Milano e la pubblicità sessista: parliamone ancora

Un uomo, cittadino e artista, si indigna davanti alla pubblicità sessista che occhieggia ancora sui muri e anche sui mezzi di trasporto milanesi. E in una lettera aperta all'ATM chiede maggiore sensibilità e interventi concreti per contrastare questa incivile forma di violenza.
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copertina con filetto WEB
"Io non compro sessismo"
Lettera dolorosa e aperta ai vertici dell'ATM Milano

Gentili Signore e Signori,
che rappresentate i vertici amministrativi, decisionali, politici - insomma il potere - all'interno della nostra azienda di trasporti milanesi ATM, salto tutti i possibili passaggi e scrivo direttamente a voi questa lettera aperta e dolorosa.
Io ci ho provato in tanti modi, da solo, in gruppo, seduto ai tavoli istituzionali o seduto sul gradino più basso con le mani in testa: non so più come fare a sensibilizzare l'opinione pubblica e a produrre una lotta concreta su questo silenzioso stillicidio di pagine violente che imbrattano i nostri muri ed educano la nostra cittadinanza alla cultura della violenza fisica e morale, alla sottovalutazione, al ridimensionamento di quella parte vitale del genere umano che è rappresentato dalle donne e dalla parte femminile che tanti di uomini si portano orgogliosamente dentro.

I muri della città sono pubblici e da anni mi rivolgo alle pubbliche amministrazioni per contrastare questo fenomeno ma senza risultato alcuno: rimangono ferme nel silenzio appiccicoso della burocrazia e di una coscienza troppo lenta. Ma anche le carrozze della metropolitana sono pubbliche e spesso siamo costretti a starci dentro in piedi, con la faccia incollata al soffitto e dobbiamo per forza guardare queste autentiche schifezze che ci fate trovare sulle carrozze.

Lo so bene che ognuna e ognuno di voi quando si è trovato - ammesso che voi prendiate la metropolitana - davanti alla pubblicità che riporto in questo post e che ho fotografato due o tre giorni fa, oppure davanti alle altre centinaia che ogni anno ci fate trovare oltre i tornelli, abbia concepito pensieri simili ai miei di disprezzo, di preoccupazione, di allarme, ma poi siete tornati alle vostre poltrone e avete lasciato il problema esattamente lì dove lo avete trovato. E così facendo le paginette di violenza continueranno ad arredare le nostre carrozze in eterno.

In questi vent'anni ne ho fotografate decine e altre centinaia le ho lasciate partire dietro le porte a scorrimento lento. Lento come le vostre coscienze. Io non vi dò più tempo. Voglio che la vostra azienda, anzi, considerando chi paga i costi, dico la "nostra" azienda, scenda in campo con iniziative concrete, nate dall'interno, mirate e inflessibili, se volete con la mia consulenza gratuita, per impedire che altre pagine di incitamento alla violenza ci facciano compagnia ogni giorno di fermata in fermata.
Sediamoci a un tavolo voi ed io: non ci servono altri esperti, mi prendo il rischio da solo, non ci servono altre intelligenze per decodificare una situazione tanto grave e lampante. Cominciamo a pretendere dalle aziende concessionarie della pubblicità sulle carrozze e nelle stazioni di attenersi a delle precise regole - che vi posso aiutare a studiare con l'aiuto dei vostri esperti interni legali - che impediscano definitivamente queste affissioni. Creiamo un'aria libera dalla violenza per immagini pubblicitarie almeno nel "regno dell'ATM", sarebbe una cosa straordinaria e unica: l'istituzione della prima area sexism free in una città. Non è questa le sede per i dettagli operativi.

Questa è solo una lettera aperta. E dolorosa assai. Non ci serve altro: solo una coscienza meno lenta, una coscienza ad alta velocità.
Io ci sono. Vi aspetto.

Ico Gasparri
Artista sociale, fotografo

L'immagine riprodotta in apertura è tratta dalla copertina del libro di Ico Gasparri "Chi è il maestro del lupo cattivo? - La donna nella pubblicità stradale, Milano 1990-2011", Librisenzaeditore


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