Democrazia Partecipativa. Il Dibattito Pubblico

Il Laboratorio di democrazia partecipata di Lambrate ha organizzato quattro serate per illustrare i quattro istituti più significativi contenuti nella proposta di nuovo regolamento sulla partecipazione, in corso di approvazione da parte del Comune di Milano. Nel primo incontro è stato presentato il Dibattito Pubblico. ()
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L’Assessorato alla Partecipazione del Comune di Milano ha emanato la bozza di un nuovo “Regolamento per l’attuazione dei diritti di partecipazione popolare” che estende le materie soggette a processi partecipativi anche a nuovi istituti come il Dibattito pubblico, l’Istruttoria pubblica e la Convenzione dei cittadini, oltre al già sperimentato Bilancio partecipativo, andando quindi al di là degli istituti di iniziativa popolare, come referendum, interrogazioni, istanze, petizioni, consulte e udienze pubbliche già previste dal regolamento vigente.

Il Laboratorio di democrazia partecipata di Lambrate ha organizzato quattro serate per illustrare appunto questi quattro nuovi istituti e nel primo incontro è stato presentato il Dibattito pubblico. Riportiamo qui il contenuto della presentazione.

IL DIBATTITO PUBBLICO NASCE IN FRANCIA

Il dibattito pubblico (d'ora in poi DP) è un processo d’informazione, partecipazione e confronto pubblico su opere di interesse nazionale che si svolge nella fase iniziale di progettazione, quando le alternative sono ancora aperte e la decisione, se e come realizzare l’opera, deve essere ancora presa. L’istituto del DP, che in Francia esiste da più di vent’anni, oggi è diventato obbligatorio anche in Italia grazie all’art. 22 del nuovo Codice dei contratti pubblici (noto come Codice degli appalti). Obiettivo del dibattito pubblico è migliorare la qualità della progettazione e delle decisioni pubbliche mediante la più ampia partecipazione degli interessati, ma anche anticipare i possibili conflitti con le comunità locali che spesso accompagnano la realizzazione delle grandi opere.

Negli anni Novanta in Francia cresce il numero di conflitti intorno alla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali, in particolare legati ai trasporti e in alcuni casi i conflitti sono molto duri. Il dibattito pubblico nasce anche per contrastare le deviazioni cosiddette “nimby”, acronimo che sta per “not in my backyard”, “non nel mio cortile”, che è stata spesso la risposta “automatica” e superficiale a qualsiasi progetto di nuova infrastruttura, e per riconoscere al contrario la dovuta dignità e attenzione alle opposizioni ragionevoli e motivate dei cittadini.

Alla luce di questi avvenimenti con l’approvazione della Legge Barnier, nasce in Francia nel 1995 il «débat public» come strumento di confronto e dialogo con i territori e le comunità coinvolte nella realizzazione di una grande opera.

Si istituisce la «Commissione nazionale del dibattito pubblico», CNDP, indipendente, costituita da una pluralità di rappresentanze di istituzioni ed enti della società civile, che agisce come «garante terzo della partecipazione»

La CNDP svolge una funzione di filtro valutando l’incidenza territoriale del progetto

Se ritiene che il DP sia necessario ne attribuisce la gestione a una CPDP (Commission particulière du DP)

Se ritiene che il DP non sia necessario può richiedere di effettuare una più semplice procedura di «concertazione preliminare». Ad oggi si contano più di 100 «casi» di DP (oltre 200 tra DP e concertazione preliminare).

Il dibattito pubblico francese, che riguarda opere di interesse nazionale, permette al proponente di far emergere le osservazioni critiche e le proposte sul progetto da parte di più attori, anche singoli cittadini. Il compito del dibattito è di fare il giro degli argomenti con gli interessati e non di pervenire a una decisione sulla soluzione finale

L’istituzionalizzazione del confronto nasce, come abbiamo anticipato, per rispondere alla crescente conflittualità delle comunità locali verso le grandi opere accrescendo la legittimità del processo decisionale.

COME FUNZIONA IL DIBATTITO PUBBLICO

Gli elementi fondamentali sono:

una progettazione più trasparente e svolta a monte delle decisioni

un soggetto terzo per organizzare il confronto

la possibilità di accedere a una expertise indipendente

IL CASO DEI DUE STADI

Per capire meglio prendiamo spunto da un colloquio tra Marianella Sclavi. Fondatrice di Ascolto Attivo e pioniera delle esperienze di democrazia partecipativa e Ilaria Casillo , che dal 2015 è vicepresidente della Commissione Nazionale del Dibattito Pubblico francese (CNDP) e che pone il tema del diverso modo di procedere della governance di Parigi e di Roma su un tema analogo: negli anni 2013-2015 due grandi istituzioni sportive, la Associazione Roma SpA in Italia e la Federazione Francese di Rugby (FFR) in Francia hanno deciso di perseguire la costruzione di un proprio “grande stadio” in linea con le esigenze sportive più moderne.

