A teatro e al cinema…a piedi: Lincoln

Una pagina drammatica della storia USA raccontata con grande attenzione ai particolari dello scontro politico tra fazioni opposte. Un film decisamente insolito, da vedere con predisposizione anche alla delusione.


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lincoln

La storia entra nel cinema con tutta la magniloquenza della rievocazione di una pagina fondamentale per gli Stati Uniti d’America dilaniati dalla guerra civile e dalla tragedia della schiavitù. Protagonista assoluto di quelle pagine fu il presidente repubblicano Abraham Lincoln che la storia ci tramanda come indomito condottiero e abile politico. A questo personaggio, che dopo Gesù e Shakespeare è il più raccontato dalla storiografia e dalla narrativa di ogni tempo, Steven Spielberg dedica un film del tutto particolare, volutamente prolisso, in assenza quasi totale di spettacolarità. Un film molto teatrale, cupo, a tratti addirittura buio, verbosissimo, ai limiti della noia. Un film che entra nei dettagli della storia con compiacimento e rievoca le schermaglie parlamentari con dovizia di particolari, laddove i repubblicani assumono il ruolo di progressisti contro la schiavitù e i democratici, quei democratici di allora almeno, si configurano come beceri conservatori.

Il motivo politico del contendere è proprio l’abolizione della schiavitù che Lincoln sostiene nel momento cruciale della guerra di secessione con gli stati del sud, siamo nel gennaio del 1865, pochi mesi prima della morte del Presidente. Intorno alla abolizione della schiavitù sembra ruotare tutta la battaglia della democrazia in un paese dilaniato dalla guerra, con poche prospettive di coerenza futura. Lincoln e i suoi uomini ricorrono ad ogni sotterfugio per comprare voti, per ottenere consensi, per modellare l’esigenza di riunire un paese diviso dalla tragedia del conflitto i cui echi arrivano da poche drammatiche immagini di battaglia.

Abraham Lincoln è descritto come unnaif sapiente che non disdegna le battute sapide e le elucubrazioni politiche. E’ descritto come marito paziente e padre amoroso nei confronti dei due figli sopravvissuti. Daniel Day-Lewis, in odore di Oscar, si spinge quasi alla caricatura, quando “carica” i gesti e i tic, la postura e l’andatura di un uomo che, ancor giovane, sembra lacerato dall’esistenza sua e dei suoi simili.

Un film da interpretare, soprattutto da chi non conosce quelle pagine di storia e rischia di uscire dalla visione confuso e persino irritato. Spielberg disegna la figura di un uomo tormentato e generoso in cui anche i difetti diventano virtù. La sua morte, raccontata in cento film tra cui l’eccellente The Conspirator di Robert Redford, qui viene solo evocata e modulata sulla disperazione autentica del figlio più piccolo. Nel finale, ecco ancora la rievocazione del “discorso di Gettysburg” che gli storici raccontano come un atto fondamentale della democrazia americana.

La storia però non subisce giustizia quando si limita il dibattito all’abolizione della schiavitù, è noto che nella guerra tra nord e sud degli Stati Uniti il vero motore fu la frizione profonda tra gli interessi economici degli uni e degli altri di cui l’abolizionismo fu solo uno degli elementi, per quanto importante e decisivo.

Per godere appieno della visione del film, bisognerebbe avere però buona conoscenza della storia americana. Pochissime concessioni all’intrattenimento e qualche richiamo all’attualità politica. Comunque non epocale.


Lincoln
di Steven Spieberg
con Daniel Day-Lewis, Sally Field, Tommy Lee Jones

USA, India 2012

In programmazione al cinema Plinius


(Massimo Cecconi)


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