Vaccini. “La pietà l’è morta”

Uno sguardo al volo su un panorama mondiale devastante, denso di dubbi, di interessi, di non detti. I dati aggiornati su chi ha fatto il vaccino in Italia. Le nuove categorie sociali: produttivi contro fragili. E la lettera aperta di un "ultraottantenne" milanese, sconcertante nella sua verità. ()
virus ombrello
Che settimana, ragazzi! Una serie di docce fredde, di stop and go, di entusiasmi per gli annunci di celeri vaccinazioni di massa e poi: blocchi delle somministrazioni di AstraZeneca, accuse a chi aveva bloccato, sospetti su quello e su altri tipi di vaccini, sivax credenti e novax esultanti, esitanti in aumento ecc.
In questo turbinio, in questa infodemia -come viene definita lo tsunami di notizie- ognuno di noi si schiera in una corrente di pensiero e di opinioni. In concreto chi ne fa le spese è chi è tra i fortunati chiamati, per diritto o per scavalcamento clientelare, a farsi vaccinare. “Ci vado o non ci vado?” si chiede il cinquantenne insegnante pieno di salute di fronte alla prospettiva di essere vaccinato con il prodotto marcato AstraZeneca. “Entro nella truppa degli esitanti o armato di coraggio mi schiero tra i coraggiosi?”. Dopo un consiglio di famiglia o un dibattito intestino tipo selfie, la scelta avverrà.

Una via d’uscita
Intanto il virus, sempre più maligno, muta e si trasforma e assume vari nomignoli: inglese, brasiliano, sudafricano ecc. Ormai l’inglese sembra sia il predominante e sta facendo alzare tutti gli indicatori e marciare le province e le regioni verso la temuta zona rossa.
L’Italia mantiene le prime posizioni della triste classifica dei successi letali del virus con i suoi centomila morti e i milioni di contagiati ed è in piena terza ondata. I sopravvissuti sono tutti bolliti e stracotti in questo stress senza fine o meglio con l’unica via di uscita rappresentata dalla vaccinazione. Questa è l’unica verità dimostrata dal fatto che nei Paesi dove sta procedendo spedita la vaccinazione di massa il numero dei decessi, dei ricoveri, dei contagi sta diminuendo di giorno in giorno. (Riporto dopo i numeri negli Stati Uniti, in Israele, a Dubai e negli Emirati arabi dove la cosiddetta immunità di gregge sembra a portata di mano).

Il vaccino come arma geo-politica
Questo fatto non può sicuramente farci ignorare che la pandemia e le sue possibili cure stanno creando uno scenario, ancora una volta, marchiato dalle differenze sociali e di reddito. A dimostrazione anche dei diversi pesi economici e strategici a livello mondiale. Per cui la diffusione delle notizie, certificate o meno da virologi, che invalidano questo farmaco o quello possono essere frutto di strategie concorrenziali o di quella che viene ormai chiamata diplomazia del vaccino.
Si scopre allora che la disponibilità dei vaccini diviene un’arma di penetrazione dell’influenza di quel Paese in continenti completamente sguarniti di sistemi sanitari per non dire di congrui finanziamenti per gli acquisti. In questo immenso risiko ad esempio si viene a sapere che l’India è tra le principali produttrici di vaccini a livello mondiale e prima di soddisfare l’enorme domanda interna, sta contribuendo alla distribuzione di milioni di dosi in Asia e in Africa.

Gli Stati e le Multinazionali
Veniamo a sapere anche che, sotto l’egida COVAX, non è piccolo l’apporto di organizzazioni benefiche.
E ancora, qualcuno si chiederà: “Ma nessuno ci guadagna oltre ad avere questi obiettivi politici e strategici”. Dietro a questa guerra non dichiarata tra nazioni ci sono i “poteri forti” delle compagnie farmaceutiche soprannominate “BIGPHARMA”. Sono colossi finanziari con dimensione pluricontinentale che hanno il potere di produrre, distribuire, commercializzare prodotti indispensabili alla cura delle malattie e al mantenimento in salute. Sovvenzionati in parte o in toto dai Paesi sono riusciti, bisogna riconoscerlo, a giungere alla formulazione veloce dei vaccini, alla loro sperimentazione e alla loro validazione anche da parte delle Agenzie di controllo a livello internazionale come l’EMA o nazionali come l’AIFA.
Gli Stati Europei, tra cui l’Italia, hanno accettato condizioni si suppone favorevoli (in quanto sconosciute) alle società fornitrici che hanno garantito la fornitura. Il risultato ad oggi, 20 marzo, è che la disponibilità reale dei vaccini è estremamente differenziata nel mondo e di conseguenza anche la proporzione dei vaccinati sul totale (escluso i minori). Così abbiamo Israele che ha già vaccinato con due dosi il 51% dei suoi cittadini e con una il 58%, gli Stati Uniti 36 vaccinazioni su 100 abitanti, Inghilterra anche.

L’Italia delle Regioni
Lasciamo il telescopio sul mondo e caliamoci nella realtà italiana e lombarda. Anche qui grande confusione sotto il cielo. La campagna vaccinale sembra anch’essa dimostrare tutte le incapacità organizzative già dimostrate nell’affrontare e prevenire la pandemia. Ormai è evidente che l’organizzazione della assistenza sanitaria assegnata alle Regioni, in nome dell’autonomia, determina un mosaico di scelte organizzative con risultati paradossali ed episodi di clientelismo e favoritismo da parte di singoli e di intere categorie.

