Buenos Aires senza macchine. Ma, solo per shopping?
Perché dall’organismo di gestione sono assenti i rappresentanti istituzionali della cultura e dell’ambiente o le associazioni culturali di zona? Alcune considerazioni dopo l’incontro delle delegazioni dei partiti del centrosinista di zona tre con l’Assessore Maran.
(Franco Calamida)30/06/2012
Renato Sacristani, Presidente del CdZ 3, ha sollecitato all’Assessore l’emissione delle ordinanze che dispongono la chiusura domenicale di Corso Buenos Aires, deliberata dal consiglio di zona ormai da 4 mesi. E ora Maran si è impegnato per una rapida decisione.
Questa dei tempi era la questione principale, dalla quale ovviamente dipende il resto. Fin qui tutto bene.
Ma sullo sviluppo successivo della discussione e le conseguenze pratiche, nutro forti perplessità.
L’originale impostazione, sintetizzata anche nel programma della coalizione di zona, cioè il progetto di impronta culturale e ambientalista, mi è parso sia restato sullo sfondo.
I fatti: la gestione degli eventi sarà affidata al Duc (distretto urbano del Commercio e non al consiglio di zona). E come è composto il Duc? Così: 3 consiglieri del Cdz (maggioranza e opposizione), 2 componenti confcommercio, Teatro Elfo 1, confesercenti 1, albergatori 1, associazioni Amici di B.A 1 o 2.
Il pubblico non è per nulla in maggioranza. Se questo è lo strumento con il quale far vivere il progetto, certo sente il peso dei pur legittimi interessi dei commercianti.
Quali spazi restano al progetto ambientale e culturale? Al palcoscenico di eventi culturali, band musicali, editori minori, poesia, e altro da inventare. E la città restituita ai cittadini, e ai bambini? Il corso potrebbe, alcune domeniche, essere chiuso al traffico anche in assenza di eventi.
In questa ipotesi è stata persino paventata la serrata dei commercianti. Non la credo probabile, per nulla , ma anche se fosse? Per la “Milano che cambia” si intende qualcosa di nuovo rispetto al passato, non solo consumi e cemento.
Nel concreto: se il Comitatoxmilano o altra associazione si proporranno per organizzare una iniziativa culturale, che cosa dovranno fare? Ne parleranno con il consigliere di zona nominato nel Duc, che ne parlerà col Duc. E poi arriverà la risposta.
Così almeno ho capito io, ma forse si può migliorare.
Se non è tutto commercio o quasi, perché nel Duc non è rappresentato l’assessorato alla Cultura? Come giustamente ha osservato la consigliera Mariolina de Luca Cardillo, sostenitrice del progetto ambientalista? E perché sono esclusi i presidenti delle commissioni ambiente e cultura della nostra zona.
Se sono rappresentate le associazioni dei commercianti, perché non prevedere una rappresentanza delle altre associazione della zona?
Dovrebbe cambiar nome, il Duc? E che lo si cambi. Oltre alla direzione del vento, vogliamo cambiare la città. Figuriamoci un nome.
Un punto è certo, anche da me condiviso, per realizzare grandi eventi occorrono i mezzi e le disponibilità del Comune sono assai contenute. Bene, allora li si realizzino di concerto, con chi ha forte presenza, e poteri, e mezzi e organizzazione sul territorio: appunto i commercianti. Ma con un ruolo più forte delle pubbliche istituzioni.
E infine: “ non ci sono i soldi” non si fa a tempo ad.aprir bocca che ci viene subito ricordato.
Però è vero. Per cui tutto resta nel cassetto: fantasia, idee nuove, slancio, creatività e sperimentazione partecipata.
È così oggi, ma non sarà cosi per sempre.
“Vedrai vedrai che un giorno cambierà”, cantava Tenco, e anche Milano tornerà ad investire nella cultura, come tante città del mondo.
E cambierà.
Questa dei tempi era la questione principale, dalla quale ovviamente dipende il resto. Fin qui tutto bene.
Ma sullo sviluppo successivo della discussione e le conseguenze pratiche, nutro forti perplessità.
L’originale impostazione, sintetizzata anche nel programma della coalizione di zona, cioè il progetto di impronta culturale e ambientalista, mi è parso sia restato sullo sfondo.
I fatti: la gestione degli eventi sarà affidata al Duc (distretto urbano del Commercio e non al consiglio di zona). E come è composto il Duc? Così: 3 consiglieri del Cdz (maggioranza e opposizione), 2 componenti confcommercio, Teatro Elfo 1, confesercenti 1, albergatori 1, associazioni Amici di B.A 1 o 2.
Il pubblico non è per nulla in maggioranza. Se questo è lo strumento con il quale far vivere il progetto, certo sente il peso dei pur legittimi interessi dei commercianti.
Quali spazi restano al progetto ambientale e culturale? Al palcoscenico di eventi culturali, band musicali, editori minori, poesia, e altro da inventare. E la città restituita ai cittadini, e ai bambini? Il corso potrebbe, alcune domeniche, essere chiuso al traffico anche in assenza di eventi.
In questa ipotesi è stata persino paventata la serrata dei commercianti. Non la credo probabile, per nulla , ma anche se fosse? Per la “Milano che cambia” si intende qualcosa di nuovo rispetto al passato, non solo consumi e cemento.
Nel concreto: se il Comitatoxmilano o altra associazione si proporranno per organizzare una iniziativa culturale, che cosa dovranno fare? Ne parleranno con il consigliere di zona nominato nel Duc, che ne parlerà col Duc. E poi arriverà la risposta.
Così almeno ho capito io, ma forse si può migliorare.
Se non è tutto commercio o quasi, perché nel Duc non è rappresentato l’assessorato alla Cultura? Come giustamente ha osservato la consigliera Mariolina de Luca Cardillo, sostenitrice del progetto ambientalista? E perché sono esclusi i presidenti delle commissioni ambiente e cultura della nostra zona.
Se sono rappresentate le associazioni dei commercianti, perché non prevedere una rappresentanza delle altre associazione della zona?
Dovrebbe cambiar nome, il Duc? E che lo si cambi. Oltre alla direzione del vento, vogliamo cambiare la città. Figuriamoci un nome.
Un punto è certo, anche da me condiviso, per realizzare grandi eventi occorrono i mezzi e le disponibilità del Comune sono assai contenute. Bene, allora li si realizzino di concerto, con chi ha forte presenza, e poteri, e mezzi e organizzazione sul territorio: appunto i commercianti. Ma con un ruolo più forte delle pubbliche istituzioni.
E infine: “ non ci sono i soldi” non si fa a tempo ad.aprir bocca che ci viene subito ricordato.
Però è vero. Per cui tutto resta nel cassetto: fantasia, idee nuove, slancio, creatività e sperimentazione partecipata.
È così oggi, ma non sarà cosi per sempre.
“Vedrai vedrai che un giorno cambierà”, cantava Tenco, e anche Milano tornerà ad investire nella cultura, come tante città del mondo.
E cambierà.