LA BATTAGLIA DEI CONTRASSEGNI

prima puntata

La battaglia dei contrassegni di Anna Luxen è il primo "web-feuilleton" di z3. Pubblicato a puntate, ci accompagnerà fino alle prossime elezioni.

Rientrò in ufficio alla solita ora. Accese un sigaro meharis, riempiendo l’aria di fumo.
Si avvicinò alla finestra, posando sulla scrivania il giornale...
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simboli elettorali
... che aveva appena letto.
Era già tardi. Non avrebbe visto le trasparenze del cielo, perchè il pomeriggio milanese era plumbeo, ma si sarebbe accontentato di quella parvenza di luce, di quella realtà annebbiata dal fumo.
Il dottor Pigni, ultimo discendente di una famiglia di artisti, oggi rimpiangeva di non aver intrapreso la carriera degli avi, in quella grigia giornata si sarebbe infatti accontentato di dipingere solo i contorni delle sue tetre sensazioni, che minacciavano di togliere luce ai suoi stessi  pensieri.
Nella sua qualità di magistrato, doveva invece occuparsi dell’Ufficio elettorale, che andava ad aggiungersi alle decine di sentenze ancora da scrivere, all’udienza che tra un paio di giorni avrebbe dovuto presiedere e che ancora non era riuscito a preparare; gli pareva tra l’altro che in quell’udienza ci fosse anche un tentato omicidio, un processo molto impegnativo.
Quei partiti di cui adesso doveva occuparsi erano sulla scena politica da anni e non facevano altro che pescare nel torbido e quelle interminabili discussioni tra l’una e l’altra fazione già stavano dirottando l’appena iniziata campagna elettorale verso lo scontro di tutti contro tutto.
Quantomeno, tra alterne vicende, si era arrivati a sottoscrivere l’autorizzazione per la definitiva stampa dei manifesti elettorali. Non era stato facile. I poveri cancellieri avevano passato ore e ore a correggere nomi e date di nascita dei candidati e, come se non bastasse erano piovuti diversi ricorsi sull’ammissione delle liste che si erano conclusi  in extremis con delle decisioni di ammissione provvisoria da parte del tribunale amministrativo regionale.

Il dottor Pigni socchiuse gli occhi. Adesso, pensò, potrò forse respirare fino al giorno delle elezioni. Non si era mai sentito un gran patriota, nella sua vita era stato fedele solo a se stesso. Aveva appena spento il sigaro, quando un cigolio fastidioso e ripetuto destò di soprassalto la sua attenzione. Era il suono del telefono.
- Pronto!- echeggiò nella cornetta e dopo alcuni secondi che gli parvero lunghissimi udì la voce della cancelliera Farinelli.
- Dottor Pigni, sono con la dott.ssa Brignoni, volevamo avvisarla che siamo state costrette a recarci alla tipografia, perché domani all’alba i manifesti dovranno essere consegnati ai comuni per l’affissione e non c’era più tempo per rivederli ed eventualmente correggerli.-
- Va bene dottoressa, mi faccia sapere come va e mi passi un momento la dott.ssa Brignoni. Ada? come va?  Sei sicura di voler andare tu? Se preferisci ti raggiungo tra un paio d’ore -
La Dott.ssa Brignoni rassicurò il collega che non avrebbe avuto bisogno di sostituzione perché il lavoro sarebbe durato al massimo qualche ora, in tarda serata sarebbero tornate a casa. Il dott. Pigni riattaccò soddisfatto, la missione cui si accingeva la collega era alquanto insolita, ma era sicuro che le due donne l’avrebbero svolta con serietà.