L’Italia delle corporazioni
La nebulosa definizione governativa delle categorie che dovevano accedere per prime alla vaccinazione ha permesso abusi di ogni tipo. Inspiegabilmente il numero dei vaccinati nella categoria “operatori sanitari” sembra essere superiore agli addetti. Bastava essere iscritto ad un ordine professionale sanitario per essere ritenuto vaccinabile. In altri termini non si è valutato il rischio effettivo se il vaccinando fosse effettivamente in servizio e a contatto con i pazienti o la cittadinanza. Da qui i professori universitari hanno rivendicato lo stesso trattamento dei colleghi della facoltà di medicina. L’inclusione nella categoria “operatori non sanitari” sembra essere quella in cui ci sono state le maggiori tolleranze. In teoria dovevano esse compresi gli operatori non sanitari che però operavano nelle strutture di cura, negli ambulatori o nei pronto soccorso. Di fatto hanno incluso personale amministrativo o fornitori che il malato lo vedevano, se lo vedevano, ben distante.

Le nuove categorie: produttivi contro fragili
Se ci fosse stata e tuttora non lo è, abbondanza di dosi, gli scavalcamenti della fila degli aventi diritto non avrebbero avuto grande peso. Ma ogni giorno di ritardo, dovuto alla mancata fornitura, ma anche ai privilegi concessi a persone forti delle loro conoscenze e raccomandazioni, ha comportato tra gli anziani e ai soggetti a rischio ulteriori ricoveri in ospedali, nelle terapie intensive e forse evitabili decessi. Ogni pietà sembra morta, l’indifferenza è ormai cronica di fronte alle centinaia di morti o d’ingressi irrefrenabili nelle terapie intensive. Sotto sotto si fa spazio il senso comune che in fondo era tutta gente che avrebbe vissuto ancora pochi anni. In un social sono stati definiti zombie, gente già morta che il Covid ha accelerato la fine. Così anche il lockdown viene vissuto come un sacrificio inaccettabile e che sarebbe meglio vaccinare tutta la popolazione “attiva”. Alla categoria degli ultraottantenni alla fine sono state erogate circa il 28% delle dosi disponibili a livello nazionale, circa 2,2 milioni sui 5 milioni necessari.

Ecco i dati aggiornati al 21 Marzo


Questa la testimonianza di un ottantenne milanese: la lettera, penso aperta, giuntami da Emilio Molinari

Vaccini e ultraottantenni.
Ho 81 anni, sono invalido al 100% ho patologie cardiovascolari molto gravi e pure oncologiche, tanto per non farmi mancare nulla. Non mi hanno ancora vaccinato e non mi hanno mai contattato.
Non sono estraneo alla politica e ai media e quindi mi sono trattenuto da proteste. Mi sembrava di cercare una soluzione per me. Inoltre non sono nei social. Aspetto. Aspetto cosa? Aspetto il vaccino o aspetto il Covid? Chi arriva primo?

Due giorni fa è morto un caro amico di 88 anni, Carlo Rossi, una persona amata da molti a Milano. Un poliziotto pistolero gli uccise il figlio e lui con la moglie Adele non hanno mai smesso l’impegno civile. Carlo aspettava il vaccino. E’ arrivato prima il Covid e la morte.
Quanti morti per ogni ritardo e silenzio della Regione Lombardia? Di queste morti non c’è un conto e non c’è rendiconto di responsabilità. Solo oggi è arrivata un po' di indignazione dei media.

Gli amici mi dicono: vai al primo pomeriggio al vecchio ospedale militare di via Forze Armate, ti metti in fila, diventi un “riservista” e se avanzano dei vaccini te lo fanno. Normale? No, non è normale che degli ultraottantenni malandati si mettano in fila, in piedi, al freddo, per accedere agli “avanzi”, come all’ortomercato per la frutta avanzata. Non è accettabile. Come chiamiamo questi morti?

È dall‘inizio della pandemia che aleggia nell‘aria una parola e una cultura impronunciabile: eugenetica. Gira nell'aria e la Moratti la sfiora con l'idea che la priorità deve essere data a chi è produttivo, a chi contribuisce al PIL. E un ultraottantenne è solo un costo.
Ora accedere agli avanzi è diventato ufficiale: c‘è una nuova lista e un nuovo termine: riservisti. Lo hanno detto oggi alla TV. Fai un'altra richiesta, ti iscrivono alla lista dei riservisti e speri di essere chiamato. E come si fa a iscriversi a questa lista? E chi mi chiamerà prima? La lista del diritto o quella riservista?
Intanto ogni morto è un risparmio in pensioni e sanità e una generazione se ne va. Prima nelle RSA e adesso con i ritardi. Come lo chiamiamo?

È tutta colpa della Regione? È colpa della Regione, certo. Ma il sindaco dove è?
Il sindaco, nessuno lo ricorda, è la massima autorità sanitaria cittadina. È possibile che in un anno di pandemia, non abbia organizzato un Registro degli ultraottantenni, delle loro patologie e il registro dei soggetti a rischio per patologie gravi. Impossibile? Difficile? Un semplice registro chiedendo supporto ai medici di famiglia. Non c'è.
Non so se altre città lo hanno fatto. Di certo che il sindaco di Milano non si è né visto o sentito in un anno di questa pandemia. Pensava ad altro il sindaco verde. Pensava dove coprire di cemento e vetro ogni angolo libero della città. Nemmeno con una telefonata ai suoi vecchi. Non ridete, ma io e mia moglie, che non abbiamo figli e nipoti aspettavamo almeno questa. Ci contavamo.
Aspettiamo il vaccino, ma non sarò un riservista.

Emilio Molinari. Ex consigliere comunale. Ex consigliere regionale. Ex parlamentare
21.3.2021

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