Mobilità alternativa
(Adalberto Belfiore)
Non fraintendiamoci, non è perché le nuove linee metropolitane manco a dirlo non saranno pronte a tempo e non sapremo mai quanto ci costeranno davvero: io a vedere L'EXPO nemmeno mi sogno di andarci, figuriamoci in automobile. Alla larga! Già mi sentivo a disagio nella vecchia Fiera Campionaria, e non avevo l'età che ho adesso. Mi ci portarono un paio di volte. Brrr, quei torrenti di folla accaldata che sgomitava per riempirsi le borse di dépliant e ammennicoli vari! Li distribuivano a piene mani belle ragazze, anche allora. Me ne viene in mente uno che pubblicizzava un sistema automatico per far suonare le campane. Din don din dan! Ed eccola lì, me la ricordo benissimo ora: una grande campana di bronzo decorata a sbalzo proprio in mezzo al viale dell'Industria che suonava comandata da un apparato elettromeccanico. Al campanaro bastava selezionare la melodia e il gioco era fatto, senza aver più da restare aggrappato al cordone. Bel progresso, niente da dire. Un richiamo alla messa, un avemaria, un suono a distesa e dal flusso di folla saltavano fuori, con tanto di tonaca e aria beata, quantità insospettate di preti pronti a provarlo, l'ingegnoso apparato. E perfino a comprarlo, per la gioia dei parrocchiani e dei campanari! Erano altri tempi, d'accordo, c'erano il boom e la Diccì. Però, din don dan, che meraviglia la modernità se illuminata dalla fede cristiana. Forse la fede non c'entra ma a quei tempi felici, non ci si crederà, a chi li dava via, i dépliant e gli ammennicoli, lo pagavano pure. Anche le mazzette pagavano già allora, certo, ma almeno ai giovani il lavoro capitava di trovarlo, e presto perfino, se dotati di buona volontà e un opportuno viatico.
Ora la Diccì non c'è più e i viatici
del parroco non sono up to date. E allora din don dan,
illuminazione! a qualcuno è venuta la splendida idea del
Volontariato. Chi non ha visto per le strade della nostra Zona come
in tutta Milano (ma forse anche altrove, data l'immensa portata dello
storico evento) quei bei manifesti pieni di giovani sorridenti e
idealisti (almeno a giudicare dagli sguardi sereni, ispirati, decisi)
e per giunta declinati in tutti i colori propri dell'epidermide
umana? Con l'EXPO potrò conoscere un milione di persone in poco
tempo, farò esperienza, metterò in mostra le mie capacità e...
non sarò pagato una lira, che d'altronde manco c'è più. Meglio
comunque che stare in casa o per la strada a fà flanella,
come si dice a Milano. Bella specie di mobilità
alternativa. Grande idea, chissà chi l'ha partorita: il lavoro come
grande social network. Così viene virtualizzato anche il
salario. Mica ti pagano se stai a rincoglionirti otto ore al giorno
su Fessbùk e allora perché mai darti qualcosa adesso che puoi
sgranchirti le gambe e venire fino a Rho a conoscere gente? Semmai un tablet, ma solo per i più bravi, quelli che magari sanno
anche dare la zampa. Sarebbero questi i nuovi posti di lavoro? Mi sa di sì, perchè dei centomila promessi, a oggi l'EXPO ne ha creati ben 3442.
Ma cosa diavolo c'entra tutto questo con la mia nuova automobile? C'entra, perché ai miei tempi il volontariato era qualcosa fatto a favore di soggetti che ne avevavano assoluto bisogno, magari per l'assenza o la debolezza delle pubbliche istituzioni, e a me volontariato è capitato di farne in Italia e in molte altre parti del mondo, guidando automobili, camion e camionette sulle strade più dissestate e pericolose, nei deserti, sulle montagne, perfino in zone di guerra. Qui sta il punto, molto poco idealista, per quel che riguarda questo sciocco racconto: pochi lo sanno, ma se per cinque anni non assicuri un'automobile devi ripartire da zero, con la classe di merito più alta, come un neopatentato. Poco importa se noleggi o se c'è il car sharing e puoi aver guidato tanto anche senza avere un'auto privata, oppure appunto se hai continuato a farlo nel vasto mondo. Il tuo contributo alle Assicurazioni, volente o nolente, lo devi dare. E non ti difende nessuno, tantomeno il giovane Renzi o un qualunque catricalà.
