Una serata con la testa in Europa
Qualcuno ci ha ritrovato il clima che si respirava nella primavera del 2011, per Pisapia sindaco. Sale piene, entusiasmo, voglia di scrollarsi di dosso un brutto passato, di delusioni e truffe. Così è stato ieri sera, mercoledì 5 marzo, all’auditorium Valvassori Peroni per la presentazione alla zona 3 della lista Tsipras, e l’avvio del connesso comitato elettorale. Stiamo parlando delle prossime elezioni europee del 25 maggio, un evento vissuto quasi di routine, se non con noia, negli anni passati.
Stavolta no. Questa tornata per Bruxelles sembra proprio importante. E le 250 persone convenute nell’auditorium per ascoltare Moni Ovadia, Roberta de Monticelli e Andrea di Stefano sembrano proprio confermarlo.
Sul piatto infatti c’è un progetto di uscita dalla crisi che ormai da sei anni attanaglia tutto il Sud Europa: Portogallo, Spagna, Italia, Grecia (oltre ai notevoli malesseri francesi).
Per questo le forze di sinistra europee hanno deciso di unire le forze, e di eleggere a proprio campione Alexis Tsipras, il giovane leader greco che ha già compiuto, in casa sua, un inedito miracolo. Unificando i partitini frammentati del passato in Syriza, che alle ultime elezioni è divenuta di colpo la prima forza politica greca.
Un segnale raccolto, in Italia, da un comitato di intellettuali: Barbara Spinelli, Andrea Camilleri, Moni Ovadia e Adriano Prosperi. Poi appoggiato da forze politiche come Sel e Rifondazione. Ma anche da Giustizia e Libertà, Comitato per l’acqua pubblica e altre organizzazioni. E proprio ieri la presentazione delle liste elettorali, formate quasi del tutto da esponenti della società civile, pronti a battersi per un progetto di reale soluzione della crisi.
Di qui il punto, primo e discusso nell’assemblea di ieri. Tsipras si presenta con dieci impegni piuttosto chiari. Centrati sulla fine di quella austerità distruttiva che, invece di risolvere la crisi, l’ha aggravata. Dalla distruzione di ogni servizio pubblico in Grecia (persino i vaccini e le medicine per i bambini, fino all'impennata del 40% della mortalità infantile), alla disoccupazione di massa, giovanile e non, in Spagna e Italia. Fine dell’austerità, New Deal europeo, credito alle piccole e medie imprese, alt al Fiscal Compact, il regime di controllo fiscale spietato sugli stati, una banca centrale europea realmente autonoma (e non sotto scacco della Bundesbank), ma in grado di immettere liquidità nell'eurozona come avviene in Usa e Giappone (economie in ripresa), e infine una conferenza del debito europeo.
Un pacchetto di misure keynesiano, nulla di eversivo, una terapia già indicata da economisti come, per citarne solo uno, il Nobel Paul Krugman dalle colonne del New York Times. Una risposta già ben sperimentata nel 1934 da Franklin Delano Roosvelt o persino da Donato Menichella e Ezio Vanoni alla ricostruzione dell'Italia nel 1946. Ma anche un progetto unico oggi tra quanti si presentano alle europee, evidentemente annebbiati da sogni (o incubi) ideologici o particolari. Che non rifiuta l’Europa e l’Euro ma rivendica una profonda riforma di ambedue. Per superare la lunga stagione del neoliberismo, delle crescenti diseguaglianze, dello spazio, nel nome del dio mercato, alla corruzione e all’illegalità.
<Il neoliberismo è un’ideologia, non è scienza economica – dice Andrea di Stefano – non ha nessun fondamento scientifico. E’ stato l’ombrello sotto cui si è data mano libera alle lobby finanziarie. hanno creato giganti che prendono i soldi dei risprmiatori per speculare impunemente. Ora sono necessarie reali strutture di controllo. Ma non abbiamo bisogno soltanto di una manovra keynesiana. E’ necessario puntare a un reddito minimo garantito europeo, e salari minimi come quelli imposti da Obama. Abbiamo bisogno di una carbon tax per sostenere e finanziare la riconversione verso un’economia sostenibile. Abbiamo bisogno di attivare progetti europei oggi sulla carta, come le reti elettriche avanzate (smart grid) per la gestione delle energie rinnovabili, la mobilità sostenibile, l’agroalimentare di qualità, le reti di produzione e di consumo solidali>.