Il tema del dibattito è il diverso comportamento nei due casi, due importantissime grandi opere che, partite insieme con i piani di fattibilità, hanno poi seguito percorsi di deliberazione e di partecipazione completamente diversi.

Nel caso francese dal punto di vista della governance si hanno tre implicazioni principali.

Primo che il potere politico si astiene dal decidere fino a completamento del percorso del DP.

Secondo che il processo è gestito da un organismo indipendente, neutrale e sottratto al prevalere di gerghi specialistici anche grazie a una forte presenza di esponenti della società civile.

Terzo che un’amministrazione aperta, capace di dialogo è la risposta ai conflitti e alle crisi di legittimità che accompagnano la decisione politica.

Nel caso dello stadio del Rugby, dice Ilaria Casillo, come in tutti i casi nei quali la Commissione indice un DP, l’incarico di organizzare nel dettaglio tutta la procedura del Dibattito è stato assegnato a una particolare commissione, chiamata CPDP Commissione particolare del Dibattito Pubblico.

Più la decisione pubblica è condivisa con i cittadini, più essa è legittima. In questa visione, il potere pubblico non è più il solo depositario e interprete dell’interesse generale, ma lo deve negoziare di volta in volta insieme ai cittadini e portatori di interesse.

Il DP è, al fondo, un incontro dialogico diretto fra poteri forti e comuni cittadini promosso dal potere politico e garantito da un’autorità terza. Al termine del percorso, la commissione redige e trasmette a tutti il “Rapporto finale del dibattito pubblico” e a questo punto i decisori sono liberi di prendere decisioni anche diverse da quelle emerse dal DP, purchè ne motivino le ragioni,

In Italia, commenta Marianella Sclavi, un’impresa privata (come la Roma Spa) con un progetto che non prevede il finanziamento pubblico non può ricorrere a un bando pubblico per manifestazione di interesse. L’impresa dà l’incarico a uno studio specializzato per un’analisi comparativa (delle possibili localizzazioni, in questo caso) e alla fine guarda caso, l’area prescelta è normalmente di proprietà di uno dei proponenti del progetto (così è avvenuto a Roma).

In Francia, commenta la Casillo, il proponente o i proponenti del progetto, sapendo che questo dovrà passare per l’esame critico del DP è costretto a un’estrema trasparenza e chiarezza fin dalla fase istruttoria. Solo una volta che il documento di progetto è stato approvato da CPDP e CNDP, si può avviare il dibattito tra attori economici, politici, culturali, associativi, sindacali etc., e chiedere, se è il caso, studi di fattibilità o previsionali alternativi rispetto a quelli presentati dal proponente etc..

La dimensione progettuale, secondo Marianella Sclavi, che è dominante nel DP francese, da noi è totalmente subalterna alla logica dei regolamenti giuridici e alla molteplicità di fonti di autorizzazione che operano in modo ampiamente indipendente fra loro. In questo clima di costante insicurezza, ogni decisore (sindaco o assessore) ha bisogno di un proprio circuito amicale, di persone e professionisti di cui si fida (i famosi “cerchi magici”) e di non inimicarsi i guardiani dei “regolamenti”.

La sotto-commissione in accordo con tutti gli interessati ha stabilito un calendario di incontri, spiega Ilaria Casillo. Le riunioni fondamentali sono state sette, ognuna in una località diversa del territorio interessato all’intervento. Ogni riunione si è aperta con una presentazione generale del progetto e ha proseguito con l’approfondimento di una tematica specifica, tutte riguardanti i rapporti fra grande stadio e il territorio circostante.

Un’obbiezione ricorrente in Italia è che i processi partecipativi durano troppo, fanno perdere tempo ai decisori.

La posizione di Ilaria Casillo è che innanzitutto si pensa troppo spesso al tempo speso per la partecipazione e non a quello perso per dover recuperare vuoti partecipativi che poi finiscono per bloccare i progetti a causa di opposizioni forti e radicali. La partecipazione, in questo senso, permette di guadagnare tempo perché alcuni conflitti vengono anticipati e gestiti. Un DP dura in media dai 4 ai 6 mesi.

