Intervista a Francesca Zajczyk, delegata per le Pari Opportunità per il Comune di Milano

Francesca Zajczyk, docente di Sociologia urbana presso la Facoltà di Sociologia dell'Università di Milano-Bicocca, é stata nominata a settembre dal sindaco, Giuliano Pisapia, come delegata per le pari opportunità per il comune. Ruolo che svolge a titolo gratuito. Un incarico nuovo che rafforza la scelta di una giunta a forte presenza femminile. Collaborerà alla promozione di campagne contro gli stereotipi di genere e contro le campagne pubblicitarie lesive per la donna.

Fra i tanti progetti, una banca dati di curriculum d'eccellenza "al femminile"e un'interessante riflessione sul ruolo delle donne nel prossimo Expo.

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zajczyk
D : Dr Zajczyk, abbiamo letto del suo nuovo incarico. Può spiegarci meglio com'é nato e di che cosa si tratta esattamente?
R : Direi che principalmente questo ruolo nasce da una serie di riflessioni fatte da Giuliano Pisapia sulle questioni legate ai temi della donna, alla sua centralità in ambito politico e sviluppate durante la campagna elettorale.
Dopo avere nominato una Giunta caratterizzata per metà dalla presenza di assessori donne e rispondendo quindi concretamente ad una risposta paritaria così come aveva promesso in campagna elettorale, la sua riflessione si è sviluppata sulla opportunità, sulla esigenza che l' amministrazione potesse avere un'altra figura da affiancare alle donne della giunta e che in prospettiva potesse svolgere una attività trasversale in un'ottica di politiche di genere.
In sintesi potremmo dire che il Sindaco ha mostrato una forte sensibilità politica verso le tematiche femminili esprimendo la volontà di creare, con questa scelta, un elemento di qualità aggiuntivo alla scelta insieme concreta e simbolica che aveva dato con la nomina di una giunta “paritaria".

D: Nell'ambito del suo nuovo ruolo, quali progetti ritiene concretamente di immediata e più attuabile realizzazione ?
R: penso che di facile non esista niente in politica specialmente per una delega da creare. Sussistono, a mio parere, diversi aspetti di cui occorre tenere conto: sicuramente uno di contenuto e riguarderà le priorità da assumere attraverso incontri con donne, gruppi e associazioni femminili presenti in città. L’altro, diciamo formale e di apprendimento delle procedure e delle regole; un altro di conoscenze di ciò che già esiste nei diversi assessorati e servizi.
Comunque, temi come la pubblicità sessista, gli stereotipi di genere e la violenza contro le donne, rappresentano sicuramente temi al centro della mia attenzione.

D : Parlando di concretezza, fra i progetti del suo mandato c' é quello della creazione di una banca dati di curricula "al femminile". Può dirci qualcosa in proposito ?
R: La finalità è di organizzare una banca dati pubblica di curriculum eccellenti. Cominciano ad esserci esempi a livello privato, come per esempio quello della fondazione Marisa Belisario e della PWA (Professional Women's Association).
Sarebbe però importante che anche l’amministrazione comunale potesse dotarsi di uno strumento trasparente e democratico per i talenti e le professionalità femminili.

D : abbastanza facile allora
R: no, tutt'altro.
Il maggiore scoglio e la legge sulla privacy diversa nel pubblico rispetto al privato.
Per esempio, ritenevo che chi concorresse ai bandi per aziende partecipate al Comune segnalando le sue competenze e il curriculum, previo consenso per la pubblicazione, potesse rappresentare un primo passo ma pare che non sia sufficiente. Questo riporta al discorso precedente e cioè di studiare da parte mia, chiedendo ovviamente contributi agli esperti, come intervenire concretamente rispetto ai vincoli formali e burocratici impedendo di essere bloccata dalle vischiosità formali.

D : Donna e mercato di lavoro: problema spinoso.
È uscita un'indagine di Menageritalia sulle categorie più discriminate all'assunzione. La percentuale più alta riguarda gli over 50 seguite dalle donne.
R: Il problema del lavoro per gli over 50 in Italia riguarda entrambi i sessi ma le donne di questa fascia d'età sono particolarmente penalizzate.
L'allungamento della vita ha portato ad una tripla presenza della donna dovendosi occupare, rispetto alla doppia presenza dei decenni precedenti, oltre che della propria e di quella dei figli, anche della famiglia di origine; se a questo si aggiungono altri fattori oggettivi come titoli di studio bassi e quindi scarse competenze, il problema diventa ancora più drammatico specialmente per chi é uscito dal mercato del lavoro, magari per aiutare la famiglia.
In generale, comunque, le donne si ritrovano frequentemente tra i lavoratori precari, ad alta flessibilità e scarsa qualifica. Alla nascita del primo figlio ancora oggi sono spesso costrette a lasciare il lavoro perché, nella bilancia remunerazione/costi per asili o baby-sitter, “conviene stare a casa". Inoltre, non solo rischia di rimanere esclusa da qualunque opportunità lavorativa ma si ritrova letteralmente “schiacciata” dalle tante attività di supporto agli altri componenti della famiglia.