Nel frattempo alla tipografia, situata in un oscuro capannone dell’hinterland meneghino, gli addetti alle macchine preparavano i comandi ed i tracciati per le stampe dei manifesti. La dott.ssa Brignoni e la Cancelliera esaminarono a fondo i locali, come a cercare un rifugio per quelle ore di lavoro impreviste.
Così, per non sentirsi del tutto sperdute e abbandonate in un mondo ignoto, si rannicchiarono vicino ad una parete, in un punto da cui era possibile tenere d’occhio lo svolgersi delle attività.
Vi erano quattro computer collegati alle macchine e mentre un operaio controllava le pellicole impressionate, un altro dava l’input ai programmi. Grandi pacchi di carta immacolata riempivano gli spazi antistanti le pareti.
Quasi scherzando, un operaio mostrò alle donne la ricarica dei fogli che stava inserendo nelle stampanti.
-Vede? È proprio bianca...- La dott.ssa Brignoni accennò ad un sorriso di risposta e la Cancelliera chiese - Quanto tempo ci vorrà per stampare i primi manifesti? -
- Un’ora, due al massimo - rispose quello, solerte.
 La Cancelliera Farinelli si addossò alla parete, incassò la testa tra le spalle e si preparò a dormire, o almeno a chiudere gli occhi, sentendosi stanca, debole e piena di nostalgia per la casa lontana. Era una donna di mezza età, non molto curata nel vestire, al contrario della Dott.ssa Brignoni che era invece molto attenta, anche se di gusto un po’ retrò.
S’intuiva che il sole non era ancora tramontato del tutto, anche se le due donne potevano vedere il cielo solo attraverso lo spiraglio di una finestra lontana.
Subito dopo si sentì una vibrazione e le macchine si misero in attività. Il locale fu avvolto nel rumore assordante delle rotative. La dott.ssa Brignoni si sentì le labbra secche e la fatica che le si stava posando sulla schiena come un muro pericolante. I manifesti cominciavano a srotolarsi dentro le macchine.

Nessuno potrà mai dire con sicurezza cosa sia davvero accaduto in quegli attimi. Dall’esterno non vi fu mai un’evidente manifestazione, o un segno pur piccolo di quel che realmente si verificò dentro quelle rotative.
Scudo contro scudo, come animati di vita propria, i contrassegni dei partiti di centro fronteggiarono le rotocalcografie. Strepiti provenivano dal fondo, dove gli inchiostri si stavano spandendo. Erano ruggiti di leoni, suoni di martelli sopra incudini e falci. I simboli dei partiti erano scatenati.
Da un cerchio blu, bordato d’azzurro, si levò in volo la sagoma di una colomba bianca. Rivolta in alto, puntò a sinistra con le ali spiegate, trascinando nel becco una fascia tricolore.
Traversato il cerchio blu e due fasce oblique di colore verde, volò indenne attraverso un simbolo bianco, per poi lanciare schizzi di rosso, di bianco e di blu su impauriti simboli privi di colore. Sfiorata dal basso da uno schizzo di rosso, ma planando coraggiosamente su quattro righe di minori dimensioni, centrò la parola “Pensionati”, riposò un attimo sulla parola “Popolo” e trasse infine un sospiro, quando le cadde dal becco la fascia tricolore sulla parola “Valori” di maggiori dimensioni. Ma mentre stava per lanciarsi a recuperarla, un guerriero con spada e scudo, di colore blu, trafisse il tricolore e le impedì di proseguire.

Allora stette ferma giusto il tempo necessario per nascondersi, perché il guerriero si era messo la lama della spada tra i denti e rilanciava verso l’alto il tricolore che andava ad impigliarsi negli scudi di altri simboli. La colomba a quel punto diede un veloce colpo d’ala alla loro superficie per tastarne la solidità e poi cominciò a prendere a colpi di becco gli scudi. Quando batté lo spigolo in cui la bandiera era rimasta impigliata, la librò nell’aria, facendola roteare intorno al capo e di nuovo la lanciò verso l’alto. Il guerriero blu, che si era distratto per un attimo, improvvisamente si vide faccia a faccia con un guerriero tale e quale a lui, ma di colore verde, che gli intimò di ritirarsi dai suoi spazi.
- So che stiamo per perdere - esclamò il guerriero blu – ma piuttosto che ritirarmi io combatterò fino alla morte! - e, pur accerchiato dai contrassegni dei nemici, si preparò alla sfida.
Ammirato da tanto valore, un sole giallo in campo verde gli sorrise e lo scortò fino al limitare del campo di battaglia, dove si erano rifugiati i candidati chiusi nei recinti degli spazi regolamentari. Fortunatamente, l’accesso al simbolo che li rappresentava era bordato da un rigo a striscia continua. Tuttavia le urla che lanciarono furono lancinanti: ognuno in cuor suo temette di doversi preparare al peggio.

(Fine della prima puntata)

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