Qualcosa di simile, ma con più vaselina, faranno quei fortunati che lavoreranno gratis per l'EXPO: daranno un contributo al sistema. Dev'essere davvero una grande mente quel creativo che ha partorito l'idea. Ora infatti ha i bollini di tutti i partners, siano essi imprese private (passi, quelle ce provano sempre, è la loro natura) o pubbliche istituzioni: Ministero dell'Economia e delle Finanze, Regione, moritura Provincia, Camera di Commercio e naturalmente Comune arancione della Milano dove l'aria doveva cambiare. Tutto ciò mi ricorda Dario Fo, grande irriverente. Tutti uniti, tutti insieme! recitava un titolo del vecchio giullare, ma scusa, quello non è il padrone?
Già,
chi è il Padrone, chi tira le fila in questa storia dell'EXPO? Non
quella faccia da pesce, bollito ma sempre ottimista,
dell'Amministratore delegato che vada come vada si pappa la sua bella fetta,
per giunta perfettamente legale, sotto forma di lauto compenso
(270.000 + 130.000 all'anno, dico bene?). Non quell'altro marpione
che l'ha preceduto (chi si ricorda del nome?) che dopo aver fatto
perdere una montagna di tempo se n'è andato con la sua buonuscita,
non quei mariuoli che hanno appena pizzicato con le mani nel sacco,
non la Moratti e il Formigoni che non ci son più, né il (du) Maroni che purtroppo
c'è eccome, né il tenero Giuliano che doveva esserci e poi molto
non c'è (tant'è vero che preferisce un canale di scolo che non
serve a niente se non ad affari piuttosto loschi invece di sistemare una buona volta la faccenda
delle esondazioni del Seveso). No, non ce n'è di padroni, ma sono
comunque tutti d'accordo: meglio strapagare i dirigenti e pagare il
lavoro il meno possibile, possibilmente un bel niente. Non somiglia
piuttosto a una specie di bad company quest'impresa
dell'EXPO? I soldi li mette il pubblico, pochi privati (se non li
arrestano prima) guadagnano bene e molti resteranno mazziati a pagare
il conto per gli anni a venire. Insomma, Sistema Italia perfetto e
benedetto dalle massime istituzioni. A proposito di Seveso, ahimé quanta acqua è passata (o quanto poca) nei suoi canali da quando scrivemmo di Expo nel 2011.
Sì,
ma che possono importare sproloqui così qualunquisti agli impegnati,
informatissimi, magari ancora ottimisti lettori di questa rivista?
Nulla certo, e me ne scuso. Volevo solo spiegare perché l'EXPO ha
costretto, me poveretto, a comprare un'auto dopo quasi cinque anni di
ostinata mobilità alternativa. É semplice, ho bisogno di un'auto
per andarmene lontano prima che l'EXPO stesso cominci, direi in
un'amena valle a darmi energia per la vita nutrendo quella piccola
parte di pianeta che coincide con me, possibilmente a kilometro zero,
e lo vorrei fare senza pagare di assicurazione per i prossimi anni, già vecchio, uno sproposito da
neopatentato. Son cavoli miei di cui non importerà nulla a nessuno ma mia figlia, che avrà
diciott'anni alla data fatidica e già parla correntemente tre
lingue, ci andrà lei, se crede, a vedere la Grande Esposizione
Universale, e mi auguro possa essere una bella esperienza. Però, se invece di
buttarsi a lavorare a Londra, Hong Kong o dove le pare, magari in
un pub, magari come
semplice au pair per
iniziare, si fa abbindolare e fa domanda da volontaria per l'EXPO,
capace che la diseredo. Anche questo è spingere per una mobilità
alternativa.
Adalberto Belfiore