RICORDO, SU AL NORD: le tre sorelle Brontë

Fare le classifiche è stupido, forse anche un po’ bambinesco. Non importa, possono servire: ecco, al nord dell’Inghilterra troviamo il maggior romanzo dell’Ottocento, Cime tempestose (1847) di Emily Brontë (1818-1848), la mediana delle Tre Sorelle Grandi Scrittrici, la prima a morire del clima freddo umido dello Yorkshire. Poco più giovane di Charlotte (1816-1855), e poco più grande di Anne (1820-1849). In vita Charlotte fu più famosa di Emily, avendo pubblicato Jane Eyre (1847), Anne fu riscoperta tardi (Agnes Grey, 1847). Da riscoprire, rileggere, assaporare. ()
bronte
Le date ci dicono che vissero e agirono in un fazzoletto di anni, in un perimetro di pochi chilometri attorno a casa, la vecchia parrocchia di Haworth, in parte risistemata nel nuovo brillante museo odierno. Questo villaggio dello Yorkshire Occidentale è un nido di case, qualche locanda e due, tre negozi di souvenir e libri su una ripida salita. Il destino e la fortuna delle Tre Sorelle continuano a compiersi in questo perimetro ristretto, incantato, sì. Le loro voci hanno raggiunto tutto il mondo. In questa appartenenza a una terra precisa e nell’uscita da questi confini per entrare in tutto il mondo è la stupefacente vitalità loro e dei loro romanzi. Una sorte che tocca ai classici.

Emily era minuta, riservata, affezionata al suo cane, morì quasi in piedi della tisi che ucciderà anche Anne la cui tomba si trova sul mare, in alto sulla scogliera di Scarborough, ridente località di villeggiatura. Lì è fuori luogo. Torniamo a Haworth, nella brughiera dove si percorrono i sentieri fra le eriche, verso i Monti Pennini, nell’acuto silenzio e profumato delle Sorelle. Non c’è alcun presagio delle paure e difficoltà che affollano, con fantasmi, le cime tempestose. In effetti il romanzo ha uno straordinario finale panico, quasi da veggente, una speranza per le nuove generazioni. Le cime sono la vita dopo la morte.

Potete salire fino ai Pennini seguendo il ruscello della passeggiata che facevano le Brontë e passo dopo passo vi convincerete dell'importanza della natura, che suggestiona libera e selvaggia le pagine di Emily, autrice anche di incantevoli poesie riflessive (non sottovalutatele, questo è il lato lirico presente nel romanzo). Ecco, passeggiando rifletterete sulla grandezza e piccolezza della Contea. Emily vestiva un abitino candido quando morì senza volersi far curare, ma allora la medicina non poteva molto. Questa è un’altra impronta indelebile del carattere, la dissoluzione accettata come un pagano del Nord in questa natura sorella nelle brevi estati e matrigna nei lunghi inverni.
Fermiamoci a rileggere alcuni capitoli, quell’introduzione che è veramente vertiginosa e non poco disturbò il realismo vittoriano dell’epoca. Più facile fu per Charlotte imporsi, con le vicende di Jane Eyre che denunciavano le meschinità dell’educazione femminile e l’abbandono degli inferiori.

Quale diversità proclamano, invece, le cime tempestose. Non sappiamo dove classificarle. Romanzo d’amore. Di formazione o d’avventura. Psicologico o ambientale. Emily è inclassificabile, la sua eternità è moderna. Ecco perchè le vertigini iniziali del romanzo sono così potenti, così attuali nelle loro digressioni per noi ormai abituati ai romanzi a chiave del Novecento. Poi, la storia prende l’aspetto violetto di un dramma ferocemente familiare, fra coniugi parenti stirpi, è anche picaresco (il protagonista maschile, il zingaresco Heatcliff), è sovrannaturale: ombre e apparizioni, cigolii, antri e soffitte. L’armamentario ottocentesco c’è tutto. Ma Emily, che da bambina con le sorelle e il fratello Branwell - l’adorato enfant prodige della famiglia che finirà alcolizzato a disonorarla, che altro destino romantico!, a tutti sopravviverà l’ottuagenario padre pastore - giocava inventando un mondo fantastico e popolandone i territori paralleli, Emily scompagina in preda a inarrestabile ispirazione qualsiasi regola. La scrittura è incandescente come la sua visione. La trama, c’è e non c’è, ma che importa, nessuno scrittore degno si è mai occupato di queste piccolezze, da Melville a Beckett. In realtà sta sorvolando le norme, è altrove, come faceva da piccola, esplorando e portandoci dietro nelle sue esplorazioni. Essere piccoli da adulti è il segreto di straordinarie personalità. Lo furono tutt’e tre le Sorelle del Nord.
Se proprio volete, è Cime tempestose che stabilisce le convenzioni. Si annette nuovi territori mentre li annette alla narrativa.

Questo romanzo, d'improvviso scopriamo che a metà del XIX secolo nell’Inghilterra patria del novel, è quello che tutti si aspettavano. La quintessenza della scrittura proviene, rinnovata rispetto a Austen e Thackeray, dalla magia del Nord. Quel Nord alienato e spirituale che entro l’anima di tutti fluttua come uno scoglio di Munch, un fotogramma di Bergman o un verso di Tranströmer.
È un’eredita pre-classica (prima dei greco-romani e del monoteismo ebreo-cristiano) che ci portiamo, un pesante legato del mondo geologico (montagne boreali arrotondate dai milioni di anni), desolato e multiforme, che non ci abbandona. Tuttora quando la luce del Mediterraneo o degli oceani equatoriali sembra prosciugarsi, sono le tenebre del Nord ad avanzare.
Dolci tenebre, perchè le cime tempestose sono pura poesia di Emily, la gracile profetessa. 

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Re: RICORDO, SU AL NORD: le tre sorelle Brontë
19/09/2013


 
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