Andar per libri: Cinque storie ferraresi di Giorgio Bassani

Eccoci al secondo appuntamento con le letture proposte da Raffaele Santoro. I racconti contenuti in questo libro di Bassani, dedicati alla sua città di origine, gli valsero il Premio Strega nel 1956. Dal racconto Una notte del ’43 venne tratto il film La lunga notte del ’43 di Florestano Vancini.  ()
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«La verità è che i luoghi dove si ha pianto, dove si ha sofferto, e dove si trovarono molte risorse interne per sperare e resistere, sono proprio quelli a cui ci si affeziona di più».
Questa frase che Bassani fa pronunciare a Clelia Trotti la protagonista di una delle Cinque storie ferraresi è utile per individuare la traccia che lega questi racconti nei quali Bassani ci parla di tre cose. La prima, contenuta all'inizio di quella frase, riguarda l'esperienza prodotta dalle rinunce e dalle imposizioni a cui la vita sottopone.

La seconda, ravvisabile nella seconda parte, rimanda alla lotta per far fronte a ciò che tali rinunce e imposizioni comportano, e questo suscitando in sé quelle umane “risorse” fatte di speranze e resistenza. Infine la terza, corrispondente all'ultima parte di quella frase, che evoca l'attaccamento, comunque indissolubile, con i luoghi e con la realtà in cui tutto ciò avviene, in quanto “origine” di ogni cosa e legame affettivo inscindibile. E proprio in relazione a quest'ultimo punto, le Cinque storie ferraresi, che segnarono l'inizio della carriera letteraria di Bassani e gli valsero nel '56 il Premio Strega, rivestono particolare rilievo perché, in esse, è già presente l' “idea” che poi attraverserà tutta l'opera di Bassani di fare di Ferrara non solo un fondale dei suoi racconti e dei suoi romanzi ma una protagonista vera e propria anzi il vero centro della narrazione.

Attraverso le vicende dei personaggi delle “cinque storie” Bassani rispecchia infatti l'anima di Ferrara con la sua umanità, ma anche con le sue bassezze e le sue vigliaccherie, con la sua “storia secolare”, ma anche con il suo provincialismo, capace di eroismi ma anche di opportunismi.
Con questa “creazione” che Bassani fa di Ferrara la città diventa quindi un palcoscenico della vita, un perenne teatro della memoria e dell'esistenza, come un microcosmo da cui osservare quel macrocosmo che sono le vicende umane: «Il contrasto tra l'enormità delle vicende di cui scrivo e la piccolezza della mia Ferrara mi dà una certa garanzia di venire ascoltato, creduto» dirà lo stesso Bassani a questo proposito.

E così, per esempio, vi è l'amara rinuncia che Lidia Mantovani, protagonista dell'omonimo racconto, deve fare riguardo all'amore e a un futuro con il suo David, quel “figlio di signori” che la metterà incinta, lasciandola sola nella sua condizione di ragazza madre. Vi è la rinuncia a una brillante e prestigiosa carriera di medico a cui Elia Corcos, il protagonista de “ La passeggiata prima di cena”, si sottrae per sposare Gemma Brondi, “una ragazza del popolo”, in un matrimonio pieno di ambiguità, roso dai dubbi per quella scelta.
Vi è la fine cupa e misteriosa di cui sarà vittima Geo Josz, il protagonista di “Una lapide in Via Mazzini” il quale, unico sopravvissuto fra gli ebrei di Ferrara deportati nei campi di sterminio nazisti, non sopravviverà al “ritorno” nella sua Ferrara e, irrimediabilmente spaesato e sradicato, scomparirà nel nulla, comunque “morto” proprio là dove avrebbe potuto finalmente vivere.

Vi sono poi le imposizioni come quella subita dalla socialista Clelia Trotti nel racconto “Gli ultimi anni di Clelia Trotti”, portata via dalla casa della sorella, presso cui era “ospite coatta”, tenuta sotto controllo da quelli della polizia segreta fascista, per riapparire mentre si celebrano i suoi funerali a guerra finita e lì capiamo che Clelia Trotti è stata lasciata morire in carcere.

E, infine, quale più dolorosa e drammatica imposizione sarà quella che si darà il farmacista Pino Barilari, in quello che è il racconto più bello di tutti: “Una notte del '43”, il quale rinuncerà a testimoniare sui fatti di quell'eccidio fascista avvenuto quella notte e che lui unico testimone vide, per non tradire quel bruciante e “privato” segreto che, su quella notte, egli condivideva con la moglie.

In conclusione, Bassani, ormai unanimemente riconosciuto come un “classico” della letteratura italiana, resta uno scrittore di grande autenticità, intensità e profondità, capace, come in queste “Cinque storie ferraresi”, di parlare in modo vero di cose vere, ben lontano da qualsiasi compiacimento consolatorio e da qualsiasi tipo di retorica.

Raffaele Santoro

Cinque storie ferraresi
Giorgio Bassani
Feltrinelli, pp. 216


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