Forconi: ma chi sono?
(Franco Calamida)11/12/2013
Gli automobilisti suonano il clacson, ma non più del solito; a questi incroci suonano sempre. Brontolano, ma sopportano. La composizione? Grosso modo come in una carrozza di metrò: molti i giovani e giovanissimi, coppie con bambini, alcuni piccoli sulla carrozzina, anche anziani e uomini, alcuni decisamente più robusti della media, equilibrio tra la presenza femminile e maschile.
A mezzogiorno bloccano un bus di tifosi olandesi dell’Aiax, seguono tafferugli, la polizia osserva. Nel pomeriggio il blocco continua, alle ore 16 le presenze sono di un poco cresciute, diminuiti gli uomini robusti. Tutto è molto ordinato, le bottigliette di plastica vengono buttate negli appositi cestini.
Chi parla col megafono insiste su “niente violenza, comportamento civile, siamo pacifici”. Mi procuro un volantino: «Forconi??? Ci chiamiamo popolo italiano - l’Italia dei disoccupati, dei precari, dei giovani dei padri, delle madri, dei figli e di chiunque voglia dire basta si ribella - ribellarsi è un dovere - contro questo modello di Europa, per riprenderci la sovranità popolare e monetaria - per il rispetto della Costituzione - contro un governo di nominati - per riprendere la nostra dignità».
Ore 17, un poco ridotta la partecipazione, dietro lo striscione “Contro l’Europa delle banche, contro il governo delle tasse” un piccolo corteo percorre la rotonda. Li seguo. Tre giovani, a lato, discutono se partecipare. «Non possiamo sfilare con Forza nuova» afferma uno di loro e un signore più anziano: «L’importante è che non venga politicizzata”.
La gente, di fretta, esce dal metrò, passa e va. Poca curiosità, molta indifferenza. Tra quanti assistono: perplessità, qualche condivisione, poche critiche. “Affari loro”. Il corteo è guidato da una ragazza giovanissima, con megafono. Procede lentamente, un solo canto: l’Inno nazionale - un solo slogan “Italia Italia.
Un giovane, circa 20 anni o poco più, al megafono indica la natura dell’iniziativa: «Siamo apolitici, senza alcun colore, non vogliamo strumentalizzazioni». Applausi.
All’angolo con via Andrea Doria siede una persona sui 50 anni, giubbotto di pelle nera, baffi, volto dai caratteri netti. Dà ordini ad alcuni che gestiscono la manifestazione. Cerca uno che deve “testimoniare che la manifestazione non è fascista”. Alfine lo trovano. Ne riprendono la dichiarazione: «Siamo forti perché siamo trasversali, siamo italiani, siamo qui come cittadini, nessuno ci fermerà». È Jonghi Lavarini (Militante del MSI e poi An, oggi Pdl). Mi faccio avanti, lo interrompo: «Se la manifestazione non è fascista, lei è il meno adatto a far da garante. Lei è noto come fascista, nel suo ufficio di Presidente del CDZ di Zona 3 teneva la foto di Mussolini».
Mi rivolgo a quelli che mi circondano, non sono minacciosi, anzi molto dialoganti: «Se intervistate lui, la manifestazione è segnata, ha parlato da leader». Mi vien risposto, indicando il cinquantenne con giubbotto di pelle nera: “Lo ha chiamato lui, che è il coordinatore”.
Due signore pensionate, in tutta evidenza brave persone, precisano: «Ci siamo anche noi, siamo pensionate, non ce la facciamo più». Un altro, che cerca di convincermi: «Che Forza Nuova e il Cantiere manifestino insieme è una cosa mai vista, straordinaria».
Il gruppo si ricompone davanti al Corso Buenos Aires. Un ragazzo chiede ai manifestanti «Chi vuole musica alzi la mano» poco meno di metà la alza. Si fa musica. Ma c’è chi dissente: »Niente musica, solo informazione ai cittadini».
Un altro giovane, con maglietta arancione e megafono, da solo, ferma le auto in arrivo da Andrea Doria, intima ai conducenti di scendere dall’auto, tutti gridano: «Scendete, scendete». Uno scende. Applausi scroscianti e dal megafono: «Ecco un eroe». Sono passate le 18, c’è meno gente, meno polizia, più freddo.
Me ne torno a casa. Domani si replica: «Dalle 9 alle 20, abbiamo il permesso della questura, tutto regolare» mi è stato spiegato.
«Davvero?» ho replicato.
Franco Calamida