Incontro con Emilio Russo


Un'intervista al direttore artistico di Tieffe Teatro, una delle realtà milanesi più significative e importanti, per un bilancio dei primi due anni di attività e uno sguardo sui progetti futuri.
()
emilio russo

Russo ha esordito in Sardegna prima come responsabile del Centro Universitario Teatrale di Cagliari poi come direttore del Circuito teatrale sardo. Dopo aver collaborato a Bologna con Leo De Berardinis alla fine degli anni ’80, è diventato direttore artistico del Gruppo della Rocca a Torino nel 1996. Nel 2001 diviene direttore artistico del Teatro Filodrammatici di Milano ed ora continua questa esperienza con Tieffe Teatro. E’ anche consulente artistico del Festival di Asti.


Qual è il bilancio delle prime due stagioni in questa nuova sede di via Menotti?

Lo scorso anno, nella nostra prima stagione in questa sede, il nostro teatro è arrivato secondo, dopo Elfo Puccini, nelle presenze di pubblico nell’abbonamento Invito Teatro, che è un termometro molto importante per i teatri di produzione. Vuol quindi dire che la stagione è andata bene, che questo teatro è molto amato. Il pubblico ha riconosciuto che siamo qui con il nostro background, mentre l’esperienza passata presso il Teatro Oscar è stata per noi molto traumatica, poiché abbiamo avuto un’effettiva emorragia di pubblico.

Anche quest’anno stiamo confermando gli aspetti positivi della stagione passata. Se vogliamo c’è un problema generale per Milano, noi verifichiamo che ci sono un po’ di difficoltà sulle ospitalità.
Quando eravamo al Teatro Filodrammatici, si verificava una sorta di pareggio tra produzioni e ospitalità, oggi fare obiettivamente un progetto di ospitalità in linea con l’attività di produzione è molto più difficile.
In assoluto ci sono meno proposte e molta “paura” da parte delle compagnie di venire in una città come Milano a rischiare soldi e prestigio.
Abbiamo teatri come il Piccolo Teatro che oggi fa oltre sessanta spettacoli, l’Elfo Puccini e il Franco Parenti che ne fanno cinquanta…l’offerta è alta, ma ci sono compagnie che preferiscono i grandi teatri. E’ una scelta di marketing, gli spettacoli sono veramente tanti, si perde però un po’ il senso del teatro di produzione. La nostra intenzione per la prossima stagione è di ridurre ancora gli spettacoli, occorre scendere ad una decina con teniture più lunghe perché credo che il compito di un teatro di produzione sia quello appunto di produrre.
Noi non abbiamo una vera e propria compagnia stabile, facciamo anche produzioni allargate, come ad esempio con Maddalena Crippa, e lavoriamo con compagnie giovani. Abbiamo realizzato questa sorta di musical dedicato a Fabrizio De Andrè con una compagnia di attori e musicisti tutti giovani, con la mia regia. Con la regia di Massimo Navone abbiamo fatto un “Otello” con una compagnia under 30.
A Milano, rispetto ad altre città, i teatri di produzione svolgono una funzione nei confronti della professione, perché gli attori che si diplomano alla scuola Paolo Grassi o in altre scuole cittadine trovano occasioni professionali di lavoro. E’ importante da parte delle istituzioni teatrali difendere i giovani e permettere loro di lavorare.
In questo periodo però i segnali non sono comunque incoraggianti, noi siamo un teatro stabile sovvenzionato dal Ministero, convenzionato con il Comune e la Regione, però ormai i contributi pubblici sono fermi da 15/20 anni e servono giusto per gestire la struttura, l’attività produttiva va realizzata con gli incassi del pubblico. In questo contesto, ci sembra meglio contenere il numero degli spettacoli, anche perché oggi il finanziamento più certo alle nostre attività è costituito dal pubblico.


Qual è il rapporto con le istituzioni?

