La Movida. Una risorsa per la città?

Il Politecnico di Milano, nell’ambito delle iniziative per il 150° anniversario della sua fondazione, ha recentemente organizzato un seminario di studio internazionale sul tema “Governare la Movida. Progetti e politiche attive. Un confronto tra grandi comuni” nel corso del quale sono intervenuti assessori e dirigenti dei Comuni di Milano, Roma, Torino, Venezia, Firenze, Bologna e Padova. ()
movida a milano
In una sala sufficientemente frequentata da operatori, consiglieri di zona, docenti, studenti e cittadini, l’introduzione ai lavori è stata affidata al professor Carles Carreras Verdaguer dell’Universitat de Barcelona, città che di Movida, come è noto, se ne intende.

Carreras, nella sua relazione in una lingua italiana ricca anche di simpatici elementi creativi, ha raccontato quello che accade in una città dove il fenomeno della Movida è soprattutto legato al tema del turismo, mettendo in evidenza la più che difficile convivenza tra le esigenze dei cittadini residenti e le “intemperanze” di cittadini e turisti che portano soldi ma anche qualche problema logistico. Sconsolata la conclusione: l’Amministrazione comunale di Barcellona ha prodotto numerose indagini e ricerche, monitorando soglie del rumore e frequentazioni ambientali producendo però risultati irrilevanti. Da quelle parti, hanno persino favorito, nelle varie piazze del centro cittadino, spettacoli di mimo, fiduciosi nel sillogismo “senza parole= senza rumore”, abbandonando ben presto l’idea.

La sala si anima quando intervengono gli assessori comunali. Milano è rappresentata da Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e coesione sociale, che riferisce di interventi vari nei luoghi milanesi più interessati al fenomeno: i Navigli, le Colonne di San Lorenzo, l’Arco della Pace. Ammette però che esistano in città altre zone (a tela di ragno) interessate dal fenomeno dove è ancora più difficile intervenire.

In questi ultimi anni (leggasi da quando vige la Giunta Pisapia) i controlli sono aumentati in modo esponenziale nei confronti degli esercenti, con i quali però esiste un buon rapporto di collaborazione, nei confronti degli utenti e di coloro che, nel ventre molle della Movida, introducono ulteriori elementi di rischio (spaccio di sostanze stupefacenti di varia pesantezza, vendita abusiva di bevande alcoliche a minorenni e non, delinquenza di natura varia).

Rispetto alla precedente Giunta, sono state decuplicate le multe per sosta selvaggia, anche se chi frequenta i luoghi del divertimento mette in conto di prendere una multa che poi magari non paga. Incentivato anche l’uso dei mezzi pubblici, con quale risultato non è dato sapere. Ci sono poi anche esperienze di “unità mobili” presenti nei luoghi citati con compiti di informazione di prevenzione soprattutto nei confronti di uso e abuso di alcool e di droga.

Rincara la dose il suo collega Franco D’Alfonso, assessore al Commercio, attività produttive, turismo, marketing territoriale che, in sintesi estrema, dice che: ci sono enormi problemi di bilancio, il trasporto pubblico notturno costa un sacco di soldi, il Comune ha pochissima autonomia in materia. D’Alfonso sottolinea che la normativa di carattere nazionale, varata dal Governo uscente (leggi Monti), ha sostenuto la liberalizzazione totale del commercio, in nome del valore assoluto della libera concorrenza, mettendo pali e paletti di natura varia alle attività del Comune. Porta l’esempio delle sale giochi la cui autorizzazione dipende dalla Questura e non dal Comune.

Alcuni regolamenti varati con ordinanze sindacali (del sindaco s’intende) sono stati altresì bocciati dal TAR in base ai ricorsi degli esercenti. Sembra quindi che il problema degli orari di apertura degli esercizi, la loro gestione e conduzione sono di difficilissima gestione da parte dell’Amministrazione comunale. Ora è allo studio un nuovo regolamento per i pubblici esercizi e si sta affrontando il tema delle zone monumentali, per creare spazi idonei al divertimento collettivo, esercenti permettendo. Dice persino che ogni esercente ha un santo protettore, a destra e a manca. Chi vivrà vedrà.

Seguono gli interventi delle gentili assessori alle Attività produttive dei Comuni di Torino, Venezia e Padova che raccontano le loro esperienze e le loro difficoltà a gestire il problema, in scenari con peculiarità varie. Tutte sono contro la liberalizzazione selvaggia. A Padova, il fenomeno si immedesima con lo spritz, ma lì gli esercizi chiudono alle ore 24 (in attesa della sentenza del Consiglio di Stato dopo il ricorso degli esercenti).

Tra il pubblico che rumoreggia alquanto, una signora del Comitato San Salvario di Torino, decisamente polemica con il “suo” assessore, sostiene che non si possano mettere sullo stesso piano il diritto al riposo e il diritto (?) al divertimento, come qualcuno sostiene. Applausi.

Alfredo Zini, rappresentante degli esercenti, si accalora nel sostenere che i locali rispettano le norme, che danno lavoro a tanta gente, che i cittadini si lamentano tanto per lamentarsi, che chi si lamenta dovrebbe mettere i doppi vetri alle finestre e azzarda, addirittura, l’equazione

Movida = vita nuova! Si deve imparare a convivere. Bella frase.

Gli interventi si susseguono, gli amministratori sembrano impotenti nei confronti delle leggi vigenti, i cittadini sono incazzati e gli esercenti si lamentano di non essere sostenuti.

In un intervento nel suo sito internet , Pierfrancesco Maran, assessore all’Ambiente, Mobilità e Arredo urbano del Comune di Milano, sostiene che “la Movida è una risorsa per la città”. Sostiene ancora che il settore dei locali notturni “non ha solo un ruolo sociale evidente, ma pure grande rilevanza economica e occupazionale”.

Sostiene anche, bontà sua, che la Movida qualche problema lo provoca e auspica interventi atti a favorire la convivenza tra chi vuole divertirsi e chi vuole dormire di notte (proposte concrete per una Movida civile, che si possono per intero leggere nell’intervento citato).

Le opinioni sono diverse anche all’interno della stessa maggioranza a Palazzo Marino, come sostiene l’assessore D’Alfonso riferendosi anche ad un recente episodio di “rottura” sugli orari di chiusura dei bar-chioschi.

Negli interventi e nel dibattito, pochi sono gli accenni all’utenza, alle esigenze di socialità e di comunicazione dei giovani. Il problema è enorme per interessi concreti, diretti e indiretti, sociali, culturali, di convivenza civile.

Ma siamo proprio sicuri che ciondolare (eufemismo) per strada o sui marciapiedi con una birra in mano sino alle quattro del mattino sia un valido modello di socialità?

Sullo schermo alle spalle dei relatori scorre una slide che ritrae un signore che porta al collo un cartello con la scritta “VIDA NON MOVIDA”. Qualcuno applaude. Non manca materia per meditare.

Grande confusione sotto il cielo, situazione per nulla eccellente.



(Massimo Cecconi)


Commenta

 
 Rispondi a questo messaggio
 Nome:
 Indirizzo email:
 Titolo:
Prevenzione Spam:
Per favore, reinserire il codice riportato nell'immagine.
Questo codice serve a bloccare i tentativi di inserimento automatici.
CAPTCHA - click right for audio Play Captcha