D : Cosa può essere fatto per questa nuova emergenza di precariato?
R : purtroppo il Comune non ha competenza specifica per i problemi lavorativi.
C’è attenzione, tanto che è stato siglato un protocollo con le organizzazioni sindacali, che si chiama "Piano di Sviluppo Locale"; lo scopo del progetto é di realizzare una efficace politica anti-crisi aperta ai contributi di tutti i soggetti sociali, istituzionali ed economici presenti nel territorio. É interessante che, tra i punti esplicitamente richiamati nel protocollo, ritroviamo il tema del difficile rapporto con il mercato del lavoro, soprattutto da parte di giovani e donne.
Inoltre, grazie alla condivisione di queste strategie, l'Amministrazione, attraverso l'Assessorato al Lavoro, ha anche siglato un accordo con la Camera di Commercio, con la finalità di premiare quelle imprese che adottino degli interventi legati a favorire il lavoro delle donne e la permanenza delle donne nell'azienda attraverso misure di conciliazione.
Un altro intervento politico fondamentale é stato quello di riattivare un fondo accantonato (Fondazione Welfare) dalla giunta Moratti destinata a soggetti, famiglie in particolari situazioni di disagio per la perdita del lavoro.

D: tornando all'indagine di Menageritalia, colpisce un altro dato di discriminazione sul lavoro e cioè il criterio "aspetto fisico".
È stato statisticamente dimostrato che la gradevolezza dell'aspetto favorisce l'assunzione.
Creme e bisturi a gogó per la già discriminata over 50?
R: Sono due temi che si connettano ma autonomi. Il dato estetico legato a modelli culturali apre una questione che va al di la dell'età e a ciò ha sicuramente contribuito nel nostro paese una lunga fase in cui si è affermato come valore un certo tipo di donna e di immagine femminile. Fenomeno cui ha contribuito in modo determinante quello che possiamo definire lo sdoganamento istituzionale ad opera di Berlusconi.
Si può discutere su quanto questa questione abbia pervaso tutta la società italiana e quante donne cercano di resistere a questa visione ma una metà del paese si e perfettamente allineata e tutti gli attori si sono integrati, dal mercato del lavoro a quello dello spettacolo, della comunicazione e della pubblicità.
Una sorta di chiave di volta, di strategie e messaggi che sono restituiti come valori a donne, ragazze, bambini senza esserci di fatto nessuna misura reale.

D : In questo senso il suo ruolo di promuovere le campagne contro gli stereotipi e campagne pubblicitarie lesive per la donna può essere un contributo importante nel tentativo di riequilibrare la cultura dell'immagine.
R : Spero proprio di riuscirci. Ho molti progetti, mi piacerebbe per esempio, organizzare incontri in cui esperte portano questa riflessione sugli Stereotipi da diversi punti di vista sul territorio, passando anche attraverso la conoscenza e sensibilità dei comitati.
La mia impressione é che certamente ci sono ambiti ancora molto sensibili ma manca il passaggio della piena consapevolezza sulle ricadute nella costruzione della propria identità di genere, nei rapporti con gli altri, nel rapporto uomo e donna dei nostri figli, c'é veramente molto da fare e l'aiuto sul territorio é fondamentale.

D: Ultima domanda: Expo
R: Anche in questo settore il mio ruolo é da sviluppare e riempire con l'esperienza.
L'idea parte da una considerazione: nutrire il pianeta. Tutto ciò che ha che fare con il nutrimento parte dalla figura femminile e da questo a cascata. Possiamo vederlo con il recupero di interesse di ruoli da parte delle donne nella professione agricola e quindi nella filiera agroalimentare, nel tema dell'ecosostenibilità.
Ci sono molte azioni che vedono la donna al centro e quindi il messaggio migliore é quello di dare alle donne un ruolo centrale in questo Expo dove il nucleo fondamentale é la salvaguardia del pianeta.
Parto concettualmente dalla rete metropolitana milanese dove le donne sono fondamentali in questi ambiti per poi idealmente costruire un ponte con l'economia di sopravvivenza negli stati in via di sviluppo e nella industrializzazione di molti paesi dove le donne hanno un ruolo centrale; il premio nobel della pace dato a tre donne africane un mese fa ne rappresenta un esempio.
Penso che la connessione Donna - Expo sia un segnale simbolico importante per l' Italia.

D: Una riflessione finale?
R : La pazienza.
Bisogna avere pazienza, mi dico tutti i giorni, per fare cose concrete in una città devastata da giunte di centro destra.
Siamo in una fase di apprendimento reciproco fra chi ha in mano le redini della nuova amministrazione a vari livelli e con ruoli diversi e con interlocutori diversi l'aspettativa che si é creata é enorme e questa, unita alla fretta di vedere risolte situazioni stantie, può creare facilmente visioni distorte e impazienza nella loro risoluzione. E questo può essere anche molto pericoloso.
Comunque ce la stiamo mettendo tutta...

