La Lucianina

In occasione della Giornata della Memoria, un piccolo racconto per non dimenticare quello che è stato. ()
Lucianina
Nell’agosto del 1935 la Lucianina aveva tre anni e dieci mesi. Era nata a Milano nell’ottobre del 1931 ed era stata quindi concepita giusto con l’anno nuovo.
Nel 1931 l’Italia conta circa 41 milioni di abitanti, gli addetti all’agricoltura rappresentano il 52% dei lavoratori, quelli dell’industria sono solo il 26%. La paga mensile media di un operaio è di 200 lire, quella di un impiegato è di 270 lire. Un dirigente guadagna oltre 1000 lire. Un chilo di pane costa 2 lire. Un operaio può mangiare un centinaio di chili di pane al mese, un impiegato circa 135 chili, un dirigente 300 chili e forse più, oltre a concedersi anche il companatico. Da indigestione.
Entra in vigore il codice penale che prende nome da tale Rocco che punisce, tra l’altro, le associazioni sovversive. Il cardinale di Milano Schuster sostiene l’Azione Cattolica e Mussolini si incazza. Pericolosi sovversivi. Achille Starace quello vestito d’orbace, l’uomo che respirava per ordine del Duce, è nominato segretario del partito fascista. Starace mette l’uniforme e stivalizza mezza Italia, bambine e bambini compresi. Il “voi” soppianta il “lei” e i vocaboli stranieri vengono italianizzati. Ad esempio il “break” nella boxe diventa “separati”, il “film” si trasforma in “pellicola”.
Comincia a prendere piede una certa insofferenza razzista nei confronti degli ebrei.
Starace, in tuta da ginnastica, finirà, quasi casualmente, appeso in piazzale Loreto accanto al suo amato/odiato Duce. Ma questo accadrà solo qualche anno dopo.
Il mondo è attraversato da una dura crisi economica. Germania e Austria sono alla canna del gas.
In Spagna viene proclamata la Repubblica. Durerà poco.
Il premio Nobel per la letteratura viene assegnato a Erik Axel Karlfeldt, sconosciuto ieri e oggi ai più. Fondamentale la sua raccolta di poesie “Canzoni della landa e d’amore”.
Campione del mondo di ciclismo è Leandro Guerra, la locomotiva umana, nell’unico anno in cui la prova in linea viene assegnata con una cronometro individuale di 170 chilometri.
La Juventus vince il campionato di calcio davanti alla Roma. Male le milanesi.
Nel 1931 nascono, e questo e tutto il resto Lucianina non lo sa e non lo saprà mai, Anita Ekberg, Lucia Bosè, Maria Luisa Ceciarelli (Monica Vitti), Ermanno Olmi, James Dean, Paolo Poli, Paolo Taviani e Moira Orfei. Oltre, ben inteso, a qualche altro centinaio di migliaia di migliaia di persone in tutto il mondo.
Nel 1931 viene inaugurato a New York l’Empire State Building. A Milano viene inaugurata la nuova Stazione Centrale. La popolazione di Milano, entro le mura spagnole, è di circa 225 mila abitanti. Oltre le mura sono all’incirca 766mila.
Nel 1935 la Lucianina sta a casa con la mamma che di professione fa la casalinga. Il papà ragioniere lavora in una società di assicurazioni. E’ stimato e ben voluto da tutti, capi e sottoposti. Grande lavoratore. Una gran brava persona.
Ad agosto a Milano fa caldo, c’è soffoco, si suda. Per camminare per strada si sceglie sempre il lato con l’ombra. A mezzogiorno, quando la lama di luce entra in perpendicolare, è molto dura.
La mamma porta la Lucianina dal fotografo Canton di Corso Vercelli 16, uno dei migliori di Milano. Le mette una vestina bianca con gli sbalzi, scarpette di vernice nera e calzine bianche. In testa, un grande fiocco bianco ben annodato, secondo la moda di quegli anni.
La Lucianina sfoggia, nella fotografia, un sorriso timidissimo. Incrocia le mani. Non guarda in macchina. Dietro di lei, sul muro, si forma un’ombra che evidenzia il grande fiocco, i capelli scuri che quasi toccano le spalle.
La mamma ordina una ventina di fotocartoline che vuole spedire ai parenti a Roma, a Venezia, a Ferrara. Vuol far vedere quanto sia bella la sua bambina, quanto sia cresciuta.
La Lucianina non va a scuola ma va a giocare in cortile con la Carlotta che ha due mesi più di lei e l’Alice che, invece, ne ha tre di meno. Giocano a fare le mamme con i loro bambolotti e con piccoli pentolini di alluminio che gli sono stati regalati a Natale. Anche la Lucianina riceve regali a Natale per non farla sentire diversa dalle altre bambine.
