credere nella democrazia, e questa sua religione ha testimoniato con la prigionia, l'esilio e la morte. Essi sono morti senza retorica, senza grandi frasi, con semplicità, come se si trattasse di un lavoro quotidiano da compiere: il grande lavoro che occorreva per restituire all'Italia libertà e dignità. Di questo lavoro si sono riservata la parte più dura e più difficile; quella di morire, di testimoniare con la resistenza e la morte la fede nella giustizia. A noi è rimasto un compito cento volte più agevole; quello di tradurre in leggi chiare, stabili e oneste il loro sogno: di una società più giusta e più umana, di una solidarietà di tutti gli uomini, alleati a debellare il dolore.Assai poco, in verità, chiedono a noi i nostri morti. Non dobbiamo tradirli.”

(Vivissimi, generali applausi — Moltissime congratulazioni.)

(per chi volesse prendere visione del progetto discusso in Assemblea costituente http://legislature.camera.it/_dati/costituente/lavori/ddl/00nc.pdf).

PS: invieremo a chi facesse richiesta alla redazione i testi degli interventi dei personaggi citati all'inizio dell'articolo.


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