Coronavirus e telelavoro

Ci sono accadimenti storici che spingono la comunità verso il cambiamento di ritmi di vita e nuove forme nei rapporti sociali. La paura di una pandemia da Coronavirus sarà fra questi? ()
donne lavoro grande guerra
Le foto antiche delle donne in gonna lunga e fazzoletto sulla testa che lavorano nelle fabbriche durante la prima guerra mondiale, con gli uomini in trincea: sono diverse dalle emaciate sorelle che si vedono, dalla rivoluzione industriale in poi, addette a compiti di servizio in miniere e opifici. La più recente icona della ragazza dai riccioli d’oro e in tuta jeans che esibisce con un sorriso radioso i suoi muscoli nei manifesti americani della seconda guerra mondiale: la mostrano al lavoro, contenta anche se piena di apprensione per i cari in pericolo, al posto degli uomini al fronte. Per necessità, certo, ma di sicuro furono quelli momenti decisivi di emancipazione, nel bene e nel male: se le donne dovevano lavorare - gli uomini erano impegnati altrove - voleva dire anche che esse potevano e volevano lavorare - e bene - come gli uomini fuori di casa: e non solo in campagna, come da sempre, ma in altri luoghi, anch’essi da sempre considerati maschili.

Forse ora assistiamo in Lombardia a un fenomeno di analogo impatto, e per tutti, donne e uomini. Le restrizioni e le cautele imposte dal nuovo virus, non contribuire ad affollamenti eccessivi, non andare in metropolitana se si può, evitare contatti forse insidiosi in uffici densamente popolati e frequentati- hanno indotto già molti a ricorrere al telelavoro o smart working. La mia amica Giorgia (del Municipio 3) lavora otto ore al giorno in una ditta, dove il suo impegno consiste nello sbrigare pratiche varie, e lo fa per lo più tramite telefono e computer; per recarsi al lavoro, al capo opposto della città, ha a disposizione solo la metropolitana. Da oggi, col pieno consenso dei responsabili, lavora da casa, e sistema le stesse pratiche che organizzava in ufficio. Così fa anche Edoardo, ingegnere impegnato in consulenze, che ha anzi ricevuto, come molti suoi colleghi, una circolare dall’azienda che invita a lavorare da casa. Anche varie filiali bancarie adottano questa linea.

Non ci sono per ora dati numerici che quantifichino la diffusione di questa modalità di lavoro nelle attuali condizioni di allarme. Di certo, però, si tratta di una novità, consentita dallo sviluppo di connessioni virtuali, che potrà avere varie conseguenze: dal riconoscere come non dettata solo da pigrizia e assenteismo una richiesta, che soprattutto le donne lavoratrici chiedono da tempo, di modi flessibili di impegno lavorativo; al cambiamento dei ritmi di molti lavori, su cui anche i sindacati dovranno riflettere; fino alla parcellizzazione dei luoghi di lavoro verso un non tanto gradito isolamento del singolo nei luoghi domestici (da ripensare) e al rarefarsi delle relazioni sociali e identitarie che lavorare insieme comporta. Bene o male che sia, non resta che stare a vedere, ma con viva attenzione.


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