E' finito un incubo

Altro parto di una fantasia malsana. In fondo si sa che è segno di malattia scambiare i propri sogni con la realtà, anche se sognare non è ancora una colpa. Ma chi potrebbe dubitare, com'è in effetti, che ogni riferimento a persone, fatti o situazioni reali non sia un semplice scherzo del caso? Nessuno, credo. Nemmeno quelli da noi più lontani.
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Extraterr
Mario Agostoni, romano quasi quarantenne trapiantato a Milano, si è svegliato stranamente di buonumore questa mattina. Non gli succedeva da un pezzo e ne è piacevolmente stupito. Stiracchiandosi con voluttà tra le lenzuola sente un'insolita, piacevole sensazione che qualcosa di bello stia per succedere. Strano sì, perché per la verità sono mesi che il suo capufficio, l’ineffabile dottor Vanzetti, gli sta rendendo la vita impossibile. Mario lavora, con l'ennesimo contratto a tempo determinato naturalmente, all’Ufficio Sofferenze di una banca di interesse nazionale e in effetti di sofferenze ne sta accumulando davvero parecchie in questo periodo. Il Vanzetti, quel fetente, punta a una promozione e pretende ritmi di lavoro infernali. E poi legge Libero e il Giornale, tutti e due. Sa che i suoi impiegati sono quasi tutti di sinistra, così quando arriva se li toglie di tasca, li apre e li sistema sulla scrivania uno sull’altro in modo da lasciar bene in vista il titolaccio più forte. Di solito è il Giornale quello che rimane di sopra. Banditi di Stato! ricorda che urlava ad esempio la prima pagina di qualche giorno prima, riferendosi pensa un po’ addirittura ai giudici della Corte di Cassazione.
-Vabbè, ma oggi mi sento da favola!- pensa Mario saltando giù dal letto e infilandosi in bagno.
Deve far presto: se non acchiappa l’autobus delle otto inevitabilmente farà tardi, perché con la corsa dopo già si infilerebbe in un traffico micidiale e corso Monforte diventerebbe la solita maleodorante camera a gas. Ma oggi si è svegliato a tempo e deve solo innestare il suo pilota automatico. Ossia quel meccanismo interno per compiere i gesti veloci e precisi, automatici appunto, che ogni giorno lo portano senza che lui quasi se ne accorga ad aspettare, equipaggiato di tutto punto, l’arrivo della 54.
-Ma questa mattina mi sento davvero… -
Dando un’occhiata ai minuti di attesa Mario risente ancor più vivamente quella sensazione di forte benessere. (In arrivo, prossima corsa tra due minuti dice il display della fermata n. 12448 mentre effettivamente una vettura diretta in centro appare svoltando da via Pannonia). Si gira verso la strada e si accorge che una lunga allegra fila indiana di bambini attraversa viale Argonne verso i giardini, con le cartelle e tutto il resto, mentre un anziano armato di paletta fa cenno di fermarsi a… Già, a chi?
-Urca, non si vede una macchina!- si sorprende Mario guardandosi in giro. 
In effetti solo un gruppone di ciclisti, ma proprio tanti, aspetta che il semaforo torni a dare il verde. Di macchina ne compare solo una. Un buffo modello color bianco e arancione, che ricorderebbe un modulo lunare se non fosse per le sue quattro normalissime ruote, attraversa l’incrocio producendo un discreto fruscio. Mentre la segue con lo sguardo a Mario viene da sorridere, anzi, si deve proprio trattenere per non scoppiare in una risata. Il fatto è che stamattina c’è un’arietta fresca e profumata di, di… gelsomini? Sì, sembra proprio profumo di gelsomini, ma non ne è sicuro, non se ne intende di fiori. Però gli sembra proprio di respirare una buona arietta di prati e di bosco.
- Sì, prati e boschi, qui a Milano, come no certamente… -
Ma l’autobus arriva, anch’esso senza quasi fare rumore. Un autobus elettrico, così almeno c’è scritto sul muso e sulla fiancata. In caratteri non troppo grandi, come fosse una cosa di poco conto un autobus elettrico qui a Milano. Ma chi ne ha mai visti? Il mezzo però è qui, si ferma e apre le porte. Mentre sale, con la coda dell’occhio Mario si accorge che già un altro è in arrivo. Eppure questo qui, il suo, è quasi vuoto.
- Ma quando mai! – esclama dentro di sé – Deve essere successo qualcosa di grosso.-
In effetti è strano, anche a piazzale Dateo non ci sono automobili e Mario si fa sospettoso. Che abbiano decretato il blocco del traffico? Come mai? Fino a quando? Meglio chiedere all’autista, lui deve saperlo per forza. Si sporge e domanda, accorgendosi appena che l’uomo, pure attento alla strada, non tiene le mani sopra il volante perché questo sembra muoversi per conto suo.
- Scusi, c’è il blocco del traffico oggi? -
- Prego? -
- Se c’è il blocco del traffico! - 
- Scusi, ma non capisco. Lei dove deve andare?-
- A San Babila, ma… -
- Sei minuti. Lo può vedere anche sul display. -
Il guidatore sembra voler tornare a concentrarsi sul suo lavoro e lo sguardo di Mario cade sulla scritta Non disturbare il manovratore che ha preso a lampeggiare davanti ai suoi occhi.
- Mmm, mollalo questo, mi pare in trance. Non disturbare. Va bene, ma io… -
A destra intanto tra gli alberi di corso Concordia è comparsa l’Opera S. Francesco, ma in fila non c’è nessuno. Sì è presto, ma qualcuno c’è sempre, almeno sulle panchine. Che sia un giorno festivo, pensa Mario sempre più confuso. Non sarà così intronato che oggi è un giorno festivo e lui sta andando a lavorare come un perfetto minchione? Si siede, tenta di accendere il suo smartphone ma quello, stranamente, non accetta la password. Ma che cavolo. Fa niente, non ce n'è proprio bisogno: i bambini, non andavano a scuola i bambini? E poi che c’entra, quei poveretti di S. Francesco mangiano pure i giorni festivi, no? Ma intanto che smanetta sulla tastiera grattandosi pensoso la testa l’autobus arriva in Monforte, passa davanti alla Prefettura e… nessuno in fila nemmeno lì.
-Eh no!- quasi grida tra sé il povero Mario – Qui a quest'ora li vedo tutti i giorni quegli altri disperati che fanno la fila. Com’è che oggi non c’è nessuno?-
Ricaccia in tasca l'aggeggio, si sfrega perplesso la fronte e si avvicina all'uscita girandosi con aria quasi supplice verso l’autista. Ma quello sta già aprendo le porte alla fermata di piazza San Babila. Sei minuti precisi. Mario scende guardandosi attorno ansiosamente. Non sa se far finta di niente o fermare il primo passate per chiedergli se oggi per caso sia un giorno di festa.
-Già, così poco poco mi piglian per scemo.-