In Italia, a Roma, commenta Marianella Sclavi, dove un processo partecipativo analogo per ora non ce lo sogniamo neppure, i tempi sono stati tre volte più lunghi, da fine 2013 a marzo 2017 (ma ho seri dubbi che sarà l’ultimo step) e specialmente tutto è proceduto in modo molto più intricato, pasticciato, nonché oneroso. Il progetto “definitivo” è stato consegnato al Commissario di Roma Capitale e alla Regione Lazio a fine maggio 2016 ed è composto di una relazione di 7.041 pagine corredata da 567 allegati e 50.000 pagine di relazioni specialistiche. La quantità e peso delle carte prodotte è inversamente proporzionale al loro effettivo peso politico. Italia Nostra in una sua denuncia sostiene che le carte occupano una stanza di 25 mq.

Un’altra obiezione tipicamene italiana è relativa ai costi. Nel caso dello stadio di Rugby, spiega la Casillo, a fronte di un investimento totale previsto sui 600 milioni di euro, le spese complessive per informazione e organizzazione della partecipazione sono state 870.000 euro, compresi 170.000 euro per le indennità e spese della commissione. Va sottolineato che sono i proponenti economici del progetto che si fanno carico della gran parte dei costi del processo partecipativo.

La legge francese del DP stabilisce che tutti i progetti che rientrano nel codice dell’ambiente e che hanno un costo uguale o superiore a 300 milioni di euro devono essere obbligatoriamente segnalati e presentati alla Commissione nazionale del Dibattito Pubblico–CNDP, che decide se attivare una procedura di dibattito pubblico (DP) o un’altra procedura di partecipazione dei cittadini, più semplice, come la concertazione.

Da quando è stata creata nel 1995 la CNDP ha disposto e organizzato più di 100 dibattiti pubblici su casi relativi a infrastrutture ferroviarie o stradali, centrali elettriche e nucleari, e anche numerosi progetti di impianti sportivi.

Nel caso dello stadio francese alla fine il proponente alla luce di quanto emerso ha deciso di rinunciare alla realizzazione dell’opera. Una decisione che è stata presa sulla base di informazioni e considerazioni molto articolate e approfondite rese possibili proprio dal processo di partecipazione e di coinvolgimento dei cittadini. Queste le tematiche che hanno catalizzato l’interesse dei cittadini:

· la localizzazione avrebbe richiesto un grosso investimento per ampliare il trasporto ferroviario;

· lo stadio sarebbe stato costruito troppo fuori città riducendo la ricaduta economica e turistica dei visitatori, in particolare stranieri;

· non c’era bisogno di un secondo stadio: i giocatori di rugby utilizzano già lo stadio di Saint-Denis, i cittadini si sono chiesti quindi se non si potevano migliorare le condizioni di affitto e di uso dello stadio già esistente, piuttosto che costruirne uno nuovo con diversi inconvenienti. Il bisogno reale di un secondo stadio è stato quindi davvero rimesso in discussione.

Che si decida a favore di un progetto oppure contro, osserva la Sclavi, un grande vantaggio di un metodo come il DP è che fornisce solide basi alla decisione, sganciate da contrapposizioni ideologiche.

Se la giunta Marino (PD) avesse adottato un approccio del genere, sarebbe stato molto più difficile per la giunta successiva pentastellata pretendere di ricominciare da zero per poi arrivare a una decisione che ricopia il progetto precedente dimezzandolo.

Le esperienze a confronto del DP francese sullo stadio di rugby e della mancata partecipazione dei cittadini sullo stadio di Roma invitano a due considerazioni in particolare:

prima di tutto che dietro a un’infrastruttura turistica, sportiva, di trasporti, etc. si gioca ben altro che il “semplice progetto”. Ci sono di mezzo interazioni col territorio, concezioni dello sviluppo economico e sociale, e progetti di mobilità.

Si tratta di esplicitare le ricadute territoriali del progetto nel medio e lungo periodo, alle quali i cittadini possono non aderire. Un’infrastruttura in questo senso è un “atto politico” di cui i cittadini hanno il diritto di discutere. La mancanza di un confronto serio coi cittadini sulle grandi opere rinvia quindi non solo a un vuoto di legittimità della decisione ma prima di tutto a un vuoto democratico destinato ad allargarsi e a toccare altre sfere della vita pubblica.

