Musica.Milano.Mondo: Taraf de Gadio

Alle origini della musica tzigana, un complesso “gaggè” coinvolgente e saettante. Musica per funerali e matrimoni come nella migliore tradizione balcanica. ()
Taraf de Gadjo foto

Il ritmo frenetico delle danze intorno al fuoco, gli strumenti dal suono arcaico, magico, seducente, musica potente e misteriosa che si perde nella notte dei tempi…Incontrando ebrei dell’est Europa con la malinconica seppur travolgente musica klezmer.

Domenico Mancini e Eliana Floris (violini), Alessandro Nosenzo (chitarra) e Guerino Tresco (contrabbasso) compongono questo vibrante quartetto abruzzese dotati di una caratteristica precipua: tutti sono di estrazione classica, hanno studiato, suonano in diversi ensemble e sanno comporre e arrangiare, tanto quanto buttar lì, con nonchalance, passaggi vivaldiani tra le scale d’oriente del Vecchio Continente.

Taraf de Gadjo sta ad indicare una formazione orchestrale tzigana (taraf) composta da musicisti non rom (gaggè): “…il nostro spettacolo si incentra in particolar modo sulla musica Romani dell’aria compresa tra Ungheria, Romania e Russia; nonché brani della tradizione klezmer Manouches, detta anche Gypsy Jazz”.

I nostri producono brani incantevoli, ammalianti, che promanano libertà con una forza coinvolgente senza pari, carica di pathos, di vitalità e passione.

La scelta di coniugare questa miscellanea musicale al klezmer, la musica popolare strumentale dell’est Europa, nasce dal fatto che nell’uno e nell’altro caso abbiamo musicisti che per scelta o costrizione sono in continuo movimento.

Musicisti itineranti che portavano la musica secolare (vocale e strumentale) nei matrimoni e nelle feste e vi ritroviamo contemporaneamente elementi tedeschi, magiari, boemi, bulgari, transilvani, turchi, greci, ucraini.

Musica, quella comunemente appellata come tzigana, che proviene dalle lontane terre del nord-ovest indiano, il Rajasthan, da cui viene originariamente il “popolo del vento”, le cui note ci sono giunte in forma orale, mai scritta: molti musicisti tutt’oggi non sanno leggere gli spartiti.

Nei numerosi stili che vi si intrecciano (e che i Taraf ben ripropongono) si possono riconoscere vari elementi in comune, prima fra tutte la pratica molto frequente dell’improvvisazione, con rapidi cambi di tempo, ritmi assai sostenuti, talvolta note lunghe e appassionate, un alto grado di virtuosismo, una forte sensibilità quasi sentimentale e una ricca ornamentazione, fatta di cesellature e arabeschi. Talvolta inoltre le esecuzioni vengono arricchite da suoni prodotti con qualsiasi mezzo si abbia a disposizione, dalla percussione di una vecchia lattina al battito di mani, caratteristica questa davvero “spettacolare” delle esibizioni dal vivo dei nostri, la cui caratteristica di essere musicisti di musica colta non è casuale.

La presenza della musica zingara è presente in Europa sin dai primi del 1400 ed ha contaminato, da subito, la musica di corte occidentale, rinnovando il proprio stile e i propri ritmi.

Molti grandi compositori come Schubert e Beethoven, adottano finali “all’ongarese” (tzigani) e Liszt ebbe tra i suoi maestri di musica un rom ungherese.

Le orchestre zingare, composte principalmente da due violini, un contrabbasso e un cimbalo, si resero indispensabili nei balli, nelle feste pubbliche e private, nelle nozze paesane, nelle osterie e nelle dimore dei magnati.

I Lautari poi (gli antichi menestrelli che mettevano in musica i fatti della vita) sono diventati gli esecutori della musica tradizionale rumena.

Attualmente i Lautari si uniscono in formazioni di varie dimensioni chiamate Taraf, con le quali girano i villaggi per suonare ai matrimoni, battesimi, funerali e feste varie, con un patrimonio che si tramanda oralmente.

Taraf de Gadjo o della commistione, culturale e sociale. Da non perdere dal vivo.

Con le loro note che scorrono, saettano, scivolano, si fermano, saltano, volano e poi giù di nuovo in un gorgoglio di suoni, arabeschi nell’aria in chiave di violino, ritmo incalzante di musiche etniche per confluire nel finale in un travolgente oci ciornie.


(Amerigo Sallusti)



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