Andar per libri. Tre sentieri per il lago

Continua l’attività del Gruppo di lettura sulla letteratura contemporanea di lingua tedesca organizzato presso la Vineria di Via Stradella. Eccoci al secondo appuntamento.
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Ingeborg bachmann
Nata nel '26 a Klagenfurt in Austria e morta nel '73 a Roma, Ingeborg Bachmann è considerata uno dei più grandi poeti moderni e la più importante scrittrice di lingua tedesca del Novecento.
Esordì negli anni '50 come poetessa, ottenendo subito vasti riconoscimenti. Poi, sul finire di quegli anni iniziò a dedicarsi alla prosa e, nel '61, uscì la sua prima raccolta di racconti: “Il trentesimo anno”.
Successivamente si concentrò su un ciclo narrativo, fatto di racconti e romanzi, centrato su figure femminili allo stesso tempo in fuga da se stesse e alla ricerca di se stesse, occupate da un confronto, anche spietato, con le proprie origini, con la propria condizione, e con i propri sentimenti, nel quale si rispecchiano vicende e vissuti che la Bachmann si trovò ella stessa a vivere in prima persona.
E, di tale ciclo, ne fa parte, a pieno titolo, “Tre sentieri per il lago”, una raccolta di 5 racconti - di cui l'ultimo dà il titolo alla raccolta - nei quali la Bachmann “ritrae” cinque diverse donne che si trovano a vivere una condizione esistenziale contrassegnata dall'estraneità verso ciò che le circonda.

Si tratta di donne che, per motivi diversi, sono prigioniere di se stesse, come rinchiuse nella e dalla loro stessa interiorità. La Bachmann esaspera volutamente questi suoi personaggi, creando dei casi – limite, talora grotteschi, ma anche molto simbolici, per mettere meglio a fuoco la loro condizione che rende queste donne sole con i loro pensieri e con i loro sentimenti. E' come se fossero tutte impossibilitate a insediarsi nella realtà  e ciò in tutte le sfere della loro vita: personale, relazionale, sentimentale, diventando proprio questa impossibilità la loro realtà.

E così nel caso di Nadja, la protagonista del primo racconto: “Simultaneo”, è il senso di spaesamento che si è impossessato della sua vita, essendo Nadja, con quel suo lavoro di traduttrice simultanea internazionale sempre in giro per il mondo, una donna che ha perso la sua identità, metafora quel lavoro, dell'impossibilità di affermare se stessa e di affermare delle appartenenze, vivendo, come ella vive, una condizione di sostanziale incomunicabilità.

Nel caso di Beatrix la protagonista di “Problemi problemi” l'estraneazione assume tratti totalizzanti e regressivi dato che “il sonno era diventato per lei l'unica cosa per la quale valesse la pena di vivere”. Ma il suo rifugiarsi nel sonno è l'unico suo momento di interiorità perchè Beatrix non ha bisogno di niente e di nessuno. La sua è un'impossibilità di amare che si tramuta in un patologico e narcisistico rispecchiamento di sé, un chiudersi, usando un linguaggio odierno, in un suo mondo virtuale.

Nel caso della “vecchia signora Jordan”, la protagonista di “Latrato”, l' autoreclusione esistenziale nel non detto coincide con la paura che ella prova per il figlio Leo, un famoso psichiatra che ella teme la voglia chiudere in un ospizio, ed è simbolizzata dal suo cane Nuri: “ogni volta che Leo veniva, bastava che si avvicinasse alla porta e subito Nuri gli saltava addosso abbaiando come un matto”.

Nel caso di Miranda, la protagonista di “Occhi felici” la sua abdicazione al mondo e la sua sopravvivenza nel mondo si manifesta letteralmente come rinuncia di “vedere” il mondo. Una sorta di autoprotezione psicosomatica che la porta, lei che ha un'accentuata miopia, a perdere continuamente gli occhiali: “poichè Miranda non tollera la realtà”. Ma a forza di rifiutarsi di guardare Miranda perderà ciò che più le sta a cuore: l'amore e la presenza del suo Joseph, il suo punto d'appoggio nella realtà, che finirà sotto i suoi occhi fra le braccia di un'altra.

E, infine, l'ultimo racconto che è il più ampio e corposo in cui la ferita di cui è oggetto tocca un aspetto fondamentale della biografia di  Ingeborg Bachmann e cioè il suo rapporto conflittuale e di sradicamento con l'Austria.
In questo racconto il grumo oscuro è proprio il rapporto irrisolto con le proprie radici che, rimosse, riemergeranno come un elemento identitario di cui Elisabeth, la protagonista del racconto, prenderà consapevolezza: “C'era una sola cosa che non poteva rinnegare e questa era la sua morale, perchè la morale veniva da qui”, ma ciò al di là di qualsiasi concreta e ed effettiva riconciliazione e di qualsiasi possibile reinsediamento.

Nel racconto Elisabeth, tornata nella casa paterna, per far visita al padre, ripercorre in quei suoi luoghi d'infanzia un flash-back della sua vita da cui traspare lo scarto tra l'esteriorità dei suoi successi professionali e l'incompiutezza e carenza che a livello interiore la sua vita le ha dato.
Mettendola sullo sfondo di una condizione di esilio dalla storia vissuto dal suo paese a partire dal disfacimento dell'Impero Asburgico, la Bachmann fa constatare al suo personaggio la condizione di esilio esistenziale in cui aveva sin lì vissuto e che in realtà aveva fatta propria con quel suo continuo girovagare per il mondo per quel suo lavoro di fotografa  di guerra, fino a diventare l'esilio della donna dal mondo maschile, rappresentato dalle complesse vicende sentimentali di Elisabeth con gli uomini. Ella capirà di essere stata e di essersi sentita sempre “straniera dappertutto” e che, alla fine, “quell' estraneità era il suo destino”, un destino ormai irrevocabile.
In questo senso Elisabeth risulterà l'unica delle protagoniste dei diversi racconti che darà riconoscimento alla propria interiorità e alla propria condizione, facendo una dolorosa quanto lucida presa di coscienza su di sé.


Ingeborg Bachmann
Tre sentieri per il lago
 Adelphi


(Raffaele Santoro
)

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