Dal 2002 la legge francese riconosce la possibilità di discutere non solo delle modalità realizzative di un’opera, ma anche della sua opportunità, cioè farla o non farla.

Vediamo ora in sintesi come si sviluppa e si conduce un Dibattito Pubblico.

LE TRE FASI FONDAMENTALI.

PRIMA FASE: la presentazione pubblica del progetto.

Uno studio preliminare di circa 2-3 mesi in cui il proponente prepara un approfondito dossier illustrativo in linguaggio non tecnico: i materiali sul progetto si arricchiscono nel corso del processo grazie ai contributi degli attori interessati all’opera a cui la commissione locale è tenuta a dare ampia diffusione.

SECONDA FASE: lo svolgimento del dibattito.

Lo scopo è di fornire una discussione aperta e il più possibile estesa sui punti critici del progetto , garantendo che tutti i punti di vista siano ascoltati e che, se necessario, siano reperite ulteriori expertise tecniche.

Questa fase dura quattro mesi prorogabili a sei e viene realizzata secondo modalità definite autonomamente dalla commissione locale.

I principi generali da seguire sono:

· Massima apertura del dialogo

· Trasparenza e pubblicizzazione massima dell’informazione

· Esaustività delle questioni trattate

· Pluralismo delle risposte

· Equivalenza delle voci dei partecipanti

TERZA FASE: conclusione del processo e redazione della relazione finale da parte della commissione

A tre mesi dalla consegna della relazione il soggetto proponente è tenuto a esprimere pubblicamente la sua decisione in merito al proseguimento dell’opera motivandola in base ai risultati del dibattito pubblico.

Per tutta la durata del dibattito pubblico viene garantita la diffusione dell’informazione a un pubblico più ampio possibile, per un costo che ammonta ai tre quarti del costo totale di ogni dibattito (in media circa un milione di euro)

Vediamo i vantaggi di intraprendere un percorso di Dibattito Pubblico nel caso di decisioni su grandi opere.

Il DP permette di diffondere informazioni chiare, complete e pluraliste, di arricchire il dossier di progetto con dimensioni economiche, sociali e ambientali attinenti alla scala territoriale, raggiungendo un pubblico ampio e raccogliendo informazioni eterogenee e puntuali.

Ciò è possibile perché il dibattito pubblico dura poco, si svolge intensamente e in questo modo riveste una funzione di «catalizzatore» dell’ attenzione pubblica.

La partecipazione in forma spontanea e aperta facilita il coinvolgimento dei gruppi locali e gli esiti del percorso che lascia piena autonomia ai proponenti nelle proprie decisioni.

IL RAPPORTO TRA DP E "COMITATI"

Ma qual è il rapporto tra il DP e i “comitati”, che spesso esercitano un’azione di contrasto sulle grandi opere. Sempre con riferimento al caso francwse.

Riguardo alla propensione dei comitati locali a partecipare ai dibattiti pubblici, in Francia sul totale dei processi svolti in questi anni, i comitati ambientalisti hanno partecipato nella quasi totalità dei casi.

Secondo lo studioso J. Michel Fourniau, le ragioni sono da ricercarsi, da una parte, nel debole impegno richiesto e, dall’altra, nel grande vantaggio di offrire una cassa di risonanza ai gruppi che diversamente non avrebbero alcuna possibilità di far sentire la propria voce.

Nonostante la sua natura libera, il DP riesce a incidere nella riformulazione del progetto: infatti, solo in un quarto dei casi il progetto è rimasto identico alla proposta iniziale.

E IN ITALIA ? IL "CASO" TOSCANA.

Un primo tentativo di formalizzazione del DP si è avuto in Italia su scala locale: la Regione Toscana ha regolato l’istituto per la prima volta nel 2007, attraverso la legge regionale 69/2007. Successivamente con la legge regionale 46/2013, fu istituita l’Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione, la quale l’8 giugno 2015 approvando il proprio regolamento interno dedicato allo svolgimento del dibattito pubblico, definì che questo si debba svolgere nelle fasi preliminari di elaborazione di un progetto quando tutte le diverse opzioni sono ancora possibili.

l’Autorità ha svolto finora solo due dibattiti pubblici: uno sul complesso delle opere previste nell’ambito del progetto di sviluppo e riqualificazione del Porto di Livorno; l’altro sull’utilizzo dei gessi per il ripristino delle attività estrattive nel Comune di Gavorrano.

la legge toscana prevede anche altre forme di partecipazione locale più semplici oltre al DP: queste sono state applicate in totale in più di 200 casi contro i due del DP.

