A teatro e al cinema…a piedi. Silent Souls


Una splendida fotografia accompagna un viaggio rituale in una Russia remota e malinconica.
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Silent souls
Novembre. Russia centrale, terra di acque e di orizzonti sconfinati e brulli.
In questo ambiente ostile si compie un viaggio funebre secondo le antiche usanze del popolo Merja, una stirpe scomparsa da secoli le cui tradizioni sono ancora vive in quei luoghi.
Due uomini e un cadavere di donna che, accuratamente lavato e accudito, viene accompagnato avvolto in una coperta sul greto di un fiume. Qui viene predisposta una pira di legna per l’estremo atto sacrificale. Le ceneri vengono disperse nell’acqua che governa le vite e le morti di questo popolo.

Il film è ridotto all’essenziale, è fatto di piccoli gesti, di racconti minimi, sul filo della memoria. Una bellissima fotografia restituisce l’angoscia di luoghi inospitali con il fascino recondito della natura inviolata. Un ponte di barche ondeggia sul fiume, quasi a scrivere un racconto sulle sue acque. L’incontro con le persone è pudico e schivo. Il rito funebre si compie con naturalezza a chiudere una storia che forse è stata d’amore.

Presentato al Festival di Venezia del 2010 ed osannato da Quentin Tarantino, Silent Souls è un buon esempio di film da meditazione con pochissime concessioni allo spettacolo e con un finale un po’ affrettato e impreciso. Il titolo originale si rifà al nome di piccoli uccelli che, nella loro gabbia, accompagnano i due uomini nel loro atto sacrificale.
Da vedere con predisposizione d’animo. Elogio della malinconia.

In programmazione al cinema Plinius.

Silent Souls
di Aleksei Fedorchenko
Russia 2010



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