Ma davanti all’entrata della metro scorge un trespolo con i giornaletti di strada. Sollievo! Intanto chiarito che festa non è. E finalmente saprà cosa diavolo sia successo. Uff, il primo che vede è proprio di quelli che non sopporta, perché è di destra. Quando il Vecchio Bauscia si era dimesso ‘sto gazzettino sfigato ha dato la notizia in un trafiletto, come fosse roba da niente. Ma decide lo stesso di prenderlo, questione di necessità. Tanto è gratis e dopo lo può sempre buttare nel cesso. E poi è sicuro che anche oggi non ci sarà niente di… No, un momento, guarda qui. Condannato? Bauscioni condannato. Dice proprio così, condannato, non condonato! Il Parlamento ha già dato l’autorizzazione all’arresto? Mica è possibile. Eppure qui lo dice chiaro… Ci deve credere? Stai a vedere che si sono svegliati, quei fregnoni, che hanno finalmente ascoltato il grido di dolore di ‘sto popolo di cornuti e mazziati. Vuoi dire che davvero si volta pagina, che possiamo provare a salvarci? Mario si guarda in giro, sperando di trovar qualche segno che confermi quell'enormità. Ehi, Italiani! Ma no, tutto normale. Sarà uno scherzo, non è possibile.
- Ho capito – pensa Mario improvvisamente, senza riuscire a evitare di assumere l’aria del perfetto cretino che invece si crede una volpe – Dev’essere una nuova edizione del Male, che già m’hanno fatto fesso più di una volta.-