Come mai solo due DP? C’è sicuramente un problema di risorse destinate alla legge sulla partecipazione, che sono state progressivamente ridotte negli ultimi anni, ma è anche vero che c’è un grandissimo interesse e quindi grande richiesta di percorsi partecipativi di altro genere, per cui si è finito col privilegiare i piccoli numerosi interventi sparsi sul territorio. (dal 2007 l’Autorità ha gestito, come abbiamo detto, oltre 200 percorsi partecipativi ma con contributi di valore medio/basso)

Ad esempio per il percorso sulla moschea di Firenze fu assegnato un contributo di 75.000 €. Per il piano strategico della Città Metropolitana di Firenze 80.000 €.

A Firenze negli ultimi anni, grazie al sostegno della legge sulla partecipazione, sono stati promossi decine di processi partecipativi come i progetti sull’area dell’ex caserma dei Lupi di Toscana, dell’ex area S. Salvi, della piazza delle Piagge a Firenze o di Sant’Orsola e San Lorenzo (gli ultimi tre sono percorsi partecipativi promossi dal basso)

I CASI EMILIA, PUGLIE E MARCHE

Puglie: Con la legge regionale sulla partecipazione n. 28/2017 è sancito un metodo di coinvolgimento permanente dei cittadini, degli amministratori locali, culturali, economici, politici, scientifici, basato su informazione, trasparenza, consultazione, ascolto. La legge individua forme e strumenti per assicurare la qualità dei processi decisionali su temi importanti e opere strategiche.

Emilia-Romagna: La legge regionale 2010 sostituita dalla L. r. 22 ottobre 2018, n. 15 “Legge sulla partecipazione all’elaborazione delle politiche pubbliche”: la Regione promuove la partecipazione attiva dei cittadini singoli e associati nonché di altri soggetti pubblici e privati. La partecipazione si realizza attraverso l’inclusione di tutti i soggetti nella elaborazione delle politiche e delle decisioni pubbliche.

Marche: La recente Legge regionale Marche 23 luglio 2020, n. 31 “Disposizioni in materia di partecipazione all’elaborazione e alla valutazione delle politiche pubbliche” disciplina le tematiche partecipative ma pare scarsamente innovativa in quanto ha previsto un solo istituto partecipativo, mentre altre leggi regionali hanno introdotto parecchi istituti di partecipazione.

CHE SUCCEDE A LIBELLO NAZIONALE IN ITALIA ? IL DPCM DEL 16-5-2018 n.76

Il «dibattito pubblico» previsto nel Codice dei contratti pubblici e disciplinato dal DPCM del 16 maggio 2018, n. 76, è un istituto di particolare rilievo che individua le opere per le quali è obbligatorio il procedimento del DP e definisce le modalità e i termini di conclusione di questo procedimento.

Un DPCM è un atto amministrativo che non viene sottoposto ad alcun intervento di verifica, come invece avviene per il decreto legge, quindi non deve necessariamente essere convertito in legge.

Quali sono i limiti dell’attuale disciplina ?

Essenzialmente il limite è che ha valore regolamentare e non di legge essendo contenuta in un decreto del Presidente del Consiglio collegato a una norma del Codice dei contratti pubblici. Poiché incide su beni e competenze di Enti e organi pubblici, avrebbe dovuto essere stabilita con legge, anche per vincolare le determinazioni delle leggi, statuti e regolamenti regionali e locali

Non è illegittima, ma può far sorgere delle difficoltà applicative rispetto a queste altre norme

Queste norme devono in ogni caso sottostare alle direttive e ai principi comunitari. Infine si deve tenere conto delle linee guida dell’ANAC e della normativa sugli appalti.

Ma questa debolezza consente che si verifichino deviazioni. Vediamo due casi preoccupanti.

QUANDO IL DIBATTITO PUBBLICO SCOMPARE DAGLI APPALTI.

Innanzitutto il caso della Mega-diga di Genova: il dibattito pubblico si fa senza pubblico, stampa e documenti.

Si è concluso il 29 gennaio il dibattito pubblico sulla diga foranea del porto di Genova (di responsabilità del sindaco e dell’Autorità portuale). Una procedura ben diversa da quella prevista dalla legge perché ridotta nei tempi (da 120 a 20 giorni) e con modalità che ne contraddicono il carattere di “pubblico”: nessuna pubblicità degli atti tecnico progettuali, ridotti a un abstract di 40 pagine, e partecipazione costretta e selezionata.

