Spazio Informatico per le Donne

Lo spazio virtuale come strumento di sostegno alle politiche di conciliazione e di condivisione della genitorialità (approfondimento a cura del sottogruppo del "Tavolo Lavoro" della Commissione Pari Opportunità. 

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La creazione di uno spazio informatico di cui si è ampiamente parlato nella riunione del 7 novembre - ovvero la creazione di un sito web da ospitare eventualmente all’interno del sito del Comune di Milano - risponde all’esigenza della condivisione delle informazioni, delle regole e dei diritti. 

In quanto tale, e se potenziato, lo spazio virtuale è uno strumento di welfare: monitorare l’esistente per informare è il primo passo per offrire dei servizi e accompagnare le cittadine e i cittadini nelle loro scelte. In virtù dei suoi bassi costi di sviluppo, inoltre, lo spazio virtuale ben si confà agli attuali limiti di spesa delle amministrazioni.

In particolare, e sulla stregua di quanto succede all’estero, la condivisione delle informazioni sul web può essere uno strumento necessario (anche se non sufficiente) per il sostegno e lo sviluppo dei servizi per la famiglia, delle politiche di conciliazione e di condivisione della genitorialità. 

Partendo dalla constatazione della carenza di asili nido, il Comune di Milano dovrebbe potenziare due diversi modelli di cura alternativi: il nido famiglia (esperienza già esistente ma mai davvero decollata) e il baby sitting sharing (una pratica non regolamentata né riconosciuta che nei fatti è affidata alla rete di nonni ed amici). Quest’ultimo, in particolare, vede una domanda in forte crescita, così come è dimostrato dai numerosi annunci che navigano sul web. 

È necessario precisare che: 
• il nido famiglia è una sorta di micronido a domicilio
• il baby-sitting sharing è da intendersi in due accezioni: 
a. sul modello francese, come condivisione full time di un’unica tata (anche in termini di costi e contribuiti) tra più famiglie dello stesso quartiere (con eventuale rotazione settimanale della residenza che ospita la tata con i bambini: una settimana presso la famiglia A, una settimana presso la famiglia B). In Francia, grazie anche agli incentivi fiscali (oltre che chiaramente all’inevitabile riduzione dei costi dovuta alla condivisione di una baby-sitter tra più famiglie), il baby-sitting sharing presenta notevoli vantaggi economici se paragonato alle strutture private. Si rivolge quindi a quel ceto medio per il quale l’asilo privato risulta comunque troppo caro. 
b. come servizio non continuativo a cui le madri possono rivolgersi per poche ore al giorno o per pochi giorni a settimana, vale a dire come una sorta di condivisione dell’agenda della tata, che molto spesso è una studentessa o una casalinga che dedica qualche ora della propria settimana al baby-sitting. 

In entrambi i casi si tratta di strutture e capitali umani già esistenti sul territorio milanese. Per questo è necessario, ancor prima di elaborare le modalità di sviluppo di tali servizi, procedere a un doppio “censimento”, ovvero a: 1. una mappatura delle strutture esistenti e 2. una mappatura delle esigenze delle famiglie e delle donne milanesi per capire dove intervenire. 

Ed è qui che entra in gioco la rete che potrebbe essere istituita dal Comune: tra i motivi del mancato decollo della cura a domicilio (al contrario molto diffusa in Francia e Germania) c’è la diffidenza delle madri ad affidare i propri figli a strutture che non siano collettive a pubblicamente riconosciute. Il web serve non solo a mettere in contatto le famiglie che desiderano usufruire di servizi alternativi al nido, ma anche a cambiare i comportamenti creando un controllo partecipato su questi servizi in modo da incentivarne lo sviluppo. 

Sarebbe utile e opportuno potenziare gli spazi virtuali già esistenti ripensando la sezione del sito web del Comune “Nidi e Scuole” dedicata ai servizi per l’infanzia per: 1. Dare conto delle strutture e delle pratiche esistenti (una mappatura agevole e funzionale che attualmente non esiste) comprese quelle di iniziativa privata come i nidi famiglia con l’obiettivo di renderle pubbliche e usufruibili via internet 2. Creare un luogo virtuale di incontro tra le famiglie e le tate (italiane e straniere) in modo da incentivare lo sviluppo del baby-sitting sharing. 

Su quest’ultimo fronte, si potrebbe pensare a una bacheca web di annunci e curriculum pubblicati in cui i genitori possano trovare agilmente i contatti dei nidi famiglia e delle tate di quartiere, dove possono reperire informazioni (sui contratti, sulle eventuali forme di assicurazioni), ma dove possono soprattutto scambiarsi valutazioni e monitorare costantemente la qualità del servizio offerto. 

Non si tratta tuttavia di replicare i tanti siti di annunci che già esistono (www.kijiji.it; http://babysitter.tuttoannunci.org/) ma di cambiare i comportamenti diffondendo il modello della tata di “quartiere” (condivisa e con risparmio dei costi). 

