Bilancio 2012: il dilemma del Comune di Milano "Come coprire un disavanzo di spesa corrente di 580 milioni di euro"
Non è una voragine che si è aperta all’improvviso nei conti del Comune ma una tendenza consolidata che va avanti da 5 o 6 anni: la differenza tra entrate e uscite correnti, cioè le spese ordinarie indispensabili per una normale gestione quotidiana, è di 360 milioni già da tempo. Poi si aggiungono altri 210-220 milioni per la manutenzione minima della città. Così si arriva a 580 milioni.
"Dal 2006 l’equilibrio tra entrate correnti e spese correnti più l’ammortamento dei mutui è stato abbandonato a se stesso" conferma Tabacci. E aggiunge: " Ci siamo trovati di fronte a un cattivo amministratore di condominio, che non ha fatto manutenzione, ha raccontato balle ai condomini, ha detto di non aver messo le mani nelle tasche dei cittadini ma in realtà ha depauperato il loro patrimonio".
Il risultato è che su 1.500 Comuni lombardi Milano si colloca al 1.300imo posto circa, che rispetto a un indebitamento medio di mille euro a testa a Milano si arriva a 3.200 euro. "Non c’è nulla di virtuoso in tutto ciò" commenta l’assessore al Bilancio.
Di virtuoso c’è
invece il nuovo metodo di lavoro con cui affrontare il bilancio
previsionale che il Comune deve approvare entro marzo: chiarire la
situazione di partenza e ragionare sui numeri. E poi "ripensare
tutta l’impostazione del bilancio e della nostra amministrazione"
dice D’Alfonso.
Massima trasparenza quindi, sulla scia di
quanto indicato dal Movimento Milano Civica con l’iniziativa del
Bilancio Arancio, "un’idea brillante che il Comune dovrebbe
fare sua" sostiene Tabacci.
Su come intervenire per coprire
il “buco” di 580 milioni e riportare in equilibrio i conti del
Comune manca ancora una strategia concorde.
L’assessore al Commercio si rifà a Steve Jobs, il fondatore di Apple, che in un famoso discorso disse: Stay hungry; stay foolish, siate affamati e visionari. Non sperperate i soldi, trovate soluzioni innovative. Per D’Alfonso non è possibile chiudere in 12 mesi un simile buco strutturale; farlo vorrebbe dire uno shock termico-fiscale inaccettabile. Rivedere le spese consentirebbe un risparmio di 100-120 milioni al massimo. Allora? C’è una sola possibilità: dismettere una parte consistente del patrimonio, per poi recuperare nei prossimi anni. Atm, Amsa, MM sono partecipazioni strategiche, su cui investire, A2A non è strategica. "Non dico che si debba vendere ma che si tratta di una partecipazione finanziaria e che come tale va trattata" spiega D’Alfonso.
"Il patrimonio si può vendere, ma non per pagare i dipendenti" ribatte Tabacci, che preferisce affrontare una revisione delle spese: "Siamo sicuri che tutti i 16mila dipendenti del Comune vanno bene, hanno una buona produttività ecc.? No. C’è davvero la volontà di andare a vedere dove si spende male? Non dico di fare tagli lineari ma un’analisi approfondita sì. Certo ci sono delle rigidità: i 620 milioni per il personale non si possono toccare, come i 620 milioni del contratto con l’Atm o i 280 per l’Amsa. Queste rigidità, però, vanno affrontate perché l’alternativa è toccare i servizi, cioè colpire i più deboli". Vendere l’A2A? "E’ una società che ha alle spalle un debito pauroso, prima deve essere rilanciata e sottoposta a una robusta semplificazione del vertice, che faremo entro marzo: oggi ci sono 23 amministratori. E poi in questo periodo le quotazioni dei titoli sono basse".
Boitani insiste sulle dismissioni: "Che senso ha che Sea sia controllata dal Comune con oltre il 50%? La gestione degli aeroporti – dice - in tutto il mondo è affidata ai privati, con regole precise. Lo stesso vale per la Serravalle: che ci sta a fare il Comune lì dentro? E poi, vendere il patrimonio per pagare i debiti può essere un modo per ridurre la spesa corrente, perché taglia il costo annuale del debito stesso".
Anche per l’Atm
esiste la possibilità di ridurre i costi. Come? "Per esempio
con l’introduzione dell’Area C, che è stata una cosa molto
importante perché ha consentito di aumentare la velocità dei mezzi
e quindi ha aumentato la produttività".
Tabacci è convinto
che senza un adeguamento del carico fiscale non si vada da nessuna
parte, D’Alfonso preferisce pensare a "zero nuove tasse, solo
dismissioni".
Come finirà? Per il
momento la discussione è aperta a tutti, gli incontri si succedono:
"Se qualcuno ha dei suggerimenti efficaci siamo pronti ad
ascoltare" dicono gli assessori.