Ma anche altri giornaletti, distribuiti poco più in là, dicono la stessa cosa: Bauscioni condannato, Bauscioni arrestato, tutti quanti. E la gente per giunta li prende e legge tranquilla. Solo qua e là vede qualcuno che scuote la testa compostamente, quasi con compatimento. Non possono essere tutte edizioni del Male e questi tutte comparse. Lo legge anche sullo smartphone, che come d'incanto si è acceso, ma non gli basta. Bauscioni arrestato? Qui ci vuole la supercontroprova del nove! In preda a un’agitazione frenetica Mario balza giù lungo le scale verso l’edicola. Mentre si cerca in tasca qualche moneta già vede i titoli dei veri giornali. Repubblica, Corriere, anche il Giornale: Bauscioni condannato, Bauscioni arrestato.
-Li compro tutti, anche il Giornale che se non l’ha ancora preso glielo regalo io oggi al Vanzetti, quel fetentone!-
Seppure ancora incredulo gongola Mario, incurante dei passanti che, seppur frettolosi, hanno preso a osservarlo. Per forza, si sta agitando come un tarantolato. Vorrebbe girarsi e abbracciare il primo che passa, sta già attaccandosi al cellulare per chiamare qualcuno quando lo sguardo gli cade sul Foglio.

E’ FINITO UN INCUBO!

Così spara in prima pagina il Foglio, a caratteri il doppio del solito. Senza neppure pagare Mario afferra una copia e la legge. C’è un editoriale del Grassone in bella evidenza: Cari lettori, questo è un gran giorno anche per me, il vostro affezionatissimo Fat Giuliano – Mario scorre le righe con mobilissimi occhi – Per anni ho dovuto scrivere baggianate e scempiaggini facendole passare per sottigliezze d’ingegno. Ho dovuto anche occupare il posto di quel grande maestro che fu Enzo Biagi in un modo che ancora mi rimorde la coscienza (anch’io ne ho una, ebbene sì perbacco, eccome se l'ho!) recentemente ho dovuto mettermi perfino il rossetto e autoaccusarmi di essere una puttana! Non ne potevo più. E sapete perché lo facevo? Perché mi ricattava il vecchio Bauscioni, per certi affarucci privati di cui era venuto a conoscenza. Vi pare una cosa accettabile? Ma ora è finita, finita. E posso anch’io festeggiare con voi…

