“Sia lode ora a uomini di fama”: Manuel Ferreira

Nella nostra zona ci sono e ci sono state persone importanti che contribuiscono e hanno contribuito al progresso sociale, civile e culturale della nostra città e del nostro Paese. L’occasione di conoscerle è un modo per stare nella storia e nelle stagioni.
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Incontriamo Manuel Ferreira, componente maschile della Compagnia Alma Rosè che ha sede in via Tadino. Nato A Buenos Aires, dopo una laurea in Economia e Commercio e un diploma d’attore, si trasferisce in Italia nel 1991 dove ha lavorato con numerose compagnie teatrali sino ad incontrare il percorso di Alma Rosè di cui oggi rappresenta corpo e anima.

Per saperne di più su Alma Rosè e su Manuel Ferreira , visitate il sito www.almarose.it, un mondo di impegno culturale e civile.

Ci puoi presentare la Compagnia Alma Rosè? Un po’ di storia e di poetica…
La Compagnia Alma Rosè esiste dal 1997 quando Elena Lolli e Annabella Di Costanzo hanno vinto il Premio Scenario con lo spettacolo omonimo “Alma Rosè”. Due attrici a quel tempo giovanissime che vincono inaspettatamente con una storia ispirata all’Orchestra femminile di Auschwitz, di cui la musicista ebrea Alma Rosè era la direttrice.
Questo spettacolo ha dato loro un nome, anche se non scelto: due giovani attrici che lavoravano allora senza struttura con uno spettacolo che tutt’ora rappresentiamo.
Dopo tre anni di alti e bassi, nel 2000 mi sono unito a loro ed abbiamo cominciato a lavorare insieme. E da allora “le Alma Rosè” è diventato “gli Alma Rosè” e basta…
Per iniziare abbiamo curato una versione di questo spettacolo per poter andare nelle biblioteche e in luoghi non convenzionali perché avevamo bisogno di lavorare. I tempi del teatro e delle Istituzioni sono lenti e allora per i giovani, come ora del resto, c’erano grandi difficoltà.
A quel tempo, un po’ ingenuamente, eravamo partiti con il nostro primo spettacolo insieme “Gente come uno” dedicato alla crisi Argentina del 2001. Lo spettacolo venne ospitato al CRT e organizzato dal Teatro Verdi, e andò talmente bene tanto che ci proposero di ripresentarlo nella stagione successiva. Invece non andò così, nel momento di fissare le date hanno chiesto una nuova produzione (senza finanziarla) loro volevano assolutamente una novità, ma novità per chi? La nostra rabbia però si trasformò in una nuova proposta, per superare la frustrazione di non poter lavorare in un teatro.
Da lì abbiamo inventato questa forma di porci nella città, abbiamo deciso di fare il nostro progetto “Giro della città” andando a cercare sul territorio un pubblico disposto ad ascoltare e dei partner disposti a sostenerci. E da allora non abbiamo più smesso di lavorare nel territorio, una stagione dietro l’altra. E’ nata per noi una nuova esperienza produttiva, condivisa con sostenitori privati, che malgrado le difficoltà economiche ci consente di andare avanti.
E’ un lavoro ricco di incontri, noi stessi siamo una risorsa per i nostri partner. Con loro si crea un percorso con progetti di coesione sociale. Questo ci ha permesso di definire una poetica nella città. Il pubblico ci conosce perché noi andiamo verso il pubblico “in giro per la città” dove i diversi luoghi diventano protagonisti. Noi oggi abbiamo uno zoccolo duro di pubblico che va dalla Barona al Piccolo Teatro…
Al di là della poetica, dopo otto anni di piazze piene, mi chiedo perché i teatri non pensino di fare altrettanto. Quando ci hanno dato il Premio Milano per il teatro siamo stati premiato proprio dal pubblico, mentre la critica premia sempre i soliti grandi teatri, i soliti grandi registi. Ma non scava nel nuovo per rilanciare
Dopo 8 anni del progetto “Giro della città”, abbiamo presentato “Canto della città” un musical in cui mi rivolgo a Milano come se fosse una moglie. Io litigo con Milano anche per ricomporre un rapporto e per farmi convincere che ci sono buoni motivi per restare in questa città.
Altri spettacoli sono “Cittadini in transito”, un’inchiesta sui temi dell’immigrazione, e “Concerto tra gli orti” alla scoperta di nuove forme di aggregazione al di là della politica che non interessa più nessuno.

Quali sono i rapporti con il territorio e con le istituzioni?
In zona Barona abbiamo la nostra sala prove e lì lavoriamo tanto con il quartiere. Lavoriamo poi in tutte le zone della città.
In zona tre, dove abito e dove abbiano la nostra sede legale, stiamo lavorando con le scuole di via Stoppani cercando di coinvolgere anche i genitori. La cultura inizia con un piccolo seme che si deve coltivare quando i bambini sono molto piccoli. Abbiamo anche presentato un progetto al Consiglio di Zona 3 per fare teatro con i bambini: un vero laboratorio democratico.
Il rapporto con le Istituzioni non è virtuoso. Sicuramente c’è stato un blocco a livello comunale che è durato oltre 18 anni e che ha creato molti danni. Con questa nuova Amministrazione si sono aperte possibilità di dialogo, anche se le difficoltà sono enormi. Io sono laureato in Economia e Commercio e sino a 25 anni ho lavorato in una multinazionale di marketing. Mi sembra che qui manchi professionalità tecnica. La parola “amministratore pubblico” dovrebbe essere riqualificata. “Funzionario” vuol dire far funzionale le cose… Non abbiamo bisogno di visione poetica della città, la città ha una visione poetica di per sé. Pisapia ha vinto le elezioni perché ha guardato verso la città, non perché ha imposto una visione personale. Ora occorre agire, noi però non abbiamo bisogno di amministratori protagonisti.
Dalla pubblica amministrazione non abbiamo alcun sostegno. La Regione Lombardia non ha fondi. Con la Provincia di Milano abbiamo avuto un piccolo periodo virtuoso che si è esaurito con l’avvento della nuova Amministrazione.
In Comune abbiamo presentato i nostri progetti a diversi Assessorati ma non abbiamo ottenuto nulla. Ora aspettiamo nuovi bandi e la nuova convenzione con i teatri. Il Comune dovrebbe osare, occorre fare sistema, occorre maggior dialogo.
Non capisco perché noi si riesca a lavorare bene con il privato sociale (cooperative, ong, fondazioni…) e non con il Comune di Milano.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Abbiamo in cantiere un progetto che è iniziato lo scorso anno in Africa grazie a Coop Lombardia. Siamo andati in Burkina Faso per conoscere esperienze di turismo responsabile e restituire al pubblico un Africa vera , senza filtri.
Annabella sta anche seguendo un progetto molto complesso sulla maternità. E poi ci sono tutti i nostri spettacoli che continuano ad andare in giro per la città e per il mondo.

( a cura di Massimo Cecconi)


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