Ciò consentirebbe di combattere la tipica diffidenza di noi donne italiane verso tutto ciò che è diverso dal nido, oltre al fatto di ridurre le spese delle famiglie e, non ultimo di facilitare l’emersione del lavoro nero. 

Questo è vero in particolare per quanto riguarda il baby-sitting sharing inteso come condivisione dell’agenda della tata (accezione b). In questo caso il Comune potrebbe farsi carico di incentivare l’utilizzo di voucher “lavoro” che il legislatore  ha pensato anche (ma non solo) per le attività di baby sitting e che si rivolgono ad alcune categorie ben determinate: studenti/esse, pensionati/e, casalinghe, disoccupati/e e cassintegrati/e. I buoni lavoro possono essere acquistati per via telematica e il sito del Comune potrebbe fornire informazioni a riguardo e rimandare al link del sito Internet dell’Inps (http://www.inps.it/portale/default.aspx?iIDLink=12&bi=12&link=Utilizzare+i+buoni+lavoro) indicando la procedura da seguire. 

Estendendo l’uso di Internet ai molteplici e quotidiani bisogni dei genitori, lo spazio virtuale potrebbe essere inoltre utilizzato per creare una “banca del tempo genitori” per baratti di babysitting e altro (spesa, animazione feste bambini, trasporto scolastico privato, ecc), ancora una volta da intendersi come bacheca di annunci ma soprattutto occasione di incontro tra genitori della stessa zona. 

Il lavoro: una politica di sviluppo dei servizi a sostegno della genitorialità aiuta le donne che lavorano e in quanto tale crea le condizioni di un più equo accesso al lavoro e alle carriere tra i generi: il sito internet del Comune di Milano potrebbe, oltre che fare da supporto ai genitori, essere utilizzato per sostenere l’accesso delle donne al mercato del lavoro. Accanto alla già emersa esigenza di costituire una banca dati (utile a monitorare lo stato delle cose e a sviluppare politiche di sviluppo del mercato del lavoro conseguenti), il web potrebbe per esempio facilitare il contatto tra domanda e offerta o offrire informazioni sui servizi (sportelli d’orientamento, corsi di formazione). 

La condivisione delle informazioni via Internet è un passaggio necessario ma non sufficiente a sostenere le famiglie nella cura dell’infanzia. Esso è un primo inevitabile, non scontato, passo, perché consente alle donne di essere a conoscenza della rete di servizi a supporto della famiglia e di non sentirsi sole, consente loro di mettersi in rete, una rete però che a differenza dei tanti siti e blog dedicate alle mamme sia riconosciuta dal Soggetto Pubblico e che in quanto tale possa fornire delle informazioni ma soprattutto possa incentivare modelli di comportamento e servizi di qualità. Altrove il nido famiglia (Germania) e il baby-sitting sharing (Francia) sono pratiche diffuse ma soprattutto riconosciute dalle istituzioni che le hanno sostenute (con la creazione di corsi di formazione e di albi) e incentivate (con le detrazioni fiscali). 

Concludendo, una seria politica di sostegno ai servizi di cura a domicilio non può non passare per un piano di investimenti volto a: organizzare corsi, creare albi, attivare sportelli dedicati, fornire le informazioni e gli strumenti a genitori e operatrici (Come aprire un nido a domicilio? Come e con chi stipulare un contratto di assicurazione?), effettuare i controlli, sensibilizzare l’opinione pubblica, intervenire fiscalmente laddove possibile. 

In questo percorso, la mappatura dei servizi e il sostegno all’incontro tra controparti rappresentano i presupposti dai quali partire: per capire le potenzialità dell’esistente, cambiare i comportamenti e diffondere pratiche nuove. 

Milano, 10 Dicembre 2011
a cura di Camilla Gaiaschi - Di Nuovo Milano (dinuovomilano@gmail.com)

Appendice - Un’esperienza virtuosa: il sito web del Comune di Parigi 
Il sito, a differenza di quello del Comune di Milano, separa i nidi dalle scuole. Quella dedicata ai nidi è una sezione completa ed esaustiva sulle strutture, i modelli e le agevolazioni delle diverse forme di sostegno e di cura all’infanzia. La sezione si chiama “Che modalità di cura per mio figlio? - Asili, asili famiglia, baby-sitting sharing”:
http://www.paris.fr/creches. 

La pagina è divisa in otto sottosezioni: 
1. Scegliere il tipo di struttura
2. Asili comunali
3. Asili associativi 
4. Strutture private: A. Nidi Famiglia B. Baby-sitting sharing
5. Attività pomeridiane
6. Strutture per bambini con handicap
7. Come creare un asilo nido o un nido famiglia
8. Diventare professionisti della cura dell’infanzia

La sezione 4, che è quella che più ci interessa, conta la lista dei nidi famiglia per arrondissement (la nostra “zona”) e contiene un link che rimanda a un sito internet dedicato esclusivamente al baby-sitting sharing (http://paris-servicesfamilles.com.fr/www/): bacheca annunci, contatti agenzie che gestiscono le operatrici, informazioni su come contrattualizzare un’operatrice, info sui requisiti medici, sull’assicurazione.


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