Se la M4 si ferma che cosa c'è sotto?
Rischia di essere una ben magra soddisfazione però, perché sotto questa (non ancora ufficiale) decisione si percepisce una situazione non del tutto chiara, che rimanda ancora una volta al modo in cui la Moratti e il centrodestra hanno amministrato il Comune di Milano negli anni passati. Per dirla in sintesi: sembrano emergere elementi che fanno pensare a un'operazione costruita più sugli interessi e le convenienze dei costruttori privati che su quelli della città. Perchè ad esempio a Milano, c'è chi dice sia l'unico caso al mondo, la costruzione delle nuove linee metropolitane grava sulle finanze pubbliche sia dal lato del capitale (investimento) che da quello della gestione (canone)? Secondo la rivista Altreconomia proprio a una disproporzione a favore del privato fa pensare l'analisi di quanto è successo e sta succedendo all'altra nuova linea, la M5 o Lilla, già operativa nella prima tratta da Bignami a Zara: consigliamo vivamente di dare un'occhiata al relativo video di cui qui trovate il link. Qualcuno dice che perfino in Sudamerica la finanza di progetto è costruita meglio, dal punto di vista degli interessi pubblici, ed è abbastanza inquietante che quest'analisi, seppure sostenuta anche da un docente della cattedra di Gestione esecutiva del procedimento per le opere pubbliche alla facoltà di Ingegneria del Politecnico, abbia avuto così poca circolazione o non sia ritenuta neppure degna di una smentita. Il nesso con la M4 poi sta nelle cose: entrambe le linee facevano parte del pacchetto con cui Milano si è aggiudicata l'EXPO superando di poco la candidatura di Smirne, Turchia; per entrambe vengono consentite deroghe alle normative ordinarie proprio a ragione dell'EXPO; entrambe si stanno facendo senza ricorrere a una normale gara di appalto ma al sistema della cosiddetta finanza di progetto; lo schema di entrambe prevede che i concessionari privati, oltre ai consistenti finanziamenti pubblici con la conseguente diminuzione del rischio di impresa, riscuotano dal Comune un canone più o meno trentennale per la loro gestione.
Per capire le motivazioni dell'adozione di queste soluzioni bisogna certo tenere presente i vincoli imposti dal Patto di stabilità, con la conseguente impossibilità per i Comuni di indebitarsi, neppure per investire nella creazione di opere strategiche indispensabili. Ma il modo in cui questo vincolo è stato, per così dire, aggirato ossia con l'adozione della citata Finanza di progetto (o Project financing com'è più di moda chiamarla) nella versione morattiana sembra appunto si sia configurato come un sistema che tutela in modo abnorme gli interessi privati e fa gravare sul pubblico, ossia nella fattispecie sul Comune di Milano, costi al limite dell'insostenibilità. Almeno questo è quanto ritengono appunto Altreconomia e altri esperti che preferiscono non essere citati. Si parla di canoni basati su previsioni di flussi passeggeri forse sovrastimati (chi li ha fatti?) e per giunta con il vincolo per il Comune di versare quasi lo stesso canone anche nel caso detti flussi fossero molto minori, di un'eccessivo aumento dei costi a seguito di varianti dovute a eventi che potevano e dovevano essere previsti, di finanziamenti pubblici per la realizzazione superiori al 70% e di margini operativi netti per i costruttori addirittura del 37%.
Ma il cittadino, la
città di Milano, cosa ne sa? Se si dovesse basare su quanto esposto
dall'assessore alla viabilità Pierfrancesco Maran nel suo recente tour per le varie Zone del decentramento bisognerebbe dire: poco o niente.
In quelle sedi (molti ricorderanno ad esempio l'incontro presso l'Auditorium di
Valvassori Peroni con i suoi rendering tanto eterei quanto
privi di problematicità) il quadro delineato è stato pressoché
idilliaco. I cantieri sarebbero partiti in primavera, sarebbero
durati più o meno 55 mesi, si sarebbe tagliato qualche alberello interferente (ma sarebbero stati ripiantumati tutti), i disagi
sarebbero stati rilevanti ma ampiamente ripagati dai futuri vantaggi.
Dei problemi veri, primi tra tutti quelli finanziari, nessuna
traccia. Dopodiché praticamente più nulla.
Invece sta proprio qui il punto: quanto ci costeranno queste opere? Saranno sostenibili per le finanze già non floride del Comune di Milano? Se le cifre di cui si parla fossero vere, oltre all'onere della realizzazione, sommando i canoni che la città dovrà pagare per la gestione delle due linee si arriverebbe al bel totale di 93+86= 179 milioni di euro all'anno per trent'anni. Per di più, a quanto si sa (ma non si sa molto), questa spesa graverebbe sulle spese correnti. Ossia restando invariati i totali diminuirebbero in proporzione le spese del Comune per personale, servizi, manutenzione, acquisto di beni eccetera e si potrebbe arrivare perfino, sostengono alcuni, a determinarne la bancarotta. A meno di drammatici aumenti delle entrate, ossia di tassazione e tariffe.
Allora la questione potrebbe essere: se davvero fossimo in presenza di contratti leonini non sarebbe il caso, prima di finire stritolati da un meccanismo che la Giunta Pisapia si è trovato già bell'e confezionato, di andare a una rinegoziazione di tutta la partita come è stato fatto, mutatis mutandis, nella vicenda dei Derivati (altro lascito avvelenato della ventennale amministrazione di centrodestra), operazione per una volta coronata da successo?
Certamente ciò non sarebbe possibile senza aprire una trattativa anche con il Governo e, tramite questo, perfino con l'Unione Europea dato che il problema potrebbe essere quello di ottenere una deroga, se non addirittura il superamento, del Patto di stabilità. Temiamo che questa sia la sfida che Giuliano Pisapia dovrà affrontare perché potrebbe essere questa la posta in gioco dopo i micidiali anni di Albertini e Moratti (e del loro boss al governo). Dunque non solo la salvezza dei poveri alberi di Argonne e Plebisciti che continuano ignari a dare quel po' di ossigeno che ancora possono dare, ma ancora una volta la salvezza (finanziaria) della città di Milano.
E un'ultima domanda, magari un poco retorica: cara Giunta Arancione, non vi è dubbio che il tema sia di una complessità estrema, ma dato che alla fin fine lo affrontate usando i soldi pubblici, ossia i nostri, volete informare compiutamente i cittadini confidando nella loro capacità di comprensione o le decisioni che riguardano il futuro di tutti devono essere presi sempre al chiuso di stanze segrete? Ve lo ricordate il famoso arcobaleno o già è tornata la notte?
AB