Una prospettiva, quella dell’economia sostenibile, contenuta nel progetto Tsipras, ma che per Di Stefano ha bisogno di azioni anche al di là dei dieci punti.
Dall’economia alla politica il passo è infatti breve.
Il secondo passo è la domanda che ha percorso la sala (e che molti si fanno, memori di esperienze precedenti da dimenticare): va bene, votiamo Tsipras, questa bella lista di sinistra e questo bel progetto. Ma sarà la solita testimonianza, sarà il solito raggruppamento puro ma marginale mentre le vere scelte a Bruxelles le faranno altri?
I dati. La crisi sta mettendo a rischio tutta la costruzione comunitaria. Oggi è favorevole all’Unione europea solo un cittadino su tre nei 27 stati, contro il 52% nel 2007. Ben venti punti persi in sette anni. I più recenti sondaggi elettorali oscillano intorno a uno scenario in cui i partiti socialdemocratici dovrebbero crescere intorno al 30% dei 751 seggi. Ma, all’altro estremo, i partiti euroscettici (dai conservatori indipendentisti inglesi al Cinque Stelle italiano) e di estrema destra (dal Front National francese ad Alba Dorata greca) potrebbero persino balzare al 25%, a spese del centrodestra. In pratica l’Europarlamento, da decenni saldamente in mano ai centristi, ne uscirebbe completamente rivoluzionato, e ai limiti dell’ingovernabilità. E una lista Tsipras di sinistra pro-Europa (ma un'altra Europa) anche con il 5% potrebbe essere determinante per i nuovi equilibri. E Tsipras stesso ha dichiarato di voler aprire un tavolo, subito dopo il voto, con Martin Schultz, il candidato dei socialdemocratici.
<Dobbiamo renderci conto della realtà – dice Ovadia – C’è una vera battaglia politica di fronte a noi. Bisogna re-istituire le ragioni e la cultura della sinistra, quella vera. Contro un trend molto pericoloso che in tutto il continente fa leva sulla sofferenza della crisi per sfociare in razzismo. Noi invece siamo gli unici a tornare alla centralità dell’individuo, concretamente. E’ chiaro che dovremo allearci, e aprire una trattativa. Ma senza capitolare sulle nostre idee e i nostri principi. Questa volta possiamo farlo, abbiamo un programma chiaro, che comunica>.
<La vittoria della lista Tsipras può fare la differenza. Ma il punto non è solo economico – dice De Monticelli – è anche politico. La costruzione europea è ancora imperfetta, il parlamento di Bruxelles è debole. Per attuare i dieci punti è necessario un salto di qualità decisionale>.
Certo. Chi verrà eletto si scordi una sinecura costellata di viaggi aerei, andata e ritorno. A parte Moni Ovadia (che per necessità si presenta solo per dare forza alla lista, come la Spinelli) che l'eletto (o gli eletti del collegio Nord-Ovest) siano Curzio Maltese o Giuliana Sgrena, Alfredo Somoza o Nicoletta Dosio, la legislatura europea sarà, per le ragioni sopra esposte, alquanto tosta. Ma, potenzialmente, anche esaltante.
Si tratterà di vincere sul campo due follie combinate. Da un lato la robotica neoliberista che ha preso a trattarci come numeri (“produci, consuma e crepa” nella dizione di Ovadia) e dall’altro la follia razzista, l’incubo del diverso, in un mare Mediterraneo che è già tomba di 20mila esseri umani. Contrapporre a queste malattie un programma di investimenti pubblici, anche di semplice manutenzione delle infrastrutture, di sostegno a successi come Erasmus (che ha fatto nascere una generazione di giovani europei), come le reti di ricerca, il sostegno alle università e alla cultura, la spinta sul consumo consapevole e la produzione sostenibile, insomma al meglio d’Europa, è il messaggio vero di questa ricca serata all’auditorium della Zona 3.
Beppe Caravita