Poli spin

Una cella fotovoltaica particolare, che non produce corrente elettrica ma elettroni orientati. Al Politecnico la chiamano "Pila di Volta" della spintronica, la frontiera (aperta) che comincia a rivoluzionare computer e telefonini. ()
Polimi Spin

Un minuscolo chip di memoria, di quelli che stanno dentro i nostri computer o telefonini (e magari nemmeno lo sappiamo) che aggiorna miliardi di informazioni elementari senza usare la corrente elettrica. Vicino a lui una sorgente fotovoltatica, anche solare, che genera “correnti di spin”, flussi di elettroni polarizzati verso su o verso giù, infinitesimi aghi magnetici che si muovono in modo opposto, vanno nelle celle elementari della memoria, cambiano il loro verso magnetico, quindi scrivono (o leggono) le nuove informazioni. Risultato: una memoria che non opera più per correnti elettriche ma per correnti di spin, con potenziali benefici per quanto riguarda il basso consumo energetico. Per esempio in un futuribile di computer con ore e ore di autonomia, cellulari che durano settimane, e ambedue a durata di vita più alta.

Il Politecnico di Milano, con il laboratorio Lness del Dipartimento di Fisica è da anni impegnato, con le prime ricerche avviate da Franco Ciccaci negli anni 90, in questo campo detto “spintronica”. E pochi giorni fa, insieme all’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR, ha annunciato un deciso passo avanti in materia, e di livello internazionale. Ovvero il primo dispositivo fotovoltaico al mondo capace di produrre una corrente “spintronica”. <Che non va confusa con una corrente elettrica _ spiega Marco Finazzi, membro del team di ricercatori che, insieme a Franco Ciccacci, Federico Bottegoni, Michele Celebrano, Monica Bollani, Paolo Biagioni e Giovanni Isella ha firmato l’articolo di annuncio su Nature _ è una corrente, per dirla così, di nano-calamite, di flussi di elettroni orientati in un verso o in un altro. Ogni elettrone può assumere, infatti, solo due stati magnetici, con un suo “polo nord” verso l’alto o verso il basso. E il nostro dispositivo agisce come una cella fotovoltaica ma non eccita gli elettroni per produrre corrente, genera invece due popolazioni di elettroni con spin opposto, che innescano questa particolare corrente>. Che potrà modificare le informazioni, per esempio, contenute in una memoria spintronica.

<Il magnetismo, poi, mantiene l’informazione stabilmente. Prima era necessario usare correnti elettriche per cambiare lo stato magnetico delle memorie. Ora invece abbiamo sviluppato la prima sorgente, a basso costo, per le correnti di spin. Una sorta di “pila solare” per tutta la spintronica>. Un mattone decisivo per lo sviluppo di questa frontiera.

Il vantaggio più prevedibile oggi sta nel deciso risparmio energetico, saltando la conversione da elettricità a magnetismo. <Basti pensare agli attuali microprocessori – continua Finazzi – sono delle stufette, consumano decine di watt, dissipano calore in quantità, e spesso hanno bisogno di grosse ventole di raffreddamento. In futuro, con la spintronica, tutto questo potrà essere superato. Si muoveranno solo elettroni non carichi e informazioni orientate, con un consumo energetico ben più ridotto>.

Sono solo esempi. <In realtà oggi la spintronica è un campo altamente esplorativo - rileva Finazzi - Non si può dire cosa esattamente succederà. I filoni di ricerca sono multipli. E le possibilità aperte. Il nostro è però un mattone essenziale. Prima si cercava di progettare le lampadine senza avere la pila elettrica. Ora invece questa c’è>.

Ed è come una cella fotovoltaica, basata su germanio e platino, che lavora a temperatura ambiente (niente costosissima criogenia, propria di tentativi precedenti), <è facile da integrare con l’elettronica attuale e costa relativamente poco>.

E costerà ancora meno, perché il team ora sta lavorando, invece che sul raro germanio, sull’abbondante silicio. <Il nostro dispositivo non dovrebbe funzionare sul silicio – rileva Finazzi – ma invece pare funzionare, e pure bene. Ma non abbiamo ancora capito perché>.

<E poi c’è la ricerca  di uno scienziato statunitense secondo cui si può alimentare un laser con una corrente di spin, con un consumo energetico nettamente inferiore. E già sono stati realizzati dei primi esemplari. Il ricercatore Usa ci ha subito scritto per il nostro generatore. Poi c’è un collega di Grenoble che pensa di usarlo per cambiare l’informazione di un nucleo magnetico. Sono prospettive in atto.  Noi non sappiamo cosa farà la comunità di ricerca della nostra sorgente>.

Resta il fatto che già il primo prototipo presenta, alle prime stime, un’efficienza di almeno il 20%. <Ogni fotone eccita gli elettroni, come nelle celle fotovoltaiche normali, ma, a differenza di queste, la geometria particolare della cella genera spin predefiniti, e non casuali. Il risultato complessivo è piuttosto buono, per un primo prototipo, ed è superiore ad altre soluzioni per le correnti di spin>.

<Altra caratteristica saliente del generatore è che può essere miniaturizzato al punto da essere inserito in un circuito integrato, come un normale microcomponente dentro la schedina elettronica di un telefonino>. Prima, le soluzioni disponibili puntavano su sistemi criogenici, raffreddati con azoto liquido.

La spintronica è ricerca,  però ha già al suo attivo passi avanti tangibili. Come le testine degli hard disk spintroniche che hanno fruttato il Nobel 2007 a Albert Fert e Peter Grünberg (magnetoresistenza gigante a effetto tunnel) <dispositivi di lettura magnetici che oggi consentono di avere dischi a basso costo con capacità di un terabyte. Oggi possiamo comprarli. Ma erano impensabili dieci anni fa>.

Forse la “pila solare” spintronica del Politecnico di Milano potrebbe entrare nel novero di questi passi avanti. <Finora nessuno è ancora riuscito a mettere a punto un transistor a spin. Anche perché era difficile alimentarlo. Ora questo vincolo non c’è più. Del resto anche prima della pila di Volta era duro studiare l‘elettricità>.

Beppe Caravita

 

 

 


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