Noi siamo un teatro convenzionato con il Comune di Milano da sempre, oggi c’è stato un allargamento dei teatri convenzionati che ha degli aspetti contradditori. Io penso che il Comune debba fare sicuramente la scelta di aiutare le compagnie e i teatri piccoli, ma attraverso una convenzione a parte rispetto ai teatri che hanno una gestione trentennale  e più e hanno obblighi ministeriali.
Si sta verificando un equilibrio un po’ verso il basso, io credo che i teatri piccoli andrebbero aiutati con una nuova tipologia di contributi.


Ci sono rapporti con il quartiere e con la zona?

Noi abbiamo tentato iniziative specifiche per il quartiere, ma non ne sappiamo esattamente l’esito. Il nostro è comunque un teatro milanese, non è un teatro di quartiere.

Dal prossimo mese di giugno abbiamo in cantiere alcune iniziative specifiche per il quartiere di musica jazz, pop e anche classica da fare la domenica mattina, come avevamo già fatto al Filodrammatici con grande successo.
Quando facevamo al Filodrammatici testi di Eduardo avevamo il teatro strapieno di un pubblico borghese.
Qui avremmo più difficoltà, anche perché questo teatro è più grande, però questo quartiere mi sembra più attento, più dinamico rispetto al centro della città.
Stiamo anche pensando di fare, il lunedì,  iniziative di cabaret al femminile come offerta al quartiere. La difficoltà è capire chi sono i riferimenti istituzionali del quartiere.

Bisogna capire quanto e come possa agire il Consiglio di zona. Io penso che, al di là delle risorse, la cultura dovrebbe essere al centro delle attività del Consiglio di zona. Ci vuole comunque qualche iniziativa per fidelizzare il quartiere. E’ un problema da affrontare.
Noi adesso abbiamo in cantiere la ristrutturazione del teatro, abbiamo qualche problema di normativa che stiamo risolvendo, abbiamo ottenuto un finanziamento dal Comune di Milano e abbiamo chiesto un fondo di garanzia alla Regione.
L’idea è quella di modificare le poltrone, il pavimento della sala e ampliare il foyer creando una caffetteria, spostando gli uffici da un’altra parte. Il nuovo foyer può offrire grandi risorse, può diventare un luogo di incontro per il quartiere. Già oggi, con le sole macchinette del caffè, viene molta gente del quartiere…


Si sono verificate differenze rispetto alle esperienze nelle precedenti sedi?

Non volevamo perder l’appuntamento con la città. L’espeirenza del Teatro Oscar è stata molto dura.
Al Filodrammatici avevamo 1200 abbonati e, nel passaggio all’Oscar, li abbiamo persi praticamente tutti. Non so se in questa nostra nuova sede ci sia continuità di pubblico rispetto all’Elfo che ha gestito questo teatro per moltissimi anni.
Già il Filodrammatici, da quando sono arrivato nel 2001, era diventato un teatro più milanese, ma io avrei comunque lasciato quella sede per un teatro come questo. Oggi i numeri sono confortanti, anche se qui abbiamo costi molto alti.
Però da quest’anno abbiamo attivato anche una scuola di teatro che abbiamo chiamato Nuova Accademia Tieffe che conta già 150 allievi. E’ un ottimo risultato.
Per il momento è una scuola, come dire, per un avviamento al teatro assolutamente amatoriale.
Mi piace però l’idea in prospettiva di avere un bacino di giovani attori per il nostro teatro e poi gli allievi provengono nella misura dell’80% dal quartiere.
C’è anche l’idea di fare alla domenica teatro per ragazzi, anche perché non esistono iniziative simili in zona.
Il sogno di chi anima un teatro è quello di farlo funzionare tutto il giorno a tutte le ore.

Grazie Emilio e buon lavoro.








Commenta

 
 Rispondi a questo messaggio
 Nome:
 Indirizzo email:
 Titolo:
Prevenzione Spam:
Per favore, reinserire il codice riportato nell'immagine.
Questo codice serve a bloccare i tentativi di inserimento automatici.
CAPTCHA - click right for audio Play Captcha