Le sorelle Macaluso
Bel film corale di quotidiana rappresentazione della fatica di vivere.
(Massimo Cecconi)21/10/2020
Tre stagioni nella vita delle cinque sorelle Macaluso, dalla giovinezza spensierata ancorché segnata da una terribile tragedia, alla vecchiaia sconsolata resa ancor più malinconica dall’inarrestabile decadimento dei corpi e della casa che ha rappresentato l’approdo malandato ma sicuro di esistenze difficoltose.
In una Palermo senza tempo, nel contrasto dei cieli invernali e della solarità del mare d’estate, si consuma la miseria quotidiana di quattro donne che cercano disperatamente di resistere al rimorso, alle angherie degli anni, delle passioni e dei rapporti, appena sfiorate da universi maschili decisamente secondari.
Tratto dalla pregevole opera teatrale della stessa regista, molto applaudita qualche anno fa nel circuito nazionale, il film conquista per le sue pause narrative e per la dialettica interna, a volte esasperata, sempre attenta alle sfumature, agli sguardi, agli oggetti.
In colonna sonora, incombe un po’ troppo l’abusata “Gymnopedie no. 1” di Eric Satie, mentre scorrono a segnare le epoche le canzoni di Gianna Nannini e una puntuale rilettura di Franco Battiato di “Inverno” di Fabrizio De André.
Opera di coralità, contenuta nell’esasperazione, condivisibile negli imbarazzi della colpa.
Visto al cinema Palestrina.
In una Palermo senza tempo, nel contrasto dei cieli invernali e della solarità del mare d’estate, si consuma la miseria quotidiana di quattro donne che cercano disperatamente di resistere al rimorso, alle angherie degli anni, delle passioni e dei rapporti, appena sfiorate da universi maschili decisamente secondari.
Nell’impronta visionaria della regia di Emma Dante, assume rilevanza la colombaia che dà da vivere alle sorelle e le conforta nel loro disperato bisogno di identità, quasi come unica speranza a cui aggrapparsi per non affogare, a loro volta.
Tratto dalla pregevole opera teatrale della stessa regista, molto applaudita qualche anno fa nel circuito nazionale, il film conquista per le sue pause narrative e per la dialettica interna, a volte esasperata, sempre attenta alle sfumature, agli sguardi, agli oggetti.
In colonna sonora, incombe un po’ troppo l’abusata “Gymnopedie no. 1” di Eric Satie, mentre scorrono a segnare le epoche le canzoni di Gianna Nannini e una puntuale rilettura di Franco Battiato di “Inverno” di Fabrizio De André.
Opera di coralità, contenuta nell’esasperazione, condivisibile negli imbarazzi della colpa.
Visto al cinema Palestrina.
