A teatro e al cinema…a piedi: L’ultima ruota del carro

Il film di Giovanni Veronesi ripercorre la storia d’Italia degli ultimi 30/40 anni dalla parte delle ultime ruote del carro. ()
lultima ruota del carro WEB
Sembra che il cinema italiano ami citare se stesso. Lo ha fatto La grande bellezza con La dolce vita e La terrazza, lo fa ora L’ultima ruota del carro con C’eravamo tanto amati.
Non che la prassi sia esecrabile, ma suscita comunque qualche perplessità anche se è salutare fare i conti con la storia.

Il personaggio principale del film di Veronesi è un cittadino “normale” che attraversa, quasi senza accorgersene, 40 anni di storia patria. Nel 1968 è ancora un ragazzino che gioca (male) a calcio nei campetti di periferia, nel 1978 è un giovanotto che sfiora, inconsapevole, il dramma di Aldo Moro e la tragedia delle BR. Nel 1992 è un uomo che frequenta per la pagnotta  i bassifondi della politica, senza chiedersi più di tanto cosa stia succedendo nell’Italia di Tangentopoli. Ai nostri giorni, dopo quasi 20 anni di berlusconismo, chiude la sua vicenda, non proprio metaforicamente, sdraiato su un cumulo di immondizia alla ricerca di un biglietto del gratta e vinci.

Ernesto Marchetti (un bravissimo Elio Germano) rappresenta una sorta di autentico naif alla romana e ricorda un personaggio della canzone Prete Liprando di Fo-Jannacci, quello che, per intenderci, gli passa accanto la storia, la grande storia, e non se ne accorge nemmeno: «Io non ho visto niente. Non ho visto un accidente. Son venuto da Como per niente».
Ernesto vede e non vede, quasi sempre sbircia. Subisce il peggio della società (le raccomandazioni), della politica (le malefatte del Partito Socialista), della malasanità (la diagnosi di un tumore che poi si rivela falsa) e risolve tutto in termini personali, un po’ qualunquistici. Da “italiano vero”, direbbe Toto Cutugno. Sempre in perfetta buonafede, senza arrovellarsi troppo intorno alle cose del mondo.

Unici punti fermi, nel bene e nel male, la docile moglie, la famiglia e l’amico Giacinto (un ottimo Ricky Memphis) che nel 1968 non gli passa la palla, nel 1992 lo coinvolge in loschi affari “politici”, negli anni successivi esalta il berlusconismo rampante per finire, ai nostri giorni, in Cina per tentare di vendere supplì di riso ai cinesi.

La storia autentica di un simpatico marginale che vive, ancora oggi, ai margini del cinema romano, diventa occasione per ridipingere, ancora una volta, la storia patria con le sue “divertenti” nefandezze, con i suoi insopportabili protagonisti.
Si ride amaro, la sala si anima quando passano le immagini dell’Hotel Raphael di Roma con un allocchito Bettino Craxi bersagliato da monetine e insulti o quando Memphis tesse l’elogio di Berlusconi e sfilano sullo schermo decine e decine di gigantografie del Cavaliere in occasione della sua prima campagna elettorale, quando il “nostro” scese in campo.

Ci si diverte amaramente ripensando alle nostre storie personali, fatte di compromessi e mezzucci, di quieto vivere e barcamenismo. Due ore di cinema (forse un po’ troppe) dedicate a come eravamo e, purtroppo, a come siamo.

Accanto ad anime candide come quella di Ernesto Marchetti (nella vita vera il personaggio si chiama Ernesto Fioretti), tutte le brutture di un mondo i cui valori stanno ormai sepolti nell’enorme immondezzaio (l’Italia?) le cui immagini chiudono il film.
Come si diceva in antico romanesco: castigat ridendo mores. Purtroppo, non basta.
Bella colonna sonora di Elisa.

L’ultima ruota del carro
di Giovanni Veronesi
con Elio Germano, Ricky Memphis, Alessandra Mastronardi, Sergio Rubini, Alessandro Haber
Italia 2013

In programmazione al cinema Plinius

Massimo Cecconi


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