Flora

Alessandro Robecchi dedica il suo ottavo romanzo alle avventure di Carlo Monterossi e dei suoi amici in una Milano sempre più disincantata e rassegnata. Sempre un bel leggere. ()
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Robert Desnos era un poeta surrealista nato a Parigi nel 1900 e morto nel campo di concentramento di Theresienstadt l’8 giugno 1945, un mese dopo la liberazione del luogo da parte delle truppe sovietiche.
Ed è per onorare la sua poesia e la sua memoria che una coppia stranamente assortita (un lui e una lei) decide di rapire Flora De Pisis, la “regina della tivù del dolore”, alias “Nostra Signora delle Lacrime” che da anni imperversa sugli schermi della “Grande Tivù Commerciale”, altrimenti detta “Grande fabbrica della Merda”.
Parte così la nuova avventura di Carlo Monterossi, protagonista dei precedenti romanzi di Alessandro Robecchi che, con questa avventura, sono arrivati al capitolo 8.
Per i non addetti ai lavori, ma sono centinaia di migliaia i lettori che conoscono e apprezzano vita, morte e miracoli del gourmet Monterossi, basti dire che il personaggio si è imposto come autore televisivo, inventore ormai redento dello show “Crazy Love” di cui la De Pisis è l’acclamata conduttrice.
Con il nostro condividono le pagine del libro una coppia di investigatori privati (una lei e un lui), una bellissima donna esperta del mondo della televisione e la nume tutelare della casa Katrina che, anche grazie alla Madonna di Medjugorje”, in cucina ne sa una più del diavolo.
In questa vicenda i poliziotti veri Carella e Ghezzi, coprotagonisti degli episodi precedenti, sono solo citati e se ne sente un po’ la mancanza.
Senza nulla svelare del plot, che merita di essere dipanato dalla piacevole lettura delle 365 pagine del romanzo, in questa vicenda la vera protagonista è la star televisiva Flora De Pisis di cui, costretta da una prigionia coatta, scopriamo insospettate caratteristiche umane, compresa una certa disposizione per la sindrome di Stoccolma.
Il noir racconta di periferie estreme popolate da fabbrichette e casermoni, dei meccanismi perversi dell’industria dello spettacolo televisivo e di una Milano verrebbe da dire “da bere”, ma anche da mangiare, che ha una sorta di epicentro dalle parti di Porta Venezia/Buenos Aires, dove per altro Robecchi è di casa.
L’autore conferma una confortevole capacità di scrittura dove ironia e disincanto la fanno da padroni con grande piacere del lettore che predilige ritrovare nel tempo personaggi, luoghi e situazioni a cui affezionarsi.
Il romanzo è ricco di citazioni e rimandi colti, in primis le vicende poetiche e umane di uno scrittore che ha vissuto più che intensamente e coerentemente i suoi tormentati anni.
Nella ormai proverbiale colonna sonora imperversa come sempre Bob Dylan che Carlo Monterossi ama ascoltare sprofondato nei divani bianchi del suo appartamento nei piani alti di un palazzo che domina i Bastioni di Porta Venezia.
Tra gli altri amabili consigli, soprattutto quelli in materia di cibo e alcolici, meritano di essere seguiti l’ascolto del secondo movimento della serenata per archi in Mi maggiore di Antonin Dvorak e la visione del pastello su carta Lady in the Loge di Jan Zrzavy. Che entrambi abbiamo a che fare con Praga è un ulteriore rimando su cui riflettere.
Buona lettura.

Alessandro Robecchi
Flora
Sellerio, p. 365, € 15,00

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