Nazismo e diversita’: a cosa serve non dimenticare

La difesa della fragilità come componente essenziale e profonda del nostro essere umani. Quella fragilità che il nazi-fascismo vide come imperfezione da correggere. Una tentazione, inaccettabile, che talvolta, troppo spesso e sotto mentite spoglie, ricompare nella nostra società efficientista. Pubblichiamo una riflessione sul tema di Cascina Biblioteca, da sempre impegnata nella difesa del diritto alla diversità. ()
Cascina Biblioteca
Forse non tutti sanno che il genocidio nazista cominciò dai disabili. Non tutti lo sanno perché non sempre viene ricordato questo evento all’interno di una delle più grandi tragedie dell’umanità.

Come cooperativa sociale, Cascina Biblioteca decide oggi di fermarsi e ricordare anche questo: le persone con handicap furono le prime cavie per le tecniche di annientamento, sterilizzazione ed eutanasia. Le prime, già nel 1933. Successivamente vennero le persone omosessuali, gli zingari, gli anti-nazisti e l’intero popolo ebreo.

Una distruzione organizzata nei confronti di tutti coloro che considerati “diversi”, non solo dal popolo nazista, ma dalla maggior parte del mondo. La diversità, allora, era un pretesto per trasformare la persona da soggetto attivo a oggetto sperimentale.

Una considerazione senza dubbio legata all’ignoranza, alla disinformazione e, purtroppo, soprattutto, al disinteresse. La “Legge per la prevenzione di nuove generazioni affette da malattie ereditarie” divenne una delle norme cui il nazismo s’ispirò per indirizzare la legislazione razziale e creare nel regime una stirpe di persone ben nate (eugenetica). Le motivazioni su cui poggiavano queste leggi, all’epoca, apparivano scientifiche e soprattutto vantaggiose dal punto di vista economico.

Tra il ’39 e il ’41 avvenne l’uccisione sistematica di persone con disabilità ritenute “esseri umani imperfetti e non degni di esistere”, e nel ’41 Hitler dichiarò conclusa la prima fase dell’eliminazione dei portatori di handicap in Germania e Austria.

Quando i fronti di guerra in Europa si ampliarono, lo sterminio dei disabili non risparmiò le nazioni occupate dall’esercito del Terzo Reich. Anche in Italia sono arrivate testimonianze circa la deportazione nei campi di sterminio dei disabili ricoverati negli istituti psichiatrici.

L’opinione pubblica, le chiese e i movimenti di carità provavano a sollevare la voce per salvare vite e valori a esse connessi, ma non bastava. L’impedimento del diritto di vivere era solo l’apice di una serie di altri diritti repressi, tra quelli politici, di parola, di stampa e di culto.

Pensare che soggetti in salute, ma soprattutto uguali potessero essere coloro che avrebbero dominato il diritto alla vita per i secoli a venire sconvolse, tuttavia, l’ordine del mondo. Ciò avvenne al punto da condizionare la nascita o la revisione, sicuramente il rafforzamento di concetti, diritti e azioni che negli anni a venire sono diventati pilastri fondanti delle società civili.

Concetti sui quali cooperative come la nostra affondando le loro radici e basano la loro mission: la solidarietà, l’uguaglianza, la valorizzazione della diversità e dell’unicità di ognuno.

In conseguenza a questo, noi agiamo: per creare progetti che offrano servizi protetti nei quali “crescere”, avere garantiti il diritto all’istruzione, al lavoro, al benessere e alla socializzazione, essere supportati nel raggiungimento di autonomie personali.

E, di conseguenza, abbiamo una responsabilità sociale rivolta anche verso il mondo esterno: informare e formare persone attente alla cura, al rispetto del prossimo e sensibilizzarle a temi sui quali poggia la nostra Costituzione Italiana, prima ancora di Cascina Biblioteca.

“La Repubblica (…) richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, recita l’articolo 2 della Costituzione. Questi doveri riconoscono la solidarietà tra i doveri costituzionali, come sostegno dei diritti inviolabili dell’uomo e su cui si fonda la nostra democrazia.

Noi siamo una cooperativa sociale di solidarietà: già dall’anagrafica riconosciamo i nostri doveri. E guardiamo a quello che è successo e che succede ancora oggi e ci accorgiamo che il mondo stesso non è ancora “predisposto” per offrire a tutti gli stessi diritti che dovrebbe.

Vediamo ancora che la diversità è un diritto a cui molti vogliono rinunciare, ma noi no.
Vediamo che l’inclusione è un privilegio in una società evoluta, l’esclusione ha portato a quello a cui ha portato allora.
Per questo è nostro dovere oggi e sempre impegnarci a non dimenticare e a diffondere, piuttosto, la riflessione sociale che ne è nata.
Poiché il ruolo sociale di chi lavora accanto e per la fragilità è anche quello di sensibilizzare le persone che non lo fanno.

Quando i cancelli di Auschwitz si aprirono, il 27 gennaio 1945, venne posta la parola fine alla delirante uccisione nazista. L’intera impresa di sterminio, però, era cominciata molti anni prima con l’omicidio degli esseri umani più indifesi: di questi siamo oggi felici di prenderci cura.

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