Milano sotto la scure fiscale?
(Giuseppe Caravita)08/09/2013
Come era prevedibile, il bilancio preventivo 2013 approvato dalla giunta di Palazzo Marino venerdì 7 settembre scorso passerà agli annali come la più dura e impopolare manovra sui conti del Comune di Milano. D’altro canto, fin dalla scorsa primavera, il lascito dei decreti emergenziali del governo Monti mostrava chiara la voragine. Un buco di 489 milioni, circa il 15% del bilancio tra minori trasferimenti dallo Stato centrale e entrate fiscali avocate a Roma. Un disavanzo record, improvviso, da colmare in meno di otto mesi, da quando l’assessore al bilancio Francesca Balzani, appena nominata, ne produsse le prime stime.
Fin da allora fu chiara l’emergenza. Il 2013 sarebbe stato l’anno horribilis per la giunta Pisapia. Sia per una decisa spending review, una riduzione delle spese degli assessorati, che oggi si attesta sui 110 milioni (oltre ad altri 80 milioni di minori uscite). Sia soprattutto per la raffica di aumenti di tasse e tariffe.
Tares al posto della Tarsu per i rifiuti (50 milioni in più), tassa di soggiorno aumentata di un euro per stella, da luglio. E soprattutto l’addizionale Irpef che in origine doveva crescere uniformemente all’0,8% per tutti i redditi superiori ai 15mila euro annui. Una soglia di esenzione dimezzata dai 33.500 euro dell’anno scorso. La manovra ora chiede a quasi il 60% dei cittadini milanesi di concorrere al risanamento dei conti, contro il 24% del 2012.
Di sicuro è la misura più “dura” della manovra. Dei 600 mila milanesi che dovranno pagare l’addizionale Irpef nel 2014, ben 371.482 saranno “nuovi entranti”, con redditi decisamente non astronomici. Di qui, anche sulla spinta delle proteste di sindacati e associazioni, la decisione di Pisapia e della Balzani di graduare gli aumenti per le fasce di reddito più basse su cinque aliquote.
La scala di progressività prevede, sulla parte di reddito
fino a 15 mila euro, che venga applicata un’aliquota dello 0,67
per cento. Gli altri scaglioni prevedono invece lo 0,77 per
cento dai 15 mila ai 28 mila euro, lo 0,78 per cento dai 28 mila ai 55 mila euro,
lo 0,79 per cento da 55 mila a 75 mila euro.
Infine per i redditi oltre i 75 mila euro viene applicata l’aliquota dello 0,8
per cento prevista inizialmente dalla Giunta.
Risultato: 179 milioni di maggiori entrate (contro i 192 previsti inizialmente dall’aliquota unica allo 0,8%). Con una differenza di 13 milioni che la Balzani conta di recuperare tramite una sorta di artificio.
La proposta infatti è quella di alzare, in parallelo, il coefficiente Imu dallo 0,55 allo 0,575. Una partita vituale, dato che la prima rata Imu sulla prima casa è stata già abolita e la seconda dovrebbe esserlo. Però il Governo Letta è già impegnato a rimborsare ai Comuni il gettito Imu per il 2013. Se lo farà per intero il gioco della compensazione con le minori entrate Irpef sarà fatto.
Una sorta di azzardo, che si basa su un “credito” verso Roma di almeno 38 milioni (Milano ha avuto tagli eccessivi sul fondo di solidarietà) e soprattutto sulla promessa di rimborso di 100 milioni a fronte dell’abolizione dell’Imu sulla prima casa.
Se tutto andrà bene, ripetono Pisapia e Balzani, il 55 milioni di “dividendo” richiesto all’Atm, necessario a chiudere il bilancio attuale, verrà rimesso nelle casse dell’azienda municipale. Una sorta, quindi, di “bonus di sicurezza”. E almeno così non sarà il perpetuarsi della tradizione delle giunte Albertini e Moratti di “mungere” le partecipate per far quadrare in qualche modo i conti.
Un quadro, certo, non allegro. Le famiglie oggi esenti dovranno pagare da 100 a200 euro all’anno in più. E il tutto si somma ai recenti aumenti degli abbonamenti Atm e al pulviscolo di rincari.
Abbastanza per indicare nella giunta Pisapia la responsabile?
"Ci troviamo in una situazione difficile comune a tutti gli Enti locali - ha fatto notare Pisapia nella conferenza stampa a seguito della giunta - questo è un anno di passione e il bilancio è straordinario. Nonostante le difficoltà, abbiamo voluto comunque dare un segnale di progressività, mantenendo un esenzione per molti. Siamo sicuri che lo sforzo sarà compreso dai cittadini, anche perchè la nostra Irpef rimane tra le più basse d’Italia. Roma, per esempio, sotto un’amministrazione di centro destra, aveva già portato la tassa allo 0,9% con aliquota secca e esenzione a 8mila euro; stessa cosa Varese che è della Lega: aliquota unica allo 0,8% con 8mila di esenzione. Persino Parma del Movimento a 5 Stelle ha un’aliquota allo 0,8% con soglia a 10mila euro".
Sono cifre che forse dovrebbero tenere a mente i milanesi che passeranno vicino ai banchetti che la Lega vuole avviare in una prossima raccolta di firme contro i rincari.
E non dimenticare che i quasi 500 milioni di buco nel
bilancio sono stati generati da un governo emergenziale che ha tagliato
seccamente i fondi ai comuni per raggiungere il pareggio di bilancio dello Stato
con un anno di meno sui piani.
Un’anticipazione disastrosa, non necessaria, imposta da
un’Europa terrorizzata, sfiduciata sui governanti italiani e parimenti ratificata di corsa nell’ottobre del 2011 proprio dai due governanti indeboliti:
Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti. E poi mantenuta, come impegno ormai assoluto, dal successore Mario Monti.
Il bilancio 2013 del Comune di Milano è quindi un interessante esempio di cause e di conseguenze (perverse).