 

Marzia Frateschi
(Comitato zona 3)



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Re: Intervista a Francesca Zajczyk, delegata per le Pari Opportunità per il Comune di Milano
23/11/2011 Vincenzo Robustelli
Spero che l’intervista a Francesca Zajczyk sia la prima alla stessa perché dobbiamo verificare se l’incarico ricevuto non sia solo formale, perché oggi tutti parlano di pari opportunità.
La prima cosa da verificare e promuovere tale pari opportunità è nell’ambito della burocrazia comunale e anche nella maggioranza.
Perché non basta aver dato incarichi alle donne ma è proprio nei comportamenti, nella sensibilità ai problemi che come cittadini viviamo, nel non riprodurre gli stessi meccanismi maschili di concorrenza e di sopraffazione che dobbiamo misurare come le cose stanno cambiando.
Abbiamo al riguardo sotto gli occhi la miseria del governo Berlusconi.
Vorrei evidenziare alcuni punti della intervista sia in positivo che in negativo.
Innanzi tutto normalmente quando si parla di pari opportunità si dovrebbe intendere non solo quella di genere ma anche quelle legate all’età, alle scelte sessuali, alle religioni professate, che spesso hanno aspetti esteriori palesi, e quella che dovrebbe svilupparsi nell’ambito familiare non solo tra marito e moglie, ma tra padri e figli per l’aspetto educativo.
Senza nasconderci che quanto detto riguarda anche tutti noi, bianchi e occidentali, non si deve trascurare quei nuovi e ulteriori problemi, legati alla forte immigrazione, che si trovano ad affrontare le donne di religione mussulmana che portano il velo o gli uomini o donne che portano nomi arabi.
In particolare uno dei stereotipi è quello che tutte le persone di origine araba professino la religione mussulmana, mentre ci sono famiglie arabe laiche che, vivendo magari in ambienti dove la religione prende spesso il sopravvento, si trovano isolate nella fase educativa dei loro figli, in particolare se femmine, e necessiterebbero di un aiuti da parte delle istituzioni.
Ho molto chiaro il problema della discriminazione per l’età, facendo io parte di una associazione (ATDAL Over 40- troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per andare in pensione), come è d’altra parte detto nella intervista, dove quella di genere è ulteriormente più discriminatoria.
Proprio su questo problema occorre innanzi tutto chiarire che l’età discriminatoria si sta ulteriormente abbassando ben sotto i 50 e già avvengono casi in cui si parla di 35 anni.
Inoltre occorre evidenziare che tale discriminazione legata all’età riguarda innanzi tutto il precariato lavorativo che invece sembra riguardare solo i giovani.
E proprio per quanto riguarda l’Expo, trattato velocemente nell’intervista, e che ad oggi è stato deciso di far svolgere, mi sento di dire che è una occasione proprio per dare lavoro, nell’ambito delle professionalità richieste, a tali persone over per accompagnarle in qualche modo alla pensione che si fa di giorno in giorno, da governo a governo, compreso questo Monti, sempre più lontano.
Ho fatto io e la mia associazione la richiesta alla Tajani, ma non c’è mai stata risposta.
Mi lascia invece perplesso l’istituzione di una “banca dati pubblica di curriculum eccellenti” di cui non comprendo lo scopo e al contrario mi sembra la creazione di un ghetto di elette.
A me non piacciono eletti uomini o donne che siano.
Per chi ha conosciuto Marisa Belisario, una delle poche donne manager italiane dagli anni 60 agli 80, ricorda bene che non dimenticò mai di essere donna in un mondo di soli uomini e, seppur famosa, non cercò di imitarne comportamenti.
Tornando al precariato è sbagliato dire “purtroppo il Comune non ha competenza specifica per i problemi lavorativi” perchè, purtroppo, è sempre la stessa risposta che ho ricevuto ogni volta che ho chiesto cosa stesse facendo il Comune con i precari al proprio interno.
Sembra che la Zajczyk non sappia come i precari all’interno del Comune vengano mandati via mano che scadono i contratti. Si parla oramai di centinaia di persone e lo scontro con il comune (Bisconti) sta diventando sempre più aspro.
Ma nulla trapela dai quotidiani, comtatixmilano, ecc, ecc.
Non bastano incontri, stesura di principi se poi i comportamenti sono gli stessi storici.
Ma anche gli stessi accordi a cui si fa riferimento (accordo con Camera di Commercio, Fondazione Welfare) sono più momenti assistenziali che di lancio del lavoro. Primo perché non tutti possono diventare imprenditori e secondo perché manca totalmente una linea di cosa debba essere Milano come realtà produttiva da quando la maggior parte delle industrie manifatturiere ne sono uscite.
L’altra iniziativa di premiare le imprese che adottano interventi a favorire la conciliazione donne-lavoro dovrebbe partire non dalle imprese, ma dallo stesso ente pubblico che non è in grado di sopperire alle esigenze delle famiglie con figli o con anziani da seguire che sono costrette a rivolgersi al mercato dei privati.
Purtroppo ad una donna che lavora e che si libera attraverso il lavoro di una sudditanza familiare corrisponde un’altra donna precaria invisibile (spesso migrante e non in regola) dedita all’assistenza familiare.


 
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