Ecc ecc. Mario chiude il giornale e fa per pagarlo, ma ancora non si convince del tutto. Ci dev’essere sotto qualcosa. Vorrebbe festeggiare ma non ci riesce. Si pizzica perfino su un braccio. Strano, troppo strano, e anche lui adesso si sente assai strano. E' sempre stato un tipo molto sensibile, troppo. E ora si sente proprio come quando, da studente, lo costringevano a partecipare alle sedute spiritiche. Al Politecnico tutti sapevano che era una specie di sensitivo, perché bastava mettesse una mano sul tavolino che gli oggetti prendevano a muoversi, anche se le luci rimanevano accese. Sua mamma, buonanima, se n’era accorta fin da quando era ancora un bambino e ne aveva perfino parlato col parroco. E proprio adesso, adesso sì che sente... una presenza. Reale, fortissima, vicinissima. Vibrazioni da fargli rizzare i capelli. Due tipi che lo stavano guardando sembrano animarsi in quel preciso momento e gli si avvicinano. Non li aveva notati, ma ora che sono a due passi Mario si accorge che hanno negli occhi bizzarri riflessi, metallici ed elettrici assieme. Si accorge di non sentire paura, ma neppure troppa amicizia.
 - Chi siete, cosa volete- si rivolge loro in tono guardingo - non vi avvicinate. Io l'ho capito che non siete quel che sembrate. Io vi sento, siete esseri diversi. Siete alieni! - 
I due personaggi, per nulla aggressivi, si arrestano a breve distanza e iniziano a parlare con aria tranquilla. Uno dei due è solo leggermente più alto, ma vestono entrambi impeccabili completi di lino scuro. Potrebbero sembrare due venditori di bibbie, solo non avessero quei due identici cappellucci a tese strette che lo fanno pensare a truffatorelli da ippodromo.
-Sì è così – scandisce con tono netto il più alto - ma non c’è niente di cui preoccuparsi. Tu ci hai sentito e adesso noi ti spieghiamo tutto.-
L’altro, il più basso, compie un leggero movimento con la mano sinistra e allo stesso tempo spiega al povero Mario che ora tutti e tre saranno racchiusi in un’area di energia protettiva dove nessuno potrà né toccarli, né sentirli, né vederli.
- Così potremo spiegarti tutto – dice il più alto con aria amichevole – Tu ci hai sentiti e te lo dobbiamo. - 
Mario si guarda in giro cercando – ridicolmente, lo sente - di non tradire la sua preoccupazione. Attorno a lui tutto continua a svolgersi come niente fosse successo. La gente arriva, qualcuno come preso da un dubbio cambia direzione quanto basta per non urtarli, ma normalmente tutti continuano a comprare i giornali, o il biglietto, e ad avviarsi tranquilli ai tornelli. La voce, normalissima seppure un poco baritonale, del più alto lo induce a guardarlo in quegli strani occhi metallicoelettrici.
- E’ abbastanza semplice, Terrestre -scandisce il baritono - Bauscioni è nostro. Si tratta del clone T358 di un modello di androide che abbiamo sperimentato sul tuo pianeta. Aveva il compito di sondare le vostre capacità ricettive e reattive. Doveva solo impadronirsi dei principali sistemi di telecomunicazione in un paese di media importanza e testare la resistenza dei suoi modelli culturali a un’invasione di tipo mediatico subliminale. Sono esperimenti di routine senza finalità aggressive, sia ben chiaro. Ma T358 ci ha preso la mano. Per un difetto di programmazione, probabilmente, ha potuto andare al di là del mandato. Ci ha preso gusto, evidentemente. È riuscito ad annullare i meccanismi di controllo e ha elaborato un progetto autonomo. Voleva farsi nominare Imperatore, o Gran Pensionario Perenne, o Monarca Planetario, non abbiamo ancora finito di analizzare i dati ma quando… -
- Un momento, un momento- lo interrompe Mario, agitandosi, scotendo la testa e protendendo le mani come stesse cercando di raggiungere la superficie della sfera in cui si sentiva inscritto come un dannatissimo solido irregolare – Cosa diavolo sta dicendo, Bauscioni un androide? Volete farmi diventare matto? O lo sono già? Posso tornare a casa? -
I due sembrano scambiarsi un’occhiata. Mario non è proprio sicuro che occhiata sia la parola giusta, ma certamente qualcosa tra di loro è intercorsa.
Sì, Terreste - riprende il più alto – non temere, non sarai trattenuto. Ti abbiamo detto di non preoccuparti. Siamo pentiti, molto pentiti. Abbiamo capito i danni tremendi che vi ha causato il nostro esperimento, seppure non era nelle intenzioni. Ma siamo pronti a riparare. -
-Riparare? – ripete stordito il povero terrestre.
-Certo, riparare. Non ti sei accorto neanche tu allora che abbiamo già cambiato i campi psico-magnetici del vostro paese? Non vedi che la gente ha già ricominciato a pensare normalmente?
-Quasi normalmente per la verità –si intromette il più basso, rispettosamente.
-Quasi normalmente – conferma il più alto, anche se a Mario sembra di percepire in lui del disappunto - perché dobbiamo riconoscere che c’è qualcosa in voi che ancora ci sfugge. Ma adesso perlomeno i malfattori torneranno ad andare in prigione e le persone di valore al governo. Tutto tornerà normale, insomma.-
-Quasi… – ripete ancora l’altro.
Mario ascoltandoli sente nascergli qualcosa dentro, come un’irrefrenabile rabbia che lo costringe a gridare.
-Ah sì, davvero? Ma bravi! E i disastri che ha fatto il vostro coso, il clone? E il debito fuori controllo, e i condoni fiscali, e il disastro ambientale, e quello morale, e la mafia al governo? Ma l’avevate messo in conto cosa avrebbero fatto tipi come Notte Palma e Savy Romano una volta al governo, per non citare che gli ultimi? E il discredito internazionale, la disoccupazione, i suicidi? Sapete o no che sono tutti effetti del malgoverno? E poi cosa vuol dire quasi normale? Vi credete dei saccentoni e invece…-

