A teatro e al cinema…a piedi: Reality

Una farsa italiana che racconta, da Napoli, tutto lo squallore dei nostri tormentati tempi.
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reality garrone web
L’inizio è folgorante. In un luogo assolutamente fasullo e senza storia va in scena la cerimonia del matrimonificio. Gli sposi arrivano in una carrozza delle favole con tanto di cavallo con pennacchio, una folla di invitati di imbarazzante squallore si diverte in un clima di farsa ostentata e avvilente. Ospite d’onore un reduce dalla trasmissione del Grande Fratello, osannato come un dio in terra.
Alla cerimonia partecipa l’agghiacciante famiglia del pescivendolo Luciano, che vive del commercio di vongole e spigole e di piccole truffe, complici interessate le vecchiette del quartiere.
Luciano abita in una di quelle vecchie case del centro di Napoli, un palazzone fatiscente attraversato da scale e scalette, ballatoi e balconi, dove un’inquieta e chiassosa umanità condivide il giorno e la notte, il bene e il male.
Accade così che Luciano, complice una piccola figlia già televisione-dipendente, si autoconvince di poter partecipare al Grande Fratello. Si sottopone a più provini e spera di guadagnarsi l’agognata Casa. Inizia così una discesa agli inferi che porta il protagonista, con famiglia appresso, allo sconforto totale, in preda a fissazioni maniacali, paranoie esistenziali, in attesa di una chiamata che non arriva mai.
 Il finale del film è tanto spiazzante quanto improbabile: Luciano, recatosi a Roma in pellegrinaggio, riesce a intrufolarsi nella casa del Grande fratello e vive il suo momento di beatitudine.
Dopo la tragica epopea di Gomorra, Matteo Garrone si misura con il terreno minato della commedia drammatica, dove si sorride e ci si interroga, dove la farsa è un po’ fine a se stessa, dove la realtà si confonde con la favola.
Sullo sfondo aleggia la cattiva televisione che è sintomo di una cattiva società in cui i valori civili e sociali sono stati venduti sottobanco in cambio della speranza di notorietà e ricchezza: il vuoto morale e culturale, come scrive Paolo Mereghetti .
Senza fare facile sociologismo, ne esce uno spaccato amarissimo di un tessuto umano ai limiti della dissoluzione, anche se il film appare irrisolto, in bilico tra denuncia politica e piacere compiaciuto della narrazione.
Aniello Arena, che nella vita vera è ospite del Carcere di Volterra per gravi reati, è un Luciano credibile e intenso. Bravissimo il coro della famiglia e degli amici, tra cui si riconosce qualche faccia già vista in Gomorra.
Da vedere, anche se il rischio di uscirne un po’ delusi c’è.

Massimo Cecconi


 Reality
 regia di Matteo Garrone
 con Aniello Arena, Loredana Simioli, Nando Paone, Claudia Gerini
 Italia 2012

 In programmazione al Cinema Plinius






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Re: A teatro e al cinema…a piedi: Reality
06/10/2012 Adalberto
Dannazione a voi! Tra la critica di Massimo e il commento del lettore mi sa che mi toccherà andare a vederlo, 'sto film. E ho già capito, correggetemi se mi sbaglio, che se mai ci andrò mi beccherò un'altra buona fettona di Italia degradata, ignorante, rissosa, imbrogliona e paracula ma tanto, tanto vitale, generosa, scoreggiona e nazionalpopolare. Cheppalle! Quanti ci hanno giocato su, negli ultimi decenni, almeno dai tempi di Alvaro Vitali o del Lino Banfi prima maniera?
L'Italia insomma la cui bancarotta politica, morale, civile ed infine economica è tragicamente sotto gli occhi di tutti. Per giunta dovrò, se non ho frainteso il commento, inevitabilmente sentirmici pure in colpa per farlo dall'alto della mia superiore fortuna di classe, censo (?), cultura, possibilità oggettive e soggettive e chi più ne ha più ne metta. Come se Roberto Saviano, destinato a non essre niente di più di uno dei tanti guaglioncielli di periferia, non fosse diventato quello che è a costo di una dolorosa e costosissima rottura con quell'andazzo mortale e mortifero. Come se la via per conquistarsi un orizzonte civile superiore fosse precluso geneticamente ai popolani di Napoli. Non sarà che proprio qui si annidi una vera presunzione di superiorità?
Non l'ho visto il film, per cui non posso dirne nulla. Però, sempre dall'alto della mia superiore ecc ecc spero solo che il buon Garrone (conosciuto con ben altro copione) non mi faccia rimpiangere ancora una volta, che so, Alberto Sordi. E magari Totò, il maestro. Anche lui, pur ossessionato dall'araldica, ha dato voce alla Napoli più popolare e profonda. Ma con quale arte, con quale desiderio di elevazione e riscatto, con quale nobiltà! Mi auguro solo che non ci sia nel film che, dannati voi, mi state inducendo a vedere, alcun cedimento compiacente a quel brodo di coltura da cui da un bel po' sembrano saltar fuori solo dei mostri.


Re: A teatro e al cinema…a piedi: Reality
06/10/2012 liana
Mi è piaciuto molto il film di Garrone. L'ho trovato molto originale e con uno svolgimento non scontato. Adesso però non voglio tanto parlare del film quanto, brevemente, della critica che ho appena letto. La critica abbonda di aggettivi e termini negativi quali "squallore" "avvilente" "agghiacciante" rivolti ai personaggi del film. Difatti parla di "tessuto umano ai limiti della dissoluzione". Sì, tutto vero eppure soffermarsi solo sulla critica a questa umanità e alla cultura televisiva mi sembra troppo facile. Ci sento una presunzione di superiorità. Tutto sommato noi siamo privilegiati senza grande merito. Difatti siamo stati "gettati" dalla nascita in un orizzonte più "civile" e con maggiori possibilità di sviluppo individuale. Quindi, a parte la critica alla società televisiva (io non possiedo neanche la televisione) io ho apprezzato soprattutto la capacità di Garrone di narrare una vicenda umana di grande disagio in una città meravigliosa troppo maltrattata dalla storia. Attori e attrici di una bravura enorme. solo il fatto che un ergastolano riesca a diventare un attore di tale potenza mi dà la speranza che questa umanità abbia le potenzialità per riscattarsi.


 
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