La responsabilità dei genitori per i danni causati dai figli

Secondo la Corte di Cassazione, non basta dimostrare di non essere potuti intervenire a impedire l'atto illecito compiuto dal figlio: è necessario provare l'adeguatezza dell'educazione impartitagli.
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Il nostro ordinamento, in particolare l'articolo 2048 del codice civile, stabilisce che, nel caso in cui un minorenne commette un atto illecito, i genitori con lui conviventi sono responsabili del danno causato. Questo, salvo che dimostrino di non aver potuto impedire il fatto.
La responsabilità dei genitori quindi è presunta, salvo prova contraria.
Credo importante che le madri (e i padri) conoscano questa norma e l'interpretazione che la giurisprudenza, cioè le sentenze dei giudici, ne hanno data.
Lo spunto viene dalla sentenza della Corte di Cassazione del 6 dicembre 2011, n. 26200 che ha trattato il seguente caso: nel corso di una partita di calcio, un ragazzo aveva colpito con una violenta testata alla bocca un giocatore della squadra avversaria; ciò mentre il gioco era fermo e senza avere in precedenza da lui subito un'aggressione.
Tale sentenza riforma la decisione della Corte d'Appello sullo stesso caso, che aveva ritenuto i genitori non responsabili, in quanto non sarebbero potuti intervenire nel corso della partita per dare direttive al figlio, o comunque prevedere o impedire l'evento.
Secondo la Corte di Cassazione, infatti, quello che conta è l'evidente carenza di un'adeguata attività educativa da parte dei genitori, che ha permesso al minore di ritenere lecito, o anche solo consentito, un comportamento così violento, impulsivo e ingiustificato nei confronti di un altro giocatore, anch'egli minorenne.
Nel caso in esame, i genitori non erano stati in grado di dimostrare che avevano impartito al figlio un'educazione adeguata a fargli rispettare le regole della civile convivenza e che, nonostante tale corretta educazione, il ragazzo aveva compiuto l'illecito. Si sono dunque trovati a dover risarcire i danni subiti dal giocatore aggredito.
La norma citata e l'interpretazione che la giurisprudenza ne ha dato sono molto dure.
La spiegazione di questa severità si trova, da un lato, nella tutela dell'interesse dei figli a ricevere nei primi anni di vita e in adolescenza una formazione che li renda ben consapevoli delle regole della civile convivenza; dall'altro,  nella tutela di chi dal minorenne viene danneggiato: infatti, se non fosse così alta la soglia dell'adeguatezza dell'educazione ritenuta dai giudici, troppo spesso la responsabilità ricadrebbe solo sul minorenne che ha commesso l'illecito, privo dei mezzi necessari per risarcire il danno causato.
Questo rappresenta certamente un problema per i genitori di ragazzi ribelli e magari, per alcuni periodi dell'adolescenza, anche aggressivi o violenti. Il consiglio è quindi di fare qualsiasi cosa (compreso il consulto presso psicologi esperti dell'età, se possibile con sedute anche per il ragazzo) idonea a far ritenere che, obiettivamente, l'educazione impartita dai genitori è stata adeguata. E se il figlio ha commesso un atto illecito, la responsabilità non è loro.
In casi di ragazzi particolarmente difficili, poi, va ricordato che può valere la pena di stipulare un'assicurazione per eventuali danni da loro causati.

Avv.Francesca Agnisetta
(Diritto di Famiglia)