Così si svuota il dibattito pubblico della funzione che gli è attribuita dal Codice degli Appalti, a garanzia della trasparenza, dell’utilità e dell’interesse comune delle grandi opere pubbliche.

A Genova, il DP previsto per legge è stato compresso e trasformato in una recita , naturalmente in nome della velocità e dell’efficienza.

Il caso delle Città della Salute di Torino e Novara : In Piemonte due presidenti di Regione (insieme alle loro Giunte) uno di sinistra e uno di destra, hanno senza ritegno negato qualunque forma – anche semplificata e compressa – di pubblicizzazione, discussione e partecipazione intorno alla costruzione di due ospedali, le Città della Salute di Torino (1040 posti letto) e di Novara (671 posti letto). Costi stimati: circa un miliardo per le due strutture, oltre a 87mila € di arredi e tecnologia per posto letto (circa 150 milioni di euro in tutto).

Nessun dibattito pubblico, come se la procedura introdotta dal Codice degli Appalti non ci fosse proprio. Eppure da quasi due anni fioriscono le sollecitazioni ad aprire la procedura di dibattito pubblico, viste le carenze e le fumosità dei progetti e dei quadri economici a corredo.

L’iter della fase preliminare della Città della Salute di Torino è fermo da 8 mesi per questioni burocratico/legali, di quella di Novara non si sa.

Uno studio comparativo indipendente, molto vicino per metodo a ciò che si sarebbe potuto fare col dibattito pubblico, è appena arrivato sulle scrivanie delle autorità piemontesi e afferma che le scelte delle due Giunte regionali sono le più onerose fra quelle possibili.

BUONE NOTIZIE DAL NUOVO GOVERNO

Buone notizie invece vengono su questo tema dal nuovo Governo Draghi, non a caso ad opera di due personaggi molto attenti anche a questi temi.

Il Ministro Enrico Giovannini delle Infrastrutture e mobilità sostenibile ha spiegato che questa settimana partirà “la commissione per il Dibattito pubblico” sulle grandi opere, istituita dall’ex ministra Paola De Micheli: “Il dibattito pubblico, se ben strutturato, consente di accelerare i tempi di esecuzione delle opere, che soprattutto grazie alla Recovery and resilience facility dovremo e potremo realizzare nei prossimi anni”

Il Ministro Cingolani della Transizione Ecologica ha dichiarato sul DP, nelle linee programmatiche del suo Ministero : "Particolare attenzione sarà rivolta dal Dicastero al confronto con la cittadinanza e i portatori di interesse all’insegna di un dibattito pubblico che, nell’alveo degli strumenti della consultazione pubblica, che assicuri l’informazione, il confronto (anche dialettico) e la composizione degli interessi. In tal senso, andrà rafforzata la cultura della consultazione pubblica come strumento di composizione di istanze diverse, di velocizzazione degli iter procedurali e per la realizzazione dell’attività di Governo. Il Dicastero incentiverà la realizzazione di consultazioni pubbliche, secondo i principi di imparzialità, inclusione, trasparenza, tempestività e riscontro delle decisioni assunte rispetto ai rilievi emersi in consultazione e secondo procedure che garantiscano e facilitino una partecipazione corretta ed efficace e in tempi certi. Gli strumenti di partecipazione pubblica rappresentano un efficace strumento di risoluzione preventiva dei conflitti e del contenzioso e, quindi, della più celere realizzazione dell’azione amministrativa.


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Re: Alla scoperta del Dibattito Pubblico
08/04/2021 Michele Sacerdoti
Ospitare gli alloggi per gli atleti è quindi un enorme vantaggio per i proprietari dell'area che si assicurano una corsia preferenziale nell'approvazione del piano.


Re: Alla scoperta del Dibattito Pubblico
08/04/2021 Michele Sacerdoti
La scusa è che c'è fretta per costruire gli alloggi per gli atleti per le Olimpiadi del 2026, un grimaldello per far passare qualunque cosa sul masterplan.


Re: Alla scoperta del Dibattito Pubblico
08/04/2021 Michele Sacerdoti
Purtroppo il dibattito pubblico sul masterplan dello scalo di Porta Romana in corso in questi giorni non è stato fatto così.
Lo si è lasciato organizzare dai proprietari dell'area Coima, Covivio e Prada con il supporto di Sec e hanno dato pochissimi materiali, lasciando poco tempo per prepararsi.
L'ho segnalato all'assessore alla partecipazione Lipparini che era all'oscuro del dibattito.


 
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