Su il sipario

Passione e impegno, ironia e pragmatismo, certezze e sogni: Eleonora Dall'Ovo alza il sipario sul "suo" teatro, fatto di sfide, dignità e valori politici.


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eleonora web

Attrice, drammaturga e regista dal 1990, Eleonora Dall'Ovo inizia a scrivere e interpretare teatro nel 1995, producendo spettacoli su tematiche legate al Gender, replicati nelle più importanti rassegne in Italia. È stata direttrice artistica per cinque anni della rassegna di Teatro delle Donne Teatrhalìe organizzata dall'Unione Femminile Nazionale. Dal 1998 conduce la storica trasmissione L’Altro Martedì su Radio Popolare. A z3xmi racconta cosa significa fare teatro femminista, oggi, in Italia.  

Eleonora, hai fatto tanto e da tanti anni. Allora sei famosa
...
Sono famosa diciamo di un “sommerso”: mi sono occupata a lungo di teatro femminista, che a dire il vero non è molto veicolato dai grandi teatri, diretti soprattutto da uomini. Quindi sono famosa in una piccola cerchia; ma questa cosa mi piace, nel senso che godo di una sorta di popolarità di strada, di quartiere, di porta a porta…
Il teatro femminista viene spesso visto come fatto da quelle che odiano gli uomini, più che da donne che denunciano lavori sottopagati, discriminazioni di genere, sfruttamento del corpo femminile.
15 anni fa eravamo in poche, oggi per fortuna ci sono anche direttrici di teatri che cominciano a interessarsi a queste tematiche senza avere paura dell'etichetta femminista, anche se la prima cosa che ti chiedono è se lo spettacolo sulle donne che proponi fa anche ridere, come se volessero dire: «va bene denunciare, ma almeno fallo ridendo». Io un po' ci sono stata al gioco, ma vorrei unire al divertimento anche il drammatico.
Dal 1998 ho iniziato a fare teatro a tematica omosesessuale, praticamente inesistente a Milano… Ti parlo del teatro fatto anche da chi è visibile e lotta in prima linea ai Pride, sui giornali, e dato che eravamo e rimaniamo sempre in cinque in Italia a farlo, ecco, capisci che è facile diventare famosa!

Teatro femminista e teatro al femminile. C'è differenza secondo te?
Certo, c'è una grande differenza. Il teatro al femminile parla di donne ed è fatto sì dalle donne, ma si tratta di attrici che non vogliono essere etichettate come femministe, essere considerate come “quelle contro gli uomini”, incattivite dal patriarcato e forse lesbiche.
Il teatro al femminile presenta donne sulla scena, senza però esprimere, secondo me, un concetto di rete tra donne e pensieri di denuncia.
Il teatro femminista, invece, è quel teatro che parla di donne, che non ha paura delle etichette, che non ha vergogna di essere considerato femminista. E femminista non significa essere contro gli uomini, né essere incattivite dal patriarcato né essere forse lesbiche. Il teatro femminista è orgoglioso di essere femminista e recupera l'eredità del pensiero femminista degli anni '70, ovvero il pensiero della differenza, dell'uguaglianza nel diritto e nel dovere, della differenza di genere come valore e non disvalore e discriminazione. Il teatro femminista denuncia quasi sempre sulla scena gli stereotipi di genere e di orientamento sessuale.

Essere lesbica: mi sembra una realtà, al contrario di quella gay, socialmente accettata anche se non legalizzata.
In realtà è il contrario. I gay sono più accettati, mentre le lesbiche completamente ignorate, invisibili. Un po' perché fanno più fatica a fare il coming out, un po' perché la sessualità femminile è annullata in Italia, cancellata, inesistente. Le donne non devono avere una sessualità autonoma. In Italia si vuole che le donne siano solo o mogli, o madri, o suore o escort.
Le lesbiche hanno una sessualità slegata dagli uomini e quindi, per meglio cancellarle, è non parlare di loro e renderle invisibili.
Il lesbismo viene visto in positivo dall'eterosessualità machista solo quando è una voglia passeggera, una fase, una strada imboccata perché ancora il vero maschio non si è incontrato, oppure perché da piccole si sono avute delle turbe… Pensa che spesso ci chiedono se abbiamo subito abusi da piccole!! Vedi un po' tu!  Capisci che qui gli stereotipi e pregiudizi regnano.Il lesbismo viene taciuto non perché tollerato, ma perché ignorato.

Torniamo al teatro… Crisi economica e teatro minore: quali nuove formule, attuabili, potrebbero aiutare e a sviluppare e a sostenere le piccole compagnie?
Secondo me non servono tanto i finanziamenti, statali o comunali. A noi servono gli spazi. Milano manca di spazi dove fare cultura. I privati ci chiedono affitti altissimi, le associazioni meno, ma stanno sparendo; molti circoli  Arci che ci sostenevano, accogliendoci a prezzi modici, stanno chiudendo perché loro stessi non ce la fanno più. Poi c'è la burocrazia… Per fare uno spettacolo devi compilare così tante scartoffie e versare così tante caparre, e gli attori e le attrici non sanno dove prendere quei soldi!! Per non parlare della Siae… Non so quale sia la soluzione, ma credo che la via più semplice per avviare un cambiamento positivo sarebbe di avere a disposizione più spazi comunali a prezzi popolari, dove l’affitto per una serata potrebbe essere di 200 euro… e via andare. Un'altra idea potrebbe essere quella di aprire le scuole che hanno un teatro al proprio interno e affittarlo alle associazioni a prezzi popolari una volta al mese. Insomma sfruttare quel che c'è con raziocinio.

Nelle tua rassegna teatrale presentata a Villa Pallavicini, qual è il testo che preferisci, di pancia e di testa....
Di pancia preferisco il lavoro fatto a gennaio al Mikamale Teatro, “Aspettando Godrò”: ci ha fatto ridere, ma al tempo stesso, riflettere con leggerezza su come il movimento femminista si sia dimenticato che oggi occorre scendere di nuovo in piazza e stare meno in rete... nelle università a fare le professore.
Quello di testa? Beh, l'ultimo, “Billie Holiday una donna oltre la leggenda”, uno spettacolo che ne ricostruisce la vita. L'ho scritto io… Lo so sono di parte! Ma questo spettacolo ridà dignità e valore politico alle canzoni e alla vita di una cantante che ha sfidato i bianchi e, per la prima volta, ha denunciato come le donne non riuscivano a ribellarsi agli uomini che le battevano, picchiavano. Tutto è stato detto di Billie Holiday, che si drogava, che era dipendente degli uomini, che era viziosa e bisessuale, che pensava solo alla notorietà, ma poco è stato detto su quanto fossero sottili i suoi testi e molto femministi!

Ultima domanda: dove e per chi ti piacerebbe lavorare in futuro?
Al Metropolitan, naturalmente!

Marzia Frateschi
Comitato Zona 3


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