Ricordo del professor Mauro Buscaglia

Che cosa distingue Mauro Buscaglia, come professionista e come cittadino impegnato per la difesa dei diritti delle donne e della laicità dello Stato, rispetto agli altri? Mauro non si è limitato a parlare e a scrivere, ma ha avuto il coraggio di assumere su di sé, in prima persona, una delle battaglie più importanti per la difesa dei diritti delle donne in Italia, quella dell’impugnazione delle Linee guida sulla legge n. 194. (Buscaglia è morto il 29 dicembre scorso, a 66 anni). ()
buscaglia web
In un momento in cui il potere sembrava assoluto, in grado di piegare legge e Costituzione, Mauro Buscaglia, insieme ad altri medici ha avuto il coraggio di dire no. Cosa era successo? Alla luce del progresso scientifico, il termine di 24 settimane per l’interruzione della gravidanza era troppo elevato, e quindi alcuni ospedali lombardi, fra cui la Mangiagalli, avevano dettato linee guida interne, del tutto legittime, che davano come indicazione quella delle 22 settimane e che aggiungevano per l’interruzione di gravidanza nel secondo trimestre anche una ulteriore valutazione specialistica.
La Regione Lombardia, alla luce di questa esperienza, emana delle Linee guida, generali, da imporre su tutti gli ospedali lombardi, in realtà con il fine, non dichiarato, di rendere più difficile la procedura. Si trattava cioè di un cambiamento della legge n. 194, con gli strumenti di un atto secondario, quello di indirizzo regionale.

Quale fu l’effetto pratico, negli ospedali piccoli, meno organizzati? Ovunque si registrava un’estrema difficoltà se non un’impossibilità di interrompere la gravidanza, alle condizioni previste dalla legge n. 194/1978. Di fronte a una situazione come quella, l’unica possibilità era quella dell’impugnazione davanti al giudice, che avrebbero potuto fare soltanto delle donne o dei medici. C’è voluto molto coraggio. E Mauro Buscaglia l’ha avuto.

La sua decisione ha reso più facile quella degli altri colleghi e dato un peso diverso al ricorso. Ricordo ancora che, come suo avvocato, mi aveva chiamato per avere spiegazioni e mi aveva confessato che per lui non era facile, dopo l’esperienza del processo penale, che era durato tanto tempo, pensare di affrontare nuovamente i rischi di un giudizio, ma che aveva capito l’importanza di quel gesto.
La vittoria della causa e l’annullamento delle Linee guida sono stati fondamentali nella battaglia di questi anni di tutela dei diritti delle donne e di ripristino della legalità. Il giudice ha quindi detto no a un atto secondario, no al federalismo sui diritti fondamentali, ma soprattutto ha ribadito la definizione della legge n. 194 del 1978 quale legge a contenuto costituzionalmente vincolato, più forte delle altre.

Mauro Buscaglia ha sempre pensato che fosse essenziale un'effettiva applicazione della legge n. 194 del 1978, che ne rispettasse lo spirito profondo, ovvero la possibilità di scelta della donna, la fiducia nella sua decisione, l’appoggio e non la costrizione psicologica (laicità costituzionale).

Questo è stato l’impegno comune sull’obiezione di coscienza.

Con il prof. Buscaglia ho discusso a lungo sulla necessità per il medico di organizzare gli ospedali, di tutelare i diritti dei medici obiettori, ma, al tempo stesso, di vigilare sulla serietà dell’obiezione, alla luce di un bilanciamento nella legge: i diritti del medico non possono annullare l’efficacia di una legge a contenuto costituzionalmente vincolato, che tutela l’autodeterminazione delle donne.

Abbiamo insieme cercato di capire come sollevare una questione davanti alla Corte costituzionale, abbiamo partecipato a convegni e ragionato sugli strumenti giuridici e organizzativi migliori.

Con Mauro Buscaglia ho condiviso questa battaglia in sede europea: attraverso un’associazione abbiamo presentato un reclamo al Consiglio d’Europa, per far condannare l’Italia in ordine all’applicazione dell’art. 9, che disciplina l’obiezione di coscienza in materia di interruzione volontaria di gravidanza.
Nella prima fase, quella più difficile, dell’ammissibilità, il Comitato Europeo dei Diritti Sociali ha ammesso il ricorso e, soprattutto, dichiarato la procedura d’urgenza (evento rarissimo) facendo passare davanti questa decisione ad altri casi, con la motivazione che “la mancata applicazione dell’art. 9 mette in pericolo la vita e la libertà delle donne”.
Se verrà confermata questa impostazione l’impegno del prof. Buscaglia sarà premiato: era stato felice all’annuncio della vittoria in questa prima fase; mi strazia l’idea che non potremo festeggiare la vittoria finale con lui.

Un’ultima osservazione: negli ultimi anni il mio impegno politico è stato valutato in modo diverso dall’ambiente che mi ha conosciuto, come professionista e come studiosa. In alcuni casi ho sentito una certa diffidenza, come se impegnarsi direttamente per la tutela dei diritti nella politica potesse compromettere la serietà e l’integrità professionale di queste battaglie.
Mauro Buscaglia, al contrario, mi ha sempre sostenuto, perché credeva profondamente che i valori e gli ideali dovessero essere portati avanti a 360 gradi e che l’impegno professionale di ognuno di noi non bastasse più oggi a garantire ai nostri figli un’Italia migliore e che per questo fosse importante spendersi, senza paura, nello spazio pubblico.

Marilisa D’Amico
Professore ordinario di Diritto costituzionale, Università degli Studi di Milano

Commenta

 
 Rispondi a questo messaggio
 Nome:
 Indirizzo email:
 Titolo:
Prevenzione Spam:
Per favore, reinserire il codice riportato nell'immagine.
Questo codice serve a bloccare i tentativi di inserimento automatici.
CAPTCHA - click right for audio Play Captcha