Nell’ottobre del 1937, la Lucianina va a scuola. Ha sei anni giusti giusti e un grembiulino bianco, immacolato. E’ brava a scuola, impara presto a leggere e a scrivere. Finisce la prima elementare tra le migliori della classe. Non frequenterà mai la seconda elementare.
Nel 1938, il regime fascista emette le leggi razziali e la Lucianina, come tanti bambini ebrei, viene espulsa dalla scuola. Ha sette anni e nessuna colpa.
La famiglia di Lucianina è di origini ebraiche. Sono laici però, poco osservanti. Solo ogni tanto vanno al Tempio. Lucianina frequenta bambini cattolici, a quell’epoca sono tutti battezzati, nessuno sfugge.
Lucianina ha sette anni e non capisce perché non può più andare a scuola con tutti i suoi compagni. Il papà le spiega, senza convincerla, che è meglio che studi a casa con la mamma che le insegnerà anche a cucire e a cucinare, a fare i mestieri e a stirare.
Continua però a giocare in cortile. La Carlotta e l’Alice ogni tanto vanno da lei a giocare con le bambole. Nella porta non ci sono fanatici.
Nel 1940 l’Italia entra in guerra, il borioso capo del fascismo, dall’alto del suo metro e un paio di spanne (all’incirca come quell’altro che arriverà un mezzo secolo dopo), gonfia il petto e proclama, urbi et orbi, il suo imperio di morte e di distruzione.
Distruzione e morte arriveranno puntualmente.
Malgrado la guerra, la Lucianina cresce. La sua famiglia la protegge, anche se il papà è stato licenziato ed è sempre più difficile trovare da mangiare. La mamma va a fare i mestieri nelle case del quartiere, sino a quando un fanatico di turno dice che gli ebrei non possono neanche fare i mestieri. Gli eventi precipitano. Siamo alla fine del 1943. La famiglia della Lucianina tenta la fuga in Svizzera ma gli spalloni, quelli che vanno di frodo, a cui si è rivolta per fuggire, la vendono ai nazisti per poche lire e un po’ di benevolenza nei confronti delle loro attività di contrabbando.
Vengono arrestati tutti e tre e portati nel carcere di Como. Poi nel carcere di Milano, comunemente noto come San Vittore. Siamo nei primi mesi del 1944. La famiglia viene separata. La Lucianina resta con la mamma. Non vedrà mai più suo padre.
Nel marzo del 1944, un camion tedesco le porta al binario 21 della Stazione Centrale, quella inaugurata in pompa magna dai fascisti nel 1931. Il treno le porta ad Auschwitz-Birkenau.
La Lucianina ha dodici anni e cinque mesi. E’ una ragazzina timida, i capelli scuri sono ora corti e senza il fiocco. Matricola 80088.
La mamma e la Lucianina vengono messe a lavorare in un capannone, bollente d’estate e gelido d’inverno. Assemblano strumenti bellici. Cose semplici, ripetitive. Quindici ore al giorno. La mamma si ammala di polmonite e muore.
La Lucianina, per quanto sia timida, stringe i denti e passa almeno un paio di selezioni. Lavora quindici ore al giorno. Mangia quel poco, sempre meno, che riesce a trovare. Le razioni sono ormai scarsissime, i tedeschi hanno perso la guerra ma non hanno perso la crudeltà.
La Lucianina muore di stenti il 23 gennaio del 1945. Ha tredici anni e quattro mesi. Il campo di Auschwitz verrà liberato quattro giorni dopo dalla gloriosa Armata Rossa.
La sua amica Carlotta era morta sotto i bombardamenti di Milano dell’agosto del 1943. L’Alice scamperà sino a 82 anni e cinque mesi.
Anche questo è successo e, prima o poi, ricapiterà perché siamo fatti per dimenticare le cose buone e le cose cattive, la Lucianina e il Duce. Prima o poi ci si ricade.
Cambiano i nomi, cambiamo i tempi, i modi non cambiano mai.

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Re: La Lucianina
27/01/2021 Antonella
No non ricapitera'.il filo della memoria seppur fragile e'gia'stato teso a tutti gli uomini e le donne di buona volonta' che nei limiti delle loro possibilita'stanno facendo in modo che non ricapiti


Re: La Lucianina
23/01/2021 mietta
Racconto toccante, perfetto, sarebbe da pubblicare e distribuire nelle scuole.


 
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