LA BATTAGLIA DEI CONTRASSEGNI

quarta puntata

... Giosuè Rossi, un single di mezza età, abitava in Viale Fulvio Testi a Milano. Verso le sei del mattino del giorno trenta maggio, la sua mano si agitò sotto le coperte, in cerca  del fastidioso rumore che sembrava rimbalzargli nelle orecchie. Nel subconscio si chiedeva se si fosse dimenticato di disattivare la sveglia la sera prima...
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simboli elettorali web
Era il primo giorno di ferie che si era concesso in seguito a un periodo d’intenso lavoro. Piano piano mentre la sua coscienza prendeva forma, si rese conto, tra lo stupito e lo stupefatto, che non era il suono della sveglia ad infastidirlo ma quello del citofono. Arrancò semisvestito e arrabbiato fino al microfono e dovette appoggiarsi allo stipite della porta quando udì dall’altra parte che si trattava della polizia. Rimase così a bocca aperta sul pianerottolo finché non ebbe ascoltato fino all’ultima sillaba il motivo di quella visita mattutina. Quando il brigadiere gliene espose le ragioni, non seppe sulle prime che pesci pigliare. Non sapeva infatti se ridere o piangere. Era allo stesso tempo infuriato e lusingato. Alla fine gli uscì detto - Io? Ma perché proprio io? - che in effetti era la cosa migliore da dirsi, dato che a nessuno piace credere di aver ricevuto un incarico talmente eccezionale da non esser mai stato affidato a nessun altro prima che a lui. Perché non la Rosi, si chiedeva preoccupato, che era la sua vicina di casa, e che certamente sarebbe stata contenta di tanta considerazione e di quell’improvvisa novità. Tuttavia dovette rassegnarsi e, raccolti i suoi vestiti e il cellulare, non trovando nient’altro da portar via, s’infilò nella volante della polizia, sotto lo sguardo incuriosito dei vicini di casa.
I componenti dell’Ufficio elettorale si erano intanto trasferiti a palazzo di giustizia. Ritenendo che le decisioni da prendere dovessero essere stabilite in contraddittorio con le forze politiche interessate, avevano convocato in tutta fretta i delegati designati dai partiti.  Nello stesso tempo, le forze dell’ordine stavano iniziando un’indagine sulle cause della contraffazione dei simboli elettorali. Il cancelliere Bissotti, la Cancelliera Farinelli, la Cancelliera Lilioni, Oru e tutto il personale amministrativo a disposizione dell’Ufficio erano freneticamente impegnati a convocare delegati e cercare ogni soluzione possibile per uscire dal terribile empasse. Cominciavano infatti ad essere subissati da innumerevoli proteste degli uffici comunali ai quali non erano ancora stati consegnati i manifesti.  Non si riusciva a giustificare loro quell’incredibile ritardo e di comune accordo con gli impiegati del Ministero dell’Interno si era deciso di far fronte comune tra istituzioni, per superare l’emergenza. Al momento fu stabilito di non denunciare pubblicamente l’accaduto anche per non intralciare le indagini della Procura della Repubblica e creare un prematuro allarme.
La campagna elettorale stava infatti proseguendo speditamente. I seguaci di ogni fazione seguivano il loro capo, indossando le sue magliette e i suoi distintivi. A ogni partito avevano aderito personalità in vista, che si erano fatte fotografare e riprendere accanto ai contrassegni della loro lista. I sondaggi rimbalzavano ogni giorno sulle pagine di tutti i notiziari, ingrossando paurosamente le fila di una fazione, con gran fracasso e nessun riguardo per gli altri, tanto che alcuni vecchi sostenitori avevano preso le distanze da quella fazione, denunciando il pericolo che la sua continua ascesa poteva rappresentare per il paese. Naturalmente questi secessionisti erano stati accolti a braccia aperte dagli oppositori e costituivano il bersaglio preferito della fazione data per vincente. Il voto dei malcontenti, però, avrebbe potuto ribaltare le sorti della competizione elettorale e i piccoli partiti si affannavano a conquistarseli, distribuendo volantini e inviando lettere con il proprio contrassegno, sperando di diventare il vero ago della bilancia della politica del Paese. La crisi economica incalzava tutti e anche le casse dei candidati languivano.
Nessuno avrà certo interesse a far saltare le elezioni, pensò il dott.Pigni, preparandosi ad entrare nell’aula del terzo piano, dove erano stati convocati i delegati e l’Elettore Medio. In testa gli si agitavano ancora con violenza i pensieri che avevano cominciato a svolgersi e a concatenarsi mentre usciva con i colleghi dal capannone della tipografia. Valutata l’ipotesi di dare un nuovo termine per la corretta stampa dei manifesti, si era visto costretto a rinunciarvi perché ciò avrebbe comportato un illecito, a detta dei colleghi, inammissibile. I partiti politici debbono avere a disposizione i quindici giorni antecedenti le votazioni per esporre i manifesti. Si poteva ravvisare un difetto giuridico? che so, un travisamento dei fatti? Ogni possibile soluzione rischiava di diventare una trappola pericolosissima, dati i tempi che correvano e i rapporti che esistevano tra politici e magistrati.
All’improvviso, nel cervello gli si fece un gran silenzio e la calma lo distese. Rimase immobile dinnanzi alla porta dell’aula, e mentre si accendeva il sigaro, una serenità ristoratrice lo avvolse assorbendo paura e tensione, procurandogli una sensazione di pace senza pensieri. In definitiva c’era qualcosa che potevano fare: potevano metter fine a quella vicenda. Potevano e dovevano.
Euforico si diresse in corridoio dove i colleghi attendevano esausti l’arrivo dell’Elettore Medio e dei delegati. Li esortò a rasserenarsi e dar prova di agilità mentale ricavando dalla terribile prova cui stavano per sottoporsi, l’obiettivo che per qualche ragione fino ad allora non erano riusciti a vedere e cioè il rispetto del principio della piena partecipazione politica e della più ampia partecipazione alla consultazione popolare. Qualcuno tentennò la testa, la Dott.ssa Brignoni invece sorrise. La sua espressione, pur manifestando una leggera preoccupazione, era sincera. Gli propose di introdurre il discorso al suo posto. Per un attimo il dott.Pigni  fu attraversato da un’ombra di dubbio, ma poi acconsentì.
- Non perdiamo tempo allora! - esclamò vedendo arrivare in fondo al corridoio un drappello di delegati e l’Elettore scortato dai carabinieri.

(Fine della quarta puntata)


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