Andar per libri: Stoner

Una piccola storia qualunque raccontata con qualità e passione. Aiuta a pensare e a riflettere intorno alle umane cose, e scusate se è poco.

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Punto primo. Non è un libro da ombrellone. Richiede una certa attenzione e partecipazione.
Racconta, con eccellente capacità descrittiva, una storia marginale di un giovane americano nato nel 1891 che frequenta la prima metà del “secolo breve” in qualità di docente universitario di lingua inglese in una piccola università del Missouri.

Ancora un autentico uomo senza qualità che sposa una donna che lo odierà per tutta la vita proprio per averla sposata, che diviene padre di una figlia con cui avrà, sino alla fine dei suoi giorni, un rapporto assolutamente irrisolto, che vive un amore, vero, senza il coraggio di andare contro le convenzioni dell’epoca. Un piccolo uomo, già vecchio a trent’anni, di cui ci sarebbe veramente poco da raccontare.
La sua passione per i classici, i suoi rapporti precari con i colleghi, le angherie di un capo che lo ha scelto come capro espiatorio, senza che William Stoner riesca a ribellarsi o a affrancarsi completamente.

Una piccola storia ignobile, ambientata in una triste cittadina del centro degli Stati Uniti dove giungono a stento gli echi di ciò che accade nel mondo, la Prima e la Seconda guerra mondiale, la grande crisi economica del 1929 e poco altro. Stoner vive con rassegnazione le sue giornate sempre uguali, vessato dalla moglie isterica, incompreso dai genitori secondo i quali non avrebbe dovuto laurearsi in filosofia ma bensì in agraria, lontano da tutto e da tutti. Capace, questo sì, di vivere una breve stagione d’amore con una giovane collega che trova in lui una sponda sicura, sino a quando almeno la società e i suoi perbenisti rappresentanti non li costringono a separarsi. William Stoner è un fatalista, tutto ciò che accade deve accadere, opporsi al proprio destino è inutile e ineluttabile.

Stoner muore così come è vissuto, senza lasciare tracce visibili, tanto meno indelebili.

Per quale motivo avventurarsi nelle 322 pagine di un romanzo in cui almeno apparentemente non succede nulla o quasi? Il racconto accompagna William Stoner, per tutti semplicemente Stoner, dal suo ingresso in Università all’età di 19 anni, nel 1910, sino alla sua morte nel 1956, segnalandone l’esistenza metodica, segnata da pochissimi momenti di passione e di esuberanza. Eppure nel trascorrere di questa vita banale e molto qualunque si manifestano le pulsioni, le incertezze, le frustrazioni, le angosce e le sconfitte di una generazioni intera, di gran parte almeno dell’umanità intera che è fatta più di quotidianità che di eroismi, di banalità che di genialità, di rassegnazione più che di ribellione.

Nella postfazione del libro, Peter Cameron, che afferma di averlo letto ben tre volte, sottolinea: «Non sembra materia troppo promettente per un romanzo e tuttavia, in qualche modo, quasi miracoloso, John Williams fa della vita di William Stoner una storia appassionante, profonda e straziante». C’è da credergli.

L’autore John Williams, nato in Texas nel 1922, ha fatto per gran parte della sua vita l’insegnante universitario. Da qui deriva una conoscenza diretta e profonda di un mondo circoscritto dove, molto spesso, i grandi ideali e le tematiche fondamentali vengono solo enunciati e studiati, poco o quasi mai praticati.

Contrordine: portatevi Stoner sotto l’ombrellone o sotto il vostro abete preferito, quando una lettura è buona è buona dovunque.


John Williams
Stoner
Fazi Editore, € 17,50

Massimo Cecconi


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