Sia l’alto che il basso sembrano piegare leggermente la testa, proiettando sul pavimento leggeri scintillii azzurrini, che a Mario chissà perché fanno pensare a una singolare specie di lacrime. Si zittisce, quasi pentito per la sua intemerata, e accoglie con sollievo il ritorno della voce che sgorga dal volto dell’alto, il cui tono baritonale non gli sembra ora così disumano.
-Lo sappiamo bene, Terreste. È per questo che abbiamo deciso di modificare ancora, ma in senso positivo, il vostro magnetismo. Non ne avrete piena coscienza, ma da ora per circa 20 anni sperimenterete il meglio che sia possibile nelle vostre condizioni di civiltà e di sviluppo. Una specie di contrappasso positivo. Conosci gli affreschi del Lorenzetti, nel Palazzo Pubblico di Siena? Gli effetti del malgoverno e del buongoverno appunto. Ci siamo ispirati a quelle splendide opere d’arte. Vi abbiamo anche già mandato un po’ avanti. Così adesso avrete ottime scelte amministrative e in poco tempo otterrete di rilanciare la vostra economia in modo molto innovativo. Avrete sviluppo sostenibile, equità fiscale, assistenza sanitaria universale, di qualità e gratuita. E salari e pensioni decenti. I ricchi pagheranno il giusto e criminalità ed evasione fiscale saranno rimesse entro dimensioni fisiologiche-
-Quasi fisiologiche- interrompe ancora il più basso, in tono apparentemente contrito.
-Quasi, quasi – gli risponde indubbiamente seccato il più alto, facendo anche roteare gli occhi come fossero bizzarre trottole, simili a quelle che vendono nelle stazioni – d’altronde lo sai che nelle condizioni di questo paese è difficile… -
Ma come si fosse pentito torna a rivolgersi a Mario:
-E anche buone scuole e aria pulita perfino nelle città. Ma lo sai, Terrestre, che già con il vostro livello tecnologico sareste in grado di produrre energia rinnovabile in misura praticamente illimitata? Se solo smetteste di buttar via risorse per robe come quei ferrivecchi che fanno fatica a stare per aria e che noi potremmo… -
-Ti sei accorto che tutto ciò è già cominciato? – si intromette in modo fermo il più basso, probabilmente preoccupato che il suo compagno non si facesse prendere la mano dall’entusiasmo.
-Beh, in effetti questa mattina… - risponde Mario con una voce esitante, non sua, quasi in quella sfera stesse diventando un clone anche lui.
-Vedi? – ora i due sembrano parlare assieme, o meglio, le loro voci si stanno fondendo in un unico segnale, od impulso, senza che Mario possa capire chiaramente da dove provenga – la vostra gente non ne è consapevole, ma è cambiato tutto. Tu ora lo sai perché ci hai sentiti. Adesso però dobbiamo andare. Clone T358 verrà abbandonato alla vostra giustizia e finirà i suoi giorni con voi. Ci è sembrata una punizione esemplare. Addio. -
Mario si riscuote e si rimette a gridare, con umanissima angoscia:
-Aspettate, aspettate! Ma non mi crederà nessuno, mi piglieranno per matto!-
La sfera che li aveva avvolti sta già dissolvendosi, o almeno così sembra a Mario. La voce dei due però continua a sentirla, come provenisse da ogni singolo punto di quello spazio ancora protetto.
-Lo credo bene, Terrestre. Ma non ti basta che l’incubo sia finito?-
-Sì, sì, certo. Però… - cerca ancora di dire Mario, mentre con la coda dell’occhio scorge un signore massiccio marciare a passo spedito verso di lui.
-Come dite voi, nun ce devi nemmeno provà a raccontà quarcheccosa, sinnò te rinchiudeno!-
Ma lo pigliavano in giro? Mò si mettevano pure a parlà romanesco?
-Addio Terrestre – continua la voce, già dissolvendosi assieme alle due figure e alla sfera - noi abbiamo imparato molto dall’esperimento. Ad esempio che gli Italiani sono ancora un po’ troppo cojoni. Siete l’anello debole, lo sapevate? Cercate di imparare qualcosa anche voi, se no i tempi duri ritorneranno. Non è detto che non ci si riveda, però. In fondo siete dei gran simpaticoni: bella quella del tunnel dei neutrini, era almeno un sidero che non ridevamo così. Addio, e ancora mille scuse. -
Non fa a tempo a replicare, Mario, che sente una forza potente colpirgli dolorosamente la spalla sinistra.
-Ahio, li marziani! -grida istericamente, come uno svegliato di colpo da un sonno profondo.
-Oh, pardòn, non l’avevo proprio vista. - si scusa il signore massiccio accennando a un sorriso imbarazzato e guardandolo con viva preoccupazione.
Mario nemmeno risponde. A li mortacci loro, esclama a voce ancora altissima, ritrovando il piacere di imprecare nel suo dialetto dopo tutti questi mesi di pirla di qui e pirla di là. Oddio è tardi, però, tardissimo.
-Bisogna che corra, altrimenti Vanzetti se la rifarà su di me dell’arresto del suo adorato Bauscioni. – Ma subito si ferma come colpito da una folgorazione:
-Se non si è già convertito anche lui, naturalmente! -